lunedì 12 luglio 2021
Nasce nel 1775 a Guangdong nella provincia di Canton. Vive di espedienti finché non diventa una prostituta. Intelligente, la più alta e la più bella. Di lei non si conosce il vero nome, ma solo quello di Ching Shih che significa semplicemente “la vedova di Ching” che sposa a 26 anni. Si narra che lei chiede al futuro sposo di dividere a metà il bottino e il comando degli uomini. La richiesta impossibile viene accolta dallo stupito ma divertito capitano. Ching Ho riunisce molte bande in un’unica organizzazione conosciuta come la “flotta della bandiera rossa”. Ching Shih, intelligente e determinata, succede al comando della flotta al marito morto all’improvviso in circostanze poco chiare. Vestita di rosso fiammante, salta sulla spianata della barca e si autoproclama comandante davanti a tutti i capitani delle flotte pirata. L’azione delle armate piratesche colpisce le coste della Cina. L’imperatore non riesce a fermarle e ordina alle popolazioni di bruciare i villaggi prima di fuggire nell’entroterra. Si rivela una decisione dannosa perché le armate piratesche si concentrano sull’assalto delle imbarcazioni commerciali provocando danni maggiori.
In sei anni, Ching Shih e il marito passano da duecento a millecinquecento imbarcazioni. Il balzo di tali dimensioni è frutto della creazione di una confederazione di bande. Pur essendo rispettata e temuta Ching Shih è pur sempre una donna e alla morte misteriosa del marito è esposta a pericolo. Prende rapidamente la decisione di sposare Chang Pao, il figlio adottivo del suo defunto marito, e lo nomina capo delle sue truppe. La mossa è perfetta! La colossale flotta estende il suo campo d’azione fino in Corea. Le navi arrivano ad essere duemila con ottantamila pirati. Il tutto suddiviso in sei raggruppamenti. Ching Shih comanda le sue truppe con mano d’acciaio. L’esercito deve seguire poche regole semplici il cui mancato rispetto avrebbe provocato la morte immediata.
La prima: non stuprare le donne sequestrate nei campi; la seconda: non rubare il bottino conquistato; la terza: non usare violenza alla propria sposa; la quarta: nessun torto o angheria sui contadini soggetti a tributo. Riesce a tenere a bada e a sconfiggere gli eserciti dell’imperatore, dei portoghesi, degli inglesi e della Compagnia delle Indie Orientali. Sotto il suo comando, la flotta della bandiera rossa non viene mai sconfitta! L’imperatore le offre l’amnistia. Sia pure assente alla firma di accettazione dell’indulto, nel 1810 lei accetta purché sia applicabile ai suoi soldati. A lei viene conferito un titolo nobiliare e il possesso di tutte le sue ricchezze. Al marito viene assegnato il comando di venti navi imperiali. Senza subire punizione, Ching Shih si ritira dai mari.
Gestisce un bordello e una casa di scommesse. Muore a 69 anni in perfetta tranquillità. Rimane la sua fama in film come Cantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi, in racconti e nell’immaginario popolare dei cinesi. La sua storia è immortalata dalla straordinaria narrazione di Jorge Luis Borges nel libro Storia universale dell’infamia. Come nella migliore tradizione cinese, la vita di Ching Shih è la parabola dell’intelligenza, dell’avventura, della capacità di organizzare e, infine, della riconciliazione e del perdono.
di Manlio Lo Presti