Karl Marx, la lotta per la sopravvivenza sociale

mercoledì 6 ottobre 2021


Personaggi della civiltà

Per capire Karl Marx bisogna considerare la filosofia detta materialismo storico, vale a dire: al cambiamento degli strumenti di produzione cambiano i rapporti di produzione e cambia il sistema complessivo che lega a determinati strumenti di produzione determinati rapporti di produzione. In altre parole se viene scoperta l’energia elettrica e la potenza produttiva si moltiplica, ovviamente la produzione deve trovare sbocchi, quindi cessa il mercato chiuso, si comincia a teorizzare l’unità nazionale, o continentale, o mondiale, in quanto, ripeto, il sistema produttivo suscita troppa merce per essere circoscritta a una località come avveniva nell’economia di corte medioevale. Se inventano le macchina a vapore, le ferrovie, spariscono, e sparisce tutto quanto vi era nel passato, i rematori, le diligenze.

A ogni consistente cambiamento delle tecniche produttive (strumenti di produzione) si storcono i rapporti tra gli uomini, compaiono nuove classi, altre periscono giacché le nuove tecnologie le eliminano. Se non ci fossero le macchine non ci sarebbero gli operai, per semplificare. La Storia, per Marx, è un cimitero di forme e relazioni produttive superate da nuove tecnologie che eliminano classi e suscitano classi. Avviene come in Natura per Darwin, un soggetto con mutamenti genetici vantaggiosi prevale su chi non li possiede. Com’è noto per Marx i nuovi mezzi di produzione, le macchine, suscitano, appunto, nuove classi, borghesia e proletariato, e bisognano di libero mercato, concorrenza, iniziativa, profitto per potenziare massimamente le macchine e la loro capacità produttiva.

O, se vogliamo, questa nuova classe, la borghesia, cerca di potenziare sempre più le macchine per produrre maggiormente, per ottenere mercato, per vincere la concorrenza, da ciò anche che i lavoratori non sono più statici come i servi della gleba o gli schiavi ma usati e scacciati secondo i ritmi della produzione, del consumo di uomini. Marx esalta tale impegno dinamico della borghesia. Così scrive nel Manifesto del partito comunista: “Essa ha creato ben altre meraviglie che le piramidi di Egitto, gli acquedotti romani, e le cattedrali gotiche; essa ha fatto ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate”. L’abbinamento della distruzione di tecniche produttive con l’avanzamento mediante l’innovazione ha reso il capitalismo non solo vincente sugli altri sistemi economici presenti, ma , dal punto di vista quantitativo, il più produttivo mai esistito. E capace di ridare occupazione a coloro o spesso a un numero superiore di coloro che avevano perduto il lavoro in quanto operavano con tecnologie sorpassate. Per i teorici del capitalismo questo cammino sarà senza termine, avremo distruzione e avanzamento. Ma è realistica tale convinzione?

Saremo indefinitivamente nel processo di distruzione-innovazione accrescitiva o la distruzione di alcune tecnologie dovute alla superiorità di altre tecnologie non creerà nuova occupazione con le tecnologie che le sostituiranno? Ecco il dilemma posto da Karl Marx. L’essenza delle sue teorie. L’elogio che fa della borghesia è un elogio avvelenato, giacché se è vero che il mutamento degli strumenti di produzione crea nuove classi, elimina classi, esige nuove strutture produttive, la borghesia, nel perenne inventare nuovi strumenti, genera il proprio superamento, si che arriveremo a un punto in cui gli strumenti produttivi non possono più essere gestiti per il profitto. Perché? Perché elimineranno i lavoratori. La borghesia non saprà più gestire la disoccupazione di massa. “Il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso, è questo: che il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e punto di arrivo, come motivo e scopo della produzione: che la produzione è solo produzione per il capitale, e non al contrario i mezzi di produzione sono dei semplici mezzi per una continua estensione del processo vitale per la società dei produttori. Il mezzo – lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali – viene permanentemente in conflitto con il fine ristretto, la valorizzazione del capitale esistente. Se il modo di produzione capitalistico è quindi un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e la creazione di un corrispondente mercato mondiale , è al tempo stesso la contraddizione costante tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione sociali che vi corrispondono” (Il Capitale, Libro Terzo).

Insomma, far avanzare a rotta di collo la capacità produttiva delle macchine recherà effetti disastrosi per il capitalismo, segnatamente per l’uso di queste macchine ai vantaggi del profitto. Esse potrebbero, dovrebbero produrre eccessivamente per le loro intrinseche capacità ma la società non sarebbe in condizioni di assorbire la produzione, si ingorga il sistema produttivo. A un tale punto di potenza dei mezzi di produzione occorre un sistema che adegui la potenza produttiva in modi che non rovini la società. Questo è il socialismo, in Marx: l’adeguamento della produzione al vantaggio sociale eliminando il profitto come scopo dell’impresa e sostituendolo con l’occupazione quale scopo dell’impresa, o meglio: un profitto che non elimini occupazione. Come? Diminuendo l’orario di lavoro, e poiché ciò mai lo farà il capitalista, lo farà necessariamente il proletariato. È la famigerata e non bene intesa “dittatura del proletariato”. Ma la tecnologia continuerà ad avanzate fino alla scomparsa del lavoro manuale, e non soltanto. In tal caso siamo, per Marx, all’avvento del comunismo, l’unica sistema realistico è il comunismo, produrre per i bisogni e dare al cittadino al di là contributo che il cittadino dà: da ciascuno secondo il lavoro, a ciascuno secondo i bisogni (Critica del Programma di Gotha).

Se la borghesia resistesse a tali mutamenti, la ricchezza si concentrerebbe in pochissimi e masse di poveri e impoveriti occuperebbero la terra, finché avremmo o una società comunista o una tirannia violentissima, ma a lungo termine insostenibile, i mezzi di produzione sempre più detonanti finirebbero con il produrre a vuoto. Adeguare la potenza produttiva ai bisogni sociali superando le strettoie del profitto disoccupativo o sottoccupativo, questo il marxismo. Infatti, le macchine elimineranno occupazione, quindi la produzione sarebbe, dicevo, a vuoto, se non si finalizza l’economia all’occupazione (socialismo), e poi alla distribuzione secondo i bisogni(comunismo). Questo il senso ultimo, modernissimo, delle concezioni di Marx. Cioè da dire che Marx contraddice se stesso. In che senso?

Nel senso che la borghesia con il rovinarsi per eccesso di tecnologia che non riuscirà a gestire, vulnera, elimina, assottiglia il proletariato, il quale in ogni caso si troverà sostituito dalla macchine. E questo sta avvenendo non dopo la fine della borghesia ma all’interno dei sistemi borghesi, nella radicale cecità delle forze che rappresentano il proletariato superstite e la borghesia. Questa cecità complica la situazione, giacché può accadere qualcosa che Marx non prevedeva, la crisi contemporanea della borghesia e del proletariato. Ossia: una crisi senza sbocco. Ma basta così. Nell’aver percepito la rovina alla quale l’accrescimento dei mezzi produttivi trae il sistema capitalistico, Marx, a più di duecento anni dalla nascita è come se nascesse oggi. Ma nel non aver colto quanto inidoneo è il proletariato, a tutt’oggi, a superare la crisi borghese, Marx, almeno per il momento, è nato morto. Giacché non basta la diminuzione dell’orario, è una misura interna al sistema capitalista, entro certi limiti, occorre formulare una gestione dell’economia che stabilisca, come detto, equilibri tra i mezzi di produzione e il vantaggio sociale diffuso. E questo non lo può fare il capitalismo perché contrasta il profitto. Però il proletariato non palesa capacità di gestione. È il dramma. Del presente e del futuro. Chi sarà il soggetto sociale capace di adeguare la grandiosa produzione senza lavoratori a beneficio dell’intera società? Solo allora cesserebbe, per Marx, la lotta delle classi per appropriarsi il lavoro, la fatica degli altri, della proprietà contro il lavoro. E tutti e ciascuno potremmo sviluppare le nostre facoltà, oggi impedito, lo sviluppo, a chi lavora manualmente.      

Cenni biografici su Karl Marx

Karl Marx nacque a Treviri, in Renania, Germania, nel 1818. Di famiglia ebrea discendente da rabbini. Il padre, il cui nome, Heinrich, era stato latinizzato dall’ebraico, fu un avvocato convertitosi al protestantesimo per poter avere cariche pubbliche, giacchè gli ebrei venivano discriminati; la madre non si convertì. Marx giovane, appassionatissimo nello studio, frequentò la biblioteca dei Von Westsphalen, aristocratica famiglia con posti eminenti nella Renania e imparentata ai reali scozzesi, spodestati. Vi conobbe la splendida Jenny, di quattro anni maggiore di lui, la quale si innamorò allo spasimo di Karl. Quest’ultimo, trasferitosi all’università, condusse esistenza scioperata: duelli, ubriacature, donne, facendo temere al padre che non avrebbe mantenuto le speranze promesse dal suo ingegno. Nondimeno Karl si laureò in filosofia, tornò a Treviri, sposò Jenny, e fu una delle unioni più tragiche e avvinte mai esistite.

Per mantenersi Karl fece il giornalista, alla Reinische Zeitung (Gazzetta Renana), vi scrisse sei articoli, rilevante quello che trattava della legna cedua, la legna secca che cadeva a terra e che per antica consuetudine spettava ai contadini che la raccoglievano, ma la nuova classe, la borghesia, intenta come era a trarre vantaggio da tutto, legiferò che la legna cedua spettava al proprietario. Marx a riguardo inventò l’espressione “feticismo della merce”: la borghesia adora la merce, il profitto, il denaro. Trasferitosi a Londra, giacchè condannato all’esilio per i suoi atteggiamenti politici, Marx ebbe esistenza miserrima, con la dolorosissima morte del figlio maschio, Edgar, e la sopravvivenza accidentatissima della moglie e delle tre figlie.

Ciò nonostante scrisse opere essenziali e con immenso risultato, e controversa, molto controversa valutazione. In grandissima rilevanza decenni passati, per l’intero XX secolo fino agli anni Sessanta, dagli anni Sessanta ai primi anni del XXI secolo, considerato sorpassato, era il periodo aureo del capitalismo, adesso, con la crisi del capitalismo, la concezione di Marx che le macchine sostituiranno l’uomo che lavora suscitando fortissimi problemi sociali ed economici lo ha rimesso nel circuito della controversia su come risolvere la complicata situazione del rapporto dell’uomo con il lavoro. Ed è su questo aspetto dominante che lo considero e limito la presentazione. Morì, a Londra, nel 1883. Fu aiutato da Friedrich Engels, industriale e intellettuale. A Karl Marx ho dedicato la più sistematica biografia uscita in Italia, Marx contro Marx, 1983.


di Antonio Saccà