“Attraversando Julius Evola”: l’intervista a Vitaldo Conte

venerdì 11 giugno 2021


Artista, docente di Storia dell’Arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Roma (ma con esperienze professionali anche a Foggia e Lecce). In più ha insegnato Storia dell’Arte contemporanea all’Università di Catania. Vitaldo Conte, intervistato da L’Opinione, ha parlato del suo e-book – e non solo – dove ha tratteggiato la figura di Julius Evola, tra arte e poesia (e molto altro) come pensiero e virus: “La vita di Julius Evola si presta a essere guardata tra il reale e il fantastico. La sua “leggenda” è favorita infatti dalla sua biografia. La presunta pericolosità di questo innominabile “cavaliere nero” è amplificata dalle sue erranze culturali, che diventano momenti e letture perturbanti per le catalogazioni sociali, ponendosi sempre fuori-schema”.

Julius Evola ai giorni nostri come avrebbe affrontato l’emergenza Covid?

Evola conosceva fino in fondo lo stato d’isolamento dell’essere, avendo passato gli ultimi circa trent’anni di vita “recluso” fra le mura di una vecchia casa, nel centro storico di Roma, diviso fra il letto e lo scrittoio, dal 1945 fino alla morte (1974), per una lesione che danneggiò permanentemente il suo corpo (causata da un bombardamento a Vienna). Probabilmente Evola oggi avrebbe affrontato l’emergenza Covid “guardando” la crisi dell’essere massificato. Questo, proteso a inseguire le aperture esteriori del vivere sociale, diviene una ubbidiente “mascherina in movimento”, senza il Cavalcare la tigre di una “differenziazione” interiore.

Nel suo saggio “Vita, arte, poesia, eros come pensiero e virus” abbraccia più temi, come quello tra il reale e il fantastico. Quale spunto il lettore può trarre da questa riflessione?

La vita di Julius Evola si presta a essere guardata tra il reale e il fantastico. La sua “leggenda” è favorita infatti dalla sua biografia. La presunta pericolosità di questo innominabile “cavaliere nero” è amplificata dalle sue erranze culturali, che diventano momenti e letture perturbanti per le catalogazioni sociali, ponendosi sempre fuori-schema. Ricercava, fino alle estreme conseguenze, una libertà superiore e una diversa dimensione dell’essere, oltrepassante talvolta il reale stesso. Questo stato può incontrare il fantastico di una lettura esterna.

“Chi possiede un solo mezzo espressivo, non è artista” diceva Evola. Come vede oggi il mondo della cultura?

La creazione si predispone naturalmente a essere senza confini. Infatti, le avanguardie storiche che Evola ha attraversato, come il Futurismo e il Dada, ricercavano una espressione di creazione totale che poteva coinvolgere l’esistenza dell’autore. Il mondo dell’arte oggi tende a voler specificare ogni suo aspetto, in quanto è predominante quello mercantile: la merce, quindi, deve essere identificabile e sacralizzata come valore. Anche le scatolette di merda d’artista di Piero Manzoni, espressione del Neo-Dada, sono diventate oggi un feticcio.

Evola artista dadaista, al mondo d’oggi, come verrebbe accolto?

Il Dadaismo è entrato nelle neo-avanguardie e in espressioni ultime. Quello di Evola si esplicita attraverso immagini e parole che diventano pensiero. Il suo trascendimento nichilistico, attivo attraverso l’arte, sarebbe oggi accolto probabilmente con sospettoso disinteresse.

Evola “voce stabilizzante del Dopoguerra”, personaggio scomodo e antipatico. Quindi da scoprire?

Evola, artista-poeta e filosofo, tra i più segreti del Novecento, ha continuato a essere una voce destabilizzante nel Secondo dopoguerra rimanendo, per anni, un personaggio isolato, scomodo, “antipatico”, controverso, difficilmente etichettabile, estraneo a ogni tipo di “cricca”. Ha conosciuto il tributo del silenzio e dell’ostracismo (anche attraverso campagne di denigrazione). Quindi molti aspetti della sua espressione devono essere ancora “scoperti”, anche da parte di chi ritiene di conoscerlo. Talvolta la sua figura viene utilizzata per finalità ideologiche (pro o contro) e per opportunismi economici.

Oggi eros sembra un termine anacronistico, in un mondo più pornografico che erotico? Perché?

Rispondo alla domanda attualizzando le indicazioni testuali di Julius Evola. I territori metafisici del sesso, “la più grande forza magica della natura”, sono presenti nel suo libro Metafisica del sesso, uscito nel 1958. Evola affronta tali argomenti con una lettura totale e metafisica, superando letture psicologiche e sessuologiche. Tutto ciò si scontra, ancora oggi, con la società massificata che potrebbe non comprendere queste “aperture”, avendo elevato il sesso, negli ultimi decenni, a valore di rifugio e di estrema frontiera: per mancanza di punti di riferimento superiori e antidoto verso angosce, traumi, involuzioni. Il rapporto tra i sessi – come nota Evola – è diventato oggi una misera cosa, una mistura d’inganni e tradimenti, fallimenti, ingestione di pillole e iniezioni per orgasmi che non valgono nulla, in quanto sono privi di spirito, richiami archetipici, ritualità. Questa diffusione del sesso e di pornografia dilagante è una riprova della repressione, poiché il sesso si è volgarizzato, fisiologizzato, quasi ironico: senza spirito, avventura, creazione, donazione, scoperta, timore. L’ossessività sessuale, nell’espressione contemporanea, è leggibile nel fatto che in nessun’altra epoca donna e sesso sono “messi” così in primo piano, dominando la scena delle arti e della pubblicità.

Oggi è ripetibile un personaggio del genere? C’è qualcuno che si può accostare, come spessore culturale, a Evola?

Un eventuale qualcuno che possa essere accostato a lui non deve essere ricercato solo nello spessore culturale. Ciò che rende unico Evola è presente anche nel suo rapporto con l’arte, la poesia e l’eros che diviene pensiero ed esistenza profonda. In tutto ciò è unico e irripetibile. Se esistesse qualcuno da accostare non come allievo, questo probabilmente rifiuterebbe il confronto, sentendosi stirnerianamente anch’esso LUnico.

La mostra di Sutri è esaustiva, dal suo punto di vista, per rappresentare l’opera di Evola?

Nella mostra curata da Vittorio Sgarbi, a Sutri, è visibile infatti anche Evola, che non ha prodotto in vita molte opere d’arte. Ciò che qui è stato esposto può essere sintomatico, ma non è certamente esaustivo per leggere il suo lavoro complessivo. Le opere presentate appartengono alla Fondazione Evola e a collezioni romane. È presente, viceversa, qualcuna mai esposta in precedenti mostre, che meriterebbe un excursus di approfondimento. Ritengo, infatti, che la produzione artistica di Evola debba essere oggi “monitorata” con professionalità fuori da interessi vari. Come ho dichiarato in una mia precedente intervista in merito (sul giornale online Corriere di Puglia e Lucania), si sta sviluppando intorno alla sua figura un interesse non sempre determinato da competenze specifiche: sintomatico, al riguardo, l’affiorare di diversi falsi, “proposti” o “da inserire” come sue presunte opere. Ciò è causato dal fatto che suoi lavori hanno raggiunto, in recenti aste, valutazioni ragguardevoli. La produzione artistica di Evola ha un valore storico inconfutabile, ma non deve essere neanche eccessivamente enfatizzata, come talvolta oggi accade, anche attraverso le comparazioni con maestri dell’astrazione spirituale. Sgarbi aveva dedicato nel 2018 a Sutri, di cui è sindaco, una “targa” (come indicazione di una strada) a Julius Evola come filosofo, omettendo l’artista, che oggi da critico d’arte definisce “una specie di Kandinskij dimenticato”.

(*) Vitaldo Conte, “Julius Evola. Vita, arte, poesia, eros come pensiero e virus”, Tiemme Edizioni Digitali, 2021


di Claudio Bellumori