lunedì 8 novembre 2021
Personaggi della civiltà
Il secolo XIX è l’epoca delle macchine e quindi l’epoca della borghesia, inizia e si sviluppa l’industria, in Inghilterra specialmente, successivamente in Francia, in Germania, il capitalismo è l’espressione di questa economia del lavoro operaio, dell’investimento di capitali, delle macchine, dell’industria che sostituisce l’artigianato, e nascono, appunto, nuove classi sociali, la classe operaia e la borghesia, quest’ultima possiede gli strumenti per produrre, le macchine, la terra, i capitali, il proletariato possiede esclusivamente il lavoro e non ha mezzi di produzione in suo possesso. In Italia, che ancora non esiste come Italia ma nelle sue divisioni più o meno regionali, esistono punte di capitalismo specialmente nel Nord ma anche nel Sud, qualcosa esisteva. La nascente borghesia si rende conto di non avere voce, rappresentanza, il potere essendo legato alle monarchie e all’aristocrazia, da ciò la ribellione, anzi la rivoluzione, cambiare sistema, evidentemente l’aristocrazia, l’alto clero, le monarchie si opponevano a concedere rappresentanza alla borghesia e a darle facoltà legislativa, meno ancora la concedevano al proletariato.
Ne sorsero le rivoluzioni, in Inghilterra, in Francia, e successivi tentativi rivoluzionari in altri paesi. La Rivoluzione Americana coniuga l’indipendenza al dominio della borghesia, non vi è una aristocrazia americana da vincere. La Rivoluzione Francese e il potere della borghesia si propagarono in altri Paesi, la Germania, l’Austria, l’Ungheria, l’Italia, ed avvengono prima dei moti, poi delle vere proprie guerre rivoluzionarie, così nel 1848, una sollevazione all’interno dell’impero austriaco, in Ungheria, in Italia, in Germania, in Francia, guerre perdute in taluni casi e vinte in altri, in ogni modo ormai la borghesia e persino il proletariato non consentivano la monarchia assoluta, il feudalesimo aristocratico, la complicità della Chiesa con lo Stato. L’economia sorgente del capitalismo fronteggiava potentemente l’aristocrazia ed il proletariato, aveva una forza sufficiente per esigere, imporre regole istituzionali nuove, monarchie costituzionali, parlamenti legislativi con rappresentanza borghese, sicché gli scontri, le rivoluzioni, le guerre continuarono, con una molteplicità di concezioni sui mezzi e sui fini per il cambiamento.
In Italia, non ancora unita talune personalità progettano il futuro. Un cenno su alcuni teorici del cambiamento. Cesare Balbo (1789-1863) era un Conte, il padre per motivi della sua attività al servizio dei Savoia, cambiò spesso paese e il giovane Balbo ebbe una formazione europea, influenzato in specie dall’Illuminismo. Era cattolico e monarchico e in linea di principio voleva un’Italia con tante monarchie e con un unico sovrano, e supponeva possibile la soluzione se gli austriaci si fossero spostati verso l’Impero Ottomano scoprendo le terre europee, fu presidente del Consiglio durante la Prima Guerra di Indipendenza, ma allorché non venne approvata la sua determinazione a stabilire legame tra Piemonte e Lombardia, si dimise, la sua opera più nota è Le speranze degli italiani. Celebre e con momenti esaltanti un altro teorico, Vincenzo Gioberti (1801-1852). Fu proprio Gioberti a concepire l’unione dei vari regni sotto supremazia del Pontefice, è il noto Neoguelfismo, che ebbe qualche fortuna fino al 1848, Gioberti fu addirittura presidente del Consiglio in Piemonte. Ma era una concezione assurda, i vari principi volevano regnare autonomamente, meno ancora sottostare al Pontefice, anche se il potere pontificio era in Gioberti più che altro il valore della religione cattolica, della quale Gioberti aveva grande apprezzamento al punto da credere al primato italiano per tale ragione. In ogni caso questa concezione fallì, Successivamente si orientò per ideali radicali. Gioberti fu anche o sopra tutto un filosofo.
Morì fuori d’Italia, poveramente, aveva rinunciato a cariche anche religiose. Giuseppe Ferrari è un ulteriore pensatore risorgimentale, milanese di nascita (1811-1876) morti i genitori, ed in condizione di poter vivere, si sposta a Parigi, ove si laurea in giurisprudenza, ha passione filosofica, e orientamento scettico e fortemente anticlericale, il che lo debilita nell’insegnamento della filosofia, torna in Italia al tempo del 1848, è sostanzialmente federalista, farà carriera politica, sarà eletto di continuo, nominato senatore, otterrà onorificenze non volute, difficile collocarlo, soprattutto rappresentò l’insoddisfazione per il modo in cui l’Italia veniva costituita, e per la piemontesizzazione del nostro Paese. Carlo Cattaneo, milanese (1801-1869) è strenuo teorico del federalismo, della laicità, della cultura per tutti perché vi siano condizioni per lo sviluppo di ciascuno, per lo scambio sociale accrescitivo, per la scienza, è in progressista convinto, consapevole, assoluto, erede del progressismo milanese del Settecento, avverso al Piemonte monarchico, ammiratore della Svizzera e degli Stati Uniti, ideatore degli Stati Uniti d’Europa, talmente fedele alle proprie idee da non volere riti religiosi alla morte e da rifiutare una elezione parlamentare per non giurare osservanza alla monarchia.
Ma colui il quale resta, in fondo, l’artefice dell’Indipendenza e dell’Unità italiana fu Camillo Benso conte di Cavour. Piemonte, nato a Torino, 1810-1861, da famiglia aristocratica. Giovane si recò in Inghilterra a studiare il sistema politico ed osservare l’economia. possidente come era tornato in Piemonte si dedica a costituire una modernissima azienda agricola, dandone anche esempio all’agricoltura piemontese, nel frattempo si volge come giornalista alla politica. Era sovrano Carlo Alberto che aveva concesso lo Statuto Albertino, una sorta di Costituzione. Dopo i moti e la guerra del 1848-1849 ed il fallimento del neoguelfismo di Gioberti e dell’unitarismo repubblicano di Giuseppe Mazzini, nel Piemonte rimane lo Statuto Albertino e molti patrioti ritengono Casa Savoia, ora retta da Vittorio Emanuele II, lo Stato costituzionale che potrebbe addossarsi la causa italiana, in parte o unita.
Cavour, con un’alleanza definita trasformismo, diventa presidente del Consiglio, nel 1850, e da quel momento per un decennio con piccole interruzioni, si impegnerà potentemente a modernizzare il Piemonte, ad attrarre alla monarchia i patrioti, a demolire i mazziniani, a fare parte della diplomazia europea, a rendere scandalosa la dominazione dell’Austria su regioni italiane, a far considerare il re Vittorio Emanuele II difensore dell’indipendenza italiana, a favorire industria, agricoltura, esercito, ad inserirsi nella diplomazia quando in Francia sale al potere Luigi Bonaparte come Imperatore, e Cavour coglie magnificamente l’occasione per allearsi e dare guerra all’Austria. È la Seconda Guerra di Indipendenza, si conclude con minori risultati da quelli stabiliti tra Piemonte e Francia, ma, in ogni caso, la Lombardia è sottratta all’Austria. Del resto ormai la valanga è mossa, le insurrezioni percorrono il nostro Paese, le varie regioni, cacciati i sovrani si uniscono al Piemonte. Ma in tale situazione accade l’imprevisto, una estesa unità italiana, che non era nei patti. Mazziniani, patrioti, locali con il conclusivo consenso di Cavour tentano l’incredibile, la vera Unità d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Il protagonista di questa impresa è un Condottiero nato, eroico, in testa ad ogni lotta per l’indipendenza e la libertà dei popoli, Giuseppe Garibaldi.
Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza ancora italiana, ebbe precoce vocazione marinara e avventurosa, fu dapprima mazziniano, partecipò attivissimamente alla Repubblica Romana del 1849, dopo la sconfitta si recò in Sudamerica apprendendo il combattimento a guerriglia e lottando per l’indipendenza e la libertà del quel continente. Allorché vi fu la Seconda Guerra di Indipendenza in Italia, vi tornò e con volontari ed il segreto aiuto di Cavour, pur essendo Garibaldi inizialmente repubblicano, diede moto ad una delle maggiori imprese, una vera epopea popolare detta l’impresa dei mille, presso che tale essendo il numero dei patrioti che partendo da Quarto in Liguria in pochi mesi conquistarono il Regno delle Due Sicilie.
Fu una conquista ancora oggi discussa, di fatto una annessione al Piemonte. Garibaldi non era il conquistatore che dava la terra ai contadini. Poteva Farlo? Il meridione patì e patisce la conquista del Nord? Certo prepotenze ve ne furono, tassa sul macinato, coscrizione obbligatori, in parte delle terre furono date, come era avvenuto in Piemonte, ma all’emergente classe borghese, il popolo resto a lungo povero, analfabeta, emigrante. D’altro canto la Francia stessa non ci voleva uniti. Cavour muore appena proclamata l’Unità d’Italia, Garibaldi sarà uno straniero in Patria. Mazzini morirà sotto falso nome. In ogni modo ed in questo modo sorge l’Italia.
di Antonio Saccà