Colloqui secondo Gennaro Malgieri

mercoledì 26 agosto 2020


Che la destra italiana sia incolta è un luogo comune ormai sfatato, che sia però ancora oggi, in alcune sue nuove giovani lucenti meteore, all’altezza del pensiero e delle capacità intellettuali del proprio illustre passato è invece del tutto da dimostrare. Lungi dall’essere verboso, ripetitivo, malmostoso, come avviene nei libri saccenti di taluni neofiti del pensiero conservatore – o se si preferisce, sovranista – la recente opera di Gennaro Malgieri, appena uscita per i tipi dell’infaticabile Solfanelli Editore da Chieti, intitolata semplicemente Colloqui (1974-1991) Attraversando il bosco (pp. 146, € 12,00), ci dà l’esatta fotografia di quanto fu attenta ai propri Maître à penser, la destra tra gli anni Settanta e Ottanta. Il volume raccoglie le interviste che l’Autore ha realizzato con numerosi intellettuali collocati culturalmente in quell’area, tra i quali voglio ricordare un Vintila Horia, un Ernst Jünger, un Alain de Benoist e uno Stefano Zecchi, tanto per fare alcuni nomi a caso.

Giustamente, ricorda Malgieri – e forse lo ricorda proprio a certi parvenu dell’intelletto – come ben altri prima di loro e certamente in maniera più efficace, abbiano avuto intuizioni lucide e delineate sulla storia contemporanea, traendone conclusioni metapolitiche tutt’ora valide e non superate dal trascorrere del tempo. Insomma parole che non passeranno, laddove altre oggi resteranno quanto una bolla di sapone. Ma si sa, homo bulla e qualcun altro di più essendo in realtà di meno. Nessuna “riesumazione” dunque, ma testimonianza di parole, idee e pensieri tutt’altro che defunti in queste pagine di Malgieri, riportate al nostro quotidiano direttamente da un’epoca fatta d’aria irrespirabile e greve non meno di questa; dove la caccia al “fascista” era altrettanto feroce e spesso sottolineata dal piombo, ma non vi è neanche traccia di alcun nostalgismo culturale e il tutto è corredato da due capitoli, uno introduttivo e uno consuntivo, che sigillano la storia a distanza di anni.

Ricorrono così, in queste pagine, i nomi illustri di Alfredo Cattabiani e di Giovanni Volpe figlio di Gioacchino, con quello di Mario Tedeschi, così come perdura il ricordo di momenti epocali quali furono i Campi Hobbit. Tutto ciò ha lasciato un retaggio, un arduo compito alla cultura di destra facendone una “cultura dello spirito”, che regge ancora dopo tutti questi lustri, lungi dall’essere divenuta archeologia intellettuale.

Gennaro Malgieri conclude quindi non con le solite sterili, autoreferenziali citazioni dei beniamini ideologici, ma rifacendosi a uno dei “maledetti”, all’americano ma old fashioned gentiluomo britannico che fu Howard Phillips Lovecraft, ricordando al lettore, ma forse ancor più al giovane scrittore di oggi, come l’uomo viva “su una placida isola d’ignoranza”. Ecco dunque che il libro di Malgieri, può essere un’ottima scialuppa di salvataggio per fuggire da quella roccia perduta nel mare dell’arroganza e della presunzione.


di Dalmazio Frau