L’arca di Zarathustra

martedì 4 maggio 2021


L’Umanità ha sempre forgiato miti, ideali, fini per darsi un motivo e operare. Si tratti della pace, della fratellanza, del dominio, del benessere, ogni epoca ha il proprio fine decisivo, secondo i popoli. La Grecia antica ebbe per ideali la Bellezza, il Bene, la Verità; Roma antica la potenza; il Cristianesimo la salvezza... semplifico ma è all’ingrosso quel che è accaduto.

E la nostra epoca? Al presente pare che l’ecologia intenda farsi scopo primario dell’Umanità, e non soltanto per i popoli avanzati. Ma temo che come viene intesa l’ecologia rischiamo di situare la Natura in una teca sottovetro, sterilizzata, incontaminata ma non vissuta. Non basta la Natura pulita, necessita la Natura sentita. Se il rispetto della Natura diventa un modo per non coinvolgerci in essa per timore di contaminarla compiremmo un misfatto antivitale. La Natura va immedesimata, sentita, odorata, toccata, non oggettivata e spazzolata come una stanza dove non bisogna entrare per non sporcarla. Più che ecologia, occorrerebbe un ritorno alla Natura, alle sensazioni che ci suscitava.

La Natura rigoglia i sensi non è un soprammobile in un astuccio. Mari, cieli, venti, pioggia vanno vissuti, foreste, prati, abissi, vette, ghiacciai, e gli animali, e le piante, vissuti, in quell’accomunare che l’uomo e la Terra vivono insieme, sono entrambi vita. Se l’ecologia al contrario distaccasse l’uomo dalla Natura rendendo la Natura un oggetto lustro sarebbe catastrofico. Zarathustra, sempre Lui, il predicatore, ha timore addirittura che tra Uomo e Terra si sia stabilito un fossato: l’uomo non “sente” più, non ha emozioni, neanche fare il male lo emoziona. Sicché egli propone all’umanità un viaggio nell’Aldisopra, lo Spazio, come ultima evenienza per ritrovare l’emozione della Natura cosmica, spenta quella terrena. È una fantasia, ma nel Cosmo andremo realmente e chi sa se non ritroveremo sensazioni, Zarathustra ne è (quasi) certo. Intanto a mio nome ha scritto questi versi.

Il Viaggio

Occorre un nuovo gioco di prestigio,

una nuova mossa delle mani,

l’umanità si sta tragicamente annoiando,

occorrono impulsi decisivi

per soccorrere la vitalità,

orientamenti osati per la prima volta,

io vi indico la strada del futuro:

vi attende lo Spazio,

conquistate pianeti e cieli,

sperdetevi nei firmamenti,

non vi basti l’orticello terrestre,

è venuto a noia il mondo,

del resto il mondo non vi sopporta

e si vuole liberare di voi.

Fuggite finché ve ne resta occasione,

l’Arca del XXI secolo,

non veleggerà lungo il mare

 ma nei domini dell’Aldisopra,

e consentirà alla vostra epoca

la coscienza di inimmaginate attrazioni.

Il mondo ripete se tesso,

una cantilena che addormenta gli adulti,

scartate queste nenie, via, a piedi nudi,

in viaggio, rigiriamo la cordigliera delle Galassie,

i cerchi di Saturno, il pancione di Giove,

i fuochi del Sole, non c’è più un fine degno

dove sostare?

Voi, seguitemi, pochi che sarete,

la zavorre lasciamola nel sottoscala della Terra.

Anche il male è venuto a noia. L’uomo è malvagio

di una spietatezza indifferente, incapace

di essere volontariamente crudele.

Non sente il male come male.

Fa il male ma non vuole il male.

Il male voluto si addossa la volontà del male,

ma costui se uccide la madre taglia con lo stesso coltello

un trancio di carne cotta.

Il male ha perduto la solennità della malvagità.

Andatevene, ricostruite l’uomo altrove.

Non vi è più sentire nell’uomo.

Cercate di riprovare qualche sommovimento d’animo.

Nello spazio, nello spazio, nello spazio,

nell’Arca di Zarathustra,

prima che vi assalga

la grande sonnolenza

e dondolate al venticello

come panni stanchi.

L’uomo è una conchiglia muta.

Via, nello spazio, in cerca del suono.


di Antonio Saccà