Masoch e De Sade: la socializzazione asservita

lunedì 3 gennaio 2022


Personaggi della civiltà

Opposta ma convergente con la concezione di De Sade è la visione delle persone che hanno bisogno di soffrire, di sentire l’altro dominante. Tutto questo avviene in specie nel campo sessuale, anche se spesso coinvolge l’intera personalità. Se taluni traggono piacere dal far soffrire, altri traggono piacere dal soffrire. Vi è il piacere di dominare, vi è il piacere di essere dominato, il piacere dello spregiare, il piacere di essere spregiato. Esistono rappresentazioni oleografiche di queste situazioni, la donna con stivale, frustino, l’uomo in ginocchio, o viceversa. Queste visioni, ormai banalizzate, furono concepite da uno scrittore ungherese, ossessionato dalla figura di una donna spadroneggiante, con particolari sembianze ed acconciature, disposta a farlo soffrire nel piacere e per il piacere erotico. Lo scrittore si chiama Masoch e allo scopo di reperire questo suo ideale di donna padrona ricorse agli annunci, determinando le caratteristiche della donna-padrona. Ne venne colei che diventerà la consorte di Masoch, il quale descriverà la vicenda nelle sue opere, specie: Venere in pelliccia. Masoch esigeva precisi comportamenti, ed un abbigliamento specifico dalla donna padrona, il che è un paradosso, ma inevitabile, infatti lo schiavo, uomo o donna, impone quanto occorre per essere schiavo riuscito. Ma la faccenda non ebbe risultato confortante, schiavo e padrona si scontrarono ed anche la “padrona” scrisse a riguardo. Abbiamo pertanto una duplice rappresentazione della psicologia del masochista. È da Masoch che venne tratto il termine masochista come da De Sade il termine sadico.

Leopold von Sacher-Masoch era un ebreo galiziano, nato nel 1836. Scrittore, giornalista, oltre i volumi di carattere masochista, pubblicò narrazioni di genere etnico. Separatosi dalla moglie, pare che costei l’avesse fatto rinchiudere in manicomio, dove morì, come De Sade. E come De Sade il suo nome resta fermato ad una connotazione essenziale della sessualità. Morì nel 1895. Tratti masochisti e sadici stanno in ciascuno, tanto negli orientamenti erotici che nei comportamenti generali. L’individuo che si sente in perpetuo difetto, si colpevolizza, ha bisogno di essere punito, comandato, al quale non è mai sufficiente la severità del “padre” o dell’equivalente del padre ossia la legge, è un masochista non soltanto nella sessualità o può combinare aspetti sadici e masochisti, dominatore in cattedra, in ufficio, sottomesso tra le coperte. O il contrario. Se non si perviene a eccessi vulnerativi, sadici o masochisti, o entrambi, la vita scorre, Pervenendo a nevrosi ossessiva estrema, colpa/punizione, colpa per essere puniti, ma una volta puniti concedersi il diritto di sbagliare avendo espiato, possiamo suscitare una circolarità senza scampo.

Poniamo: ho obbedito a regole severe “quindi” posso premiarmi sfrenandomi, mi sfreno e divento irregolare, “quindi” devo punirmi osservando regole ancora più severe. Questo circuito del tutto sadico e masochista, anche se non lo sembra, innestato in una collettività la rende asservita in quanto stabilisce, infonde la convinzione che la libertà è un pericolo che deve essere “punito”. Ma se è punito merita di nuovo la libertà, però la libertà crea libertinaggio, quindi va punita e regredita. I popoli come gli individui sono plastici, cretosi, e l’ombra del padre, legge, trasgressione, punizione, libertà, trasgressione, punizione, premio ossia libertà, libertinaggio, punizione e così andando è una direttiva di comando che si perpetua e non ha uscita. Tra masochismo e sadismo, sadismo e masochismo il cittadino “infantile” scorre come tra la carezza e lo schiaffo, la frustata e il dolcetto. Dovremmo sottrarci a questa ondosità, non dipendere, non dipendere dall’altro, non concepire che il piacere va punito, o che il piacere si ottenga dominando e facendo soffrire. Se per i singoli questa mentalità è una nevrosi, per le società è una catastrofe, stabilisce il tremore di sbagliare e di essere puniti e la convinzione che è giustificato essere puniti, il rigore, perché sbagliamo, un masochismo sociale, al contempo la punizione contro chi ci farebbe sbagliare, il sadismo sociale. Non ne usciamo. Nemici di noi, degli altri. Che fare? Dovremmo non colpevolizzarci (masochismo), non colpevolizzare (sadismo). Capire come il padre (la legge, il potere) innescando la mentalità sadica e masochista: ti do la libertà per punirti, ti punisco per darti la libertà, pone una società sussultoria inagibile.

Allora? Trovare rimedi rassicuranti per vivere la libertà. Se concedendo la libertà si resta nel pericolo significa che non abbiamo garantito una libertà rassicurata. Inevitabile che gli individui ricaschino nel “libertinaggio” e siano “puniti”. Occorre forgiare una libertà realmente rassicurata non esposta al male, alla punizione. A che serve una libertà se non mi difende dal male e me lo lascia dentro? Se ho una malattia e mi si dice sei guarito ma non sono guarito, che significa dirmi: “Sei guarito!”. È come dire ad un masochista, esci, trovati una donna, ti ho punito abbastanza, sufficientemente per non cercare nuove frustate. Tu esci, e la prima donna viriloide che incontri, te la spingi in casa, le impone di frustarti. Queste guarigioni senza guarigione stabiliscono una sarabanda di malattia/punizione, malattia, di sadismo e masochismo sociale dovuto alla circostanza limpida: che se non scompare la malattia assurdo punire chi si ammala.

Ma pare che la circolarità: Malattia/punizione/malattia/punizione, venir punito per essere malato quando non si è suscitata la guarigione dia piacere, masochista, addirittura a delle popolazioni. Che godimento essere puniti per colpe che non ho, non mi fai guarire con mezzi adeguati e mi punisci perché non sono guarito. Estasiante il farmaco non curativo, per masochisti, con un “padrone” belluinamente severo, ma distorto, per l’appetizione di chi ha nostalgia del battipanni, tale che si inetta il pensiero: se mi colpisce mi ama! De Sade e Masoch se la ridono, laggiù, nel Mar Morto, e considerano l’incredibile vicissitudine di società che credono di uscire dal male non guarendo dal male per l’inidoneità dei farmaci alla su fa credere di errare, punendola! “Pensi, Marchese”, è Masoch a parlare, “lasciano il morbo in attività e puniscono chi se ne infetta!”. “Sono masochisti, Signor Masoch”, sorride De Sade. “No, no, Signor Marchese, tutti vostri, sono dei sadici!”. “Spartiamoli”, conclude il Marchese. I loro sorrisi. Da vedere. Per capire! Comunque, De Sade afferrò che Masoch godeva a soffrire non lo percosse. E Masoch fu tanto masochista da godere maggiormente! Patologismi.


di Antonio Saccà