Friedrich Nietzsche, un pensatore “greco” nel XIX Secolo

venerdì 8 ottobre 2021


Personaggi della civiltà

L’esistenza di Friedrich Nietzsche è tragica quanto Egli concepì nei suoi studi l’intera vita: Nietzsche ritenne la tragedia le più realistica rappresentazione dell’esistenza. La vita è tragica in sé, giacché non decifriamo come mai esiste ciò che esiste e come mai esistiamo noi, coscienti di tale enigmatica e indecifrabile esistenza. Ma da ultimo la vita è tragica per una precisa causa, ad opinione di Nietzsche, l’avvento della democrazia, della presunta uguaglianza tra gli uomini e la tendenza a svalutare la cultura, l’arte, adeguandole all’uomo che non osa vivere grandi passioni, non ha il coraggio di idee spietate ma vuole “divertirsi”, passare il tempo, ripararsi dai fragori della condizione umana.

A base di questa metamorfosi vi è anche il cambiamento dalla produzione artigianale alla produzione in serie, la merce viene incontro al consumatore, viene incontro al maggior numero, al gusto dei più, quindi a preferenze abbassate. È una valutazione che in forme meno aspre tuttavia precise avevano svolto anche Giacomo Leopardi e, da aspetti diversi, Karl Marx. In maniera esplicita: l’avvento della democrazia, con la ricerca del consenso delle masse, l’avvento dell’industrializzazione, della produzione su larga scala per avere il maggior numero di acquirenti comportano una caduta della civiltà? Il borghese, il proletario che relazione hanno con la cultura, con l’arte, le quali sono, per Nietzsche ma anche per Marx, le manifestazioni essenziali dell’uomo?

È una problematica diffusa, presso che tutti ritennero nella seconda metà del XIX secolo che l’industrialismo, la macchinizzazione, il prodotto in serie e di largo consumo per i gusti delle masse, il primato dell’economia, dell’utile, del profitto devasteranno l’arte e la cultura. Anche la democrazia, con il peso delle decisioni volute dall’uomo qualsiasi, fu sospettata di livellamento in basso. Questa la tragicità, non sentita come tragedia, dell’epoca moderna, che viene associata, almeno da Leopardi e Nietzsche, alla tragicità connaturata alla vita. Certamente Leopardi, Marx e Nietzsche sono coloro che posero questo svolgimento della società nei modi estremi e massimamente evidenziati.

Quali che siano i giudizi, sovente di negazione avversa, sul pensiero di Nietzsche, in alcuni aspetti di un estremismo spietato, come diremo, vi sono tratti nella sua opera che siamo obbligati a considerare con vigilanza. Riproponiamo gli interrogativi enunciati: che civiltà sta affermandosi dallo sviluppo della tecnica e dalle società democratiche e del consumo di prodotti fatti per il maggior numero di consumatori? La cultura, l’arte, i rapporti sociali in quale condizione sono ridotti, si tutelano dall’abbassamento in un tempo in cui democrazia e consumo danno voce e predominio alla gente qualsiasi e addirittura i gruppi dominanti, diciamo, pur di avere pubblico, consenso, consumatori si adeguano alla gente qualsiasi, appunto?

Se la democrazia, se il socialismo, se la borghesia, se il proletariato avessero stabilito una civiltà culturalmente e artisticamente superiore, e modi di vivere più degni, potremmo considerare Nietzsche un folle rabbioso che vuole ridurre schiavi le moltitudini e consegnare il dominio a presunti “Signori”, ma se la china della degradazione continua, Nietzsche appare come un disperato che percepì tempi in cui la qualità veniva recisa, avvilita, e doveva combattere per attuarsi. Il che è propriamente il pensiero di Nietzsche. Il suo incubo. Nietzsche avversò radicalmente la sua epoca, in somiglianza con Leopardi, per taluni aspetti del loro pensiero.

La scienza, la storia, l’insegnamento democratico sono presi di mira da Nietzsche nelle sue giovanili Considerazioni inattuali. Con riguardo alla scuola Nietzsche ritiene che essa deve suscitare nel giovane l’ammirazione per l’uomo di genio; con riguardo alla Storia, Egli non vorrebbe che fosse resa “monumentale”, con un rispetto eccessivo del passato contro il presente, piuttosto occorre sentire la Storia come flusso vitale, passione di vita; la Scienza gli appare analitica, fredda, pura ragione, incerta; Nietzsche teme inoltre che il “giornalismo”, la divulgazione facilitata occupino la sfera del pensatore, del filosofo, Nello scritto Verità e menzogna in senso extramorale, Nietzsche nega la verità, essa è piuttosto un bisogno dell’uomo di voler sostare su un terreno rassicurato, è un atto di fede per paura di vivere nel dubbio. In un testo che vaglia la filosofia greca avanti a Socrate, Nietzsche esalta una filosofia non argomentativa, non razionale, esalta una filosofia che esprime il conflitto, il divenire, la problematica della realtà (Eraclito, Empedocle, i Sofisti), e mal giudica Socrate che avrebbe fatto perdere ai greci il sentimento del Mito, delle forze vitali, portandolo sulla arida analisi.

Il testo più noto del giovane Nietzsche è La nascita della tragedia secondo lo spirito della musica, in esso troviamo una interpretazione dello spirito tragico greco, tumultuoso, capace di scendere nei più tremendi compimenti dell’uomo, dionisiaco (Dioniso era la divinità degli eccessi) ma capace di esprimere questa potenza vitale con nitida chiarezza apollinea (Apollo, Dio luminoso, della bellezza). Il senso del libro, lo scopo è segnalare che la vita la si vive soltanto se ne sentiamo il tragico, non se ci difendiamo dal tragico. Nietzsche aveva concepito la figura del “filisteo colto”, esemplare dell’epoca ottimistica, è colui che toglie all’arte la tragicità, esige un’arte che lo coinvolga esclusivamente come diversivo, svago.

È questo tipo di uomo che Nietzsche crede si stia affermando, un uomo che non si slancia nei tumulti della vita, che non ha lo sguardo per sostenere la tragicità dell’esistenza e trova riparo nella comodità e amputa perfino l’arte togliendole il tragico. In opere successive, Umano, troppo umano, La gaia scienza, Aurora, Nietzsche precisa convinzioni determinanti per la sua visione sociale e generale: coglie l’economia che va incontro al consumatore anche se di pretese volgari; ritiene che Dio non è più nelle coscienze moderne, Dio è morto, dunque occorre fondare nuovi valori per non restare disorientati, fermi alla “morte di Dio”. E sarà questo bisogno di andare in terreni nuovi, senza l’appoggio di Dio e con la necessità di non cadere nell’avvento dell’uomo mediocre, a ispirare le opere fondamentali di Nietzsche, la sua trasvalutazione, rifondazione dei valori. Rifondazione, che non potendosi basare su Dio, che per Nietzsche è “morto”, deve basarsi sull’uomo, precisamente sui “Signori”, gli uomini dotati della massima potenza vitale, della volontà di potenza. Non la democrazia ma una aristocrazia al modo greco, e, nelle opere conclusive, al modo induista, le Caste.


di Antonio Saccà