giovedì 8 luglio 2021
Analisi fenomenologica di un conflitto sociale
La Vita e la Morte sono nella stessa stanza dell’esistenza.
Due percezioni della corporeità
Il Conflitto. La crisi pandemica e sanitaria ha fatto esplodere ai nostri occhi di osservatori un universo di esseri alla ricerca di soluzioni per mettersi al riparo da paure ancestrali. Il tema della salute, e una vita che è oramai alla ricerca – che si rivelerà vana – dell’immunità, tira in ballo continuamente la “percezione del corpo”, attraverso l’analisi di sintomi e sensazioni che da esso provengono. I corpi delle altre persone sembrano costituire invece una minaccia, bisogna osservare la distanza dai corpi degli altri. La sfiducia ha così preso il posto del contatto, a partire dalla proibizione della stretta di mano. La mascherina non consente di vedere l’altro per intero. Ne scaturisce una popolazione di corpi perennemente in guerra, corpi travolti da una guerra insidiosa, quasi invisibile, che è esplosa entro e fuori noi stessi.
La risposta alla pandemia Covid-19 ha diviso corpi sociali, comunità e famiglie. Si è trattato di una risposta formulata politicamente, e quindi rappresentata, doverosamente, da misure che i governi – i quali operano una sintesi di quanto le società pensano, credono e, in ultima analisi, vogliono – hanno deciso di mettere sul campo per contrastarla. È avvenuto così che proprio queste risposte – e non la pandemia in sé – abbiano causato il dilaniamento della coesione sociale all’interno dei Paesi in modi inediti per la storia moderna del mondo occidentale, esasperando i conflitti tra fazioni.
Questa drammatica divisione, sociale e culturale – che in Italia si innesta su una già marcata e profondissima spaccatura, iniziata nel dopoguerra, e riproposta in modo drammatico a partire dal 1994 – è stata prodotta costruendo narrative, e consenso verso queste narrative, che hanno preso rivoli variegati e complessi, a seconda di antiche appartenenze culturali, economiche, religiose, politiche, civili, sociali. Il conflitto, in gran parte ancora latente, è ben percepibile e visibile in quello specchio della realtà rappresentato dai social, stante l’evidente sbilanciamento che il sistema mediatico ha subito a favore del versante dirigista e “lealista” nei confronti delle scelte della maggior parte dei governi.
La tesi
La tesi principale degli articoli che questo scritto vuole oggi introdurre è che le innumerevoli divisioni riscontrabili oggi nella società a seguito della pandemia possono essere ricondotte, sinteticamente, a due modi di intendere e percepire il corpo e la corporeità da parte degli agenti sociali. L’avverbio “sinteticamente” andrebbe sottolineato con forza, in quanto, parafrasando Pierre Bourdieu, si può affermare che “esistono tante percezioni sul corpo per quante sono le percezioni del corpo”.
Le fonti
Le riflessioni da cui nasce questa tesi si reggono su due pilastri scientifici e culturali:
– la fenomenologia di Husserl, e gli sviluppi ad essa apportati dalla “Fenomenologia della percezione” di Merleau-Ponty, che postula l’esistenza di uno schema corporeo, inteso come le geometral di ogni prospettiva umana, punto di vista di tutti i punti di vista. Solo per la fenomenologia, infatti, il soggetto è sempre un essere embodied, ovvero incarnato in un corpo;
– la relazione della corporeità, e dunque di questo schema corporeo della fenomenologia, con lo “spazio sociale”, mutuando idee e concetti delle sociologie di Georg Simmel, Norbert Elias, Erving Goffman e Pierre Bourdieu, integrandoli via via con il pensiero e le psicologie di Freud, Reich, Laing e della scuola della Gestalt.
Le due percezioni della corporeità, o se vogliamo, i due fenomeni che vengono messi qui in relazione sono:
– il fenomeno dell’Essere-Corpo: è la percezione unitaria propria di un soggetto in azione;
– il fenomeno dell’Avere-un-Corpo: avere-un-corpo è la percezione del proprio corpo come un oggetto, una cosa in mezzo alle altre, un corpo da gestire, da controllare, da portare con sé.
Un soccorso comprensivo ci viene dalla lingua tedesca, che presenta una chiara distinzione nella traduzione della parola italiana “corpo”. Da una parte c’è il Leib, o corpo esperienziale, vissuto: il corpo-soggetto; dall’altra c’è il Korper, corpo-oggetto, strumentale, reificato, che è anche il corpo del cadavere. Dunque la contrapposizione e il conflitto si dovrebbero manifestare tra chi, soprattutto, si sente Leib (in tedesco, un corpo vivo e vissuto) e chi, soprattutto, sente di avere un Korper (in tedesco corpo fisico, oggetto). Chi tratta il proprio corpo come parte di sé e del proprio essere soggetto nel vissuto, e coloro i quali lo vivono come un oggetto separato da sé, al pari dei corpi delle altre persone. La consapevolezza o meno, la coscienza di questa percezione della propria corporeità e di questo modo di intendere il conflitto da parte di ciascuno degli attori in campo, è un fatto che rimane – fenomenologicamente – estraneo a chi intende compiere questa descrizione.
Questa estraneità comporta che si metta tra parentesi (la cosiddetta epoch’ della riduzione fenomenologica) la coscienza dei singoli attori, e si vadano ad analizzare le due percezioni come fatti, come fossero dei fenomeni sociali. Questa sospensione ha una funzione precisa: prendere atto della divisione ed evitare che ci si possa sentire meramente dei tifosi, in una contrapposizione e in un conflitto che vediamo oggi aver assunto dimensioni senza precedenti. Ma queste due percezioni del corpo, e questa distinzione, funzionano davvero così? La contrapposizione e il conflitto di cui parliamo sono dunque davvero questi?
A ben vedere questa sintesi dei due fenomeni è, in fondo, molto azzardata e, probabilmente, spicciola, sommaria, dal momento che tutti noi possiamo sperimentare entrambe le percezioni: tutti siamo-Corpo e, contemporaneamente, abbiamo-un-Corpo. Durante una vita, infatti, il senso di questa dicotomia e di questo avvicendarsi di percezioni e di sensazioni relative alla propria corporeità, appare – coscienti o incoscienti – in ciascuno di noi milioni, miliardi, di volte.
Il tema è molto vasto. È una guerra interiore con parti di Sé, una guerra esteriore fatta, da sempre, con l’altro-da-Sé. Ciò in quanto due fazioni si combattono e confliggono anche nella psiche che nel corpo sta; quella mente che può ritrovarsi riprodotta – in minimi e in nuce – entro ogni nostra cellula.
Le istituzioni politiche degli Stati, irresponsabilmente, hanno portato questa guerra – a differenza di quanto fatto nel passato – sin dentro i corpi stessi. Il campo di battaglia non è la terra, o una delle terre del mondo, le città, i confini o i campi, ma sono i soldati stessi, la loro salute, la loro stessa vita, o, meglio, la loro stessa, mera, sopravvivenza. Lo snodo cruciale, fondante è che, forse come mai avvenuto in passato, questa volta, tale conflitto interiore da sempre presente, e latente negli individui, si è trasferito con chiara evidenza all’esterno, ed è disperso ovunque, nella società.
Pertanto, nel momento in cui ci caliamo nella società questi due fenomeni percettivi riproducono due forze, che ognuno, più o meno consapevolmente, porta in se stesso. È la loro prevalenza o persistenza che ci fanno abbracciare un campo o l’altro. Il compito, difficile, che ci si propone è di mostrare, quindi, come questa spaccatura stia generando una vera e propria guerra civile, della quale la vittima sarà alla fine l’intero del corpo sociale (lo Stato) e, con lui, tutti (i cittadini). Come in una Terza guerra mondiale, il conflitto, non appena sarà generalizzato non risparmierà niente – territori, confini, città, Paesi – e nessuno.
In particolare, a precipitare sarà la cosiddetta coesione sociale: il coltello della divisione si infilerà ovunque. Nessuna famiglia sopravviverà per intero, nessuna comunità verrà risparmiata, nessuna nazione riuscirà vincitrice, saranno tutti perdenti. Perché è davvero un conflitto intestino, interiore a corpi individuali e sociali. Qui sono in campo due forze che si combattono e confliggono pesantemente anche all’interno della nostra coscienza, nelle nostre viscere e membra, nel corpo. Fondamentalmente, la guerra in atto è la battaglia tra due forze primordiali: Energia Vitale e Angoscia di Morte, flusso energetico vitale e lucente, contro Pulsione di Morte, oscura, persistente e penosa (Fine).
di Andrea Andy Indie De Angelis