La via Francigena e le sue tappe fondamentali/2

giovedì 1 luglio 2021


Il cammino riprende seguendo le varie Vallate. La prima, la Val d’Elsa, è il tratto più difficile da descrivere della Francigena, perché vi erano due itinerari uno sulla destra e uno sulla sinistra del fiume, con punti di strada di raccordo. San Gimignano rappresentava la tappa principale della variante collinare: ebbe, dal X secolo in poi, un forte sviluppo dovuto all’imprenditoria mercantile, agricola ed industriale. Di seguito, partiva la strada che univa la Val d’Elsa a Pisa, conducendo al mare. Dove oggi sorge Poggibonsi, distrutta dai fiorentini nel 1270, dell’antico fortilizio è rimasta la fonte delle fate.

La località Castello di Staggia senese risulta d’impianto francese con le torri angolari cilindriche; fu signore di questo luogo Musciatto Franzesi che ospitò Carlo di Valois. A seguire la magione templare di Borgo Marturi di San Giovanni Battista detta “del ponte”, posta appunto su un ponte che attraversava lo Staggia. La chiesa è perfettamente conservata, divisa da un muretto; una parte era riservata ai cavalieri e l’altra ai comuni fedeli, con un campaniletto a vela e una finestra a denti di sega.

Siena era un punto essenziale della Francigena e, nell’Alto Medioevo, la cittadina era cresciuta grazie proprio alla presente strada, acquistando la caratteristica planimetria a Y, dovuto all’incrocio della stessa Francigena con un’altra strada ad andamento Est-Ovest, probabilmente di origine etrusca. Era famosa per l’ottima ospitalità, con un gran numero di ostelli e ospedali, di cui uno specializzato per le cure della pelle e del cuoio capelluto. Qui vi era fra l’altro la più importante magione templare della Toscana, oggi San Pietro alla Magione che come tutte le chiese del pellegrinaggio aveva due portali gemelli (se ne vedono le tracce nella facciata).

Lungo la Valle dell’Arbia si trova Cuna, in origine sede di un ospedale poi grande fattoria fortificata. Fuori dal recinto una chiesetta in cotto, come il resto dell’impianto. All’interno vi è un’importante testimonianza del pellegrinaggio compostelliano: un affresco del XV secolo, raffigurante il miracolo dei pellegrini impiccati. Invece, Monteroni d’Arbia prende il nome dal fiume: è una località segnalata per la presenza di diversi ostelli. Nel paese vi è un imponente mulino a torrione con base scarpata: fu realizzato nel XIV secolo.

Lungo la Val d’Orcia si staglia San Quirico d’Orcia: borgo murato appartenente agli Aldobrandeschi, noto per i frequenti episodi banditeschi. Splendida è la sua pieve, un vero e proprio capolavoro romanico. A Sant’Antimo l’edificio attuale risale al XII secolo, quando fu realizzata una grandiosa costruzione grazie alla donazione di Bernardo degli Ardengheschi. Il luogo era celebre fin dal IX secolo, essendo uno dei principali santuari del pellegrinaggio, grazie alle reliquie del corpo di Sant’Antimo Martire, donato da Carlo Magno che, a sua volta, lo aveva ricevuto dal pontefice Adeguano I.

Bagno Vignoni era una località termale conosciuta fin dal periodo romano. L’impianto attuale risale al 1334, ma fin dal periodo della Francigena era un luogo apprezzato perché i pellegrini potevano trovar sollievo per la scabbia, la tigna, la rogna e le ulcerazioni: al centro del paese una meravigliosa vasca termale e il noto loggiato di Santa Caterina.

Dal Monte Amiata ad Acquapendente si snoda l’ultimo tratto di Valle dell’Orcia, le località principali toccate erano Campiglia d’Orcia e Spedaletto, quest’ultimo un grandioso complesso fortificato, amministrato fin dal 1236 dall’ospedale della Scala di Siena. A pianta quadrata con tre torri angolari, è uno dei complessi ospedalieri meglio conservati in Italia. Segue Abbadia San Salvatore quest’ultima fondata nell’VIII secolo da un nobile longobardo: aveva una ricca dotazione di boschi e pascoli montani. All’inizio dell’XI secolo la chiesa del paese fu completamente ricostruita in forme importanti e consacrata: apprezzabile l’impianto a croce latina, la vasta cripta con tre absidi e le figurazioni plastiche a forte rilievo di chiara derivazione lombarda.

Infine, Radicofani, centro dotato di tre ospedali, un lebbrosario e una possente Rocca, ricordata sin dall’epoca medievale. Questa fortificazione ebbe grande rilevanza, controllando la Francigena sul confine fra Toscana e Lazio. A partire dal 1564, fu ristrutturata, su progetto di Baldassarre Lanci e di Simone Genga: sorse così la nuova rocca, a pianta irregolare, con bastioni di diversa dimensione.

Nel XIII secolo s’impossessò di Radicofani Ghino di Tacco, dei Cacciaconti di Guardavalle. Questo personaggio storico entrò presto nella leggenda e diventò, già per i contemporanei, una sorta di nobile privo di scrupoli.

Terminato il viaggio per il tratto descritto, è da sottolineare che, anche ai giorni d’oggi la Francigena ha avuto un forte rilancio turistico, con itinerari e relative soste: da visitare a piedi, a cavallo in bicicletta. Percorsi brevi, lunghi, calmierati secondo le esigenze personali, in un unico mix dove tratti di natura mozzafiato convivono con ricche testimonianze storiche e architettoniche del nostro passato (Fine).

(*) Leggi qui la prima parte


di Pierpaola Meledandri