Il Festival della Poesia Vernacolare dell’Alto Lazio

martedì 25 agosto 2020


Allumiere ha una grande storia, culturale e industriale, legata alle miniere nei monti della Tolfa di allume, da cui il nome del luogo, che veniva utilizzato come mordente per la tintura dei tessuti. La città deve la sua fortuna al divieto papale del 1462 di comprare questo elemento dagli infedeli di Bisanzio. Il vicino porto di Civitavecchia divenne allora punto di riferimento per le manifatture tessili toscane. Oggi i tempi sono cambiati e, tra le tante attività, si propone anche come riferimento per il lavoro artigiano dei poeti che scrivono in dialetto nell’Alto Lazio.

In realtà è forse l’unico festival che non prevede premi o vincitori perché le opere selezionate vengono inserite in una antologia annuale dove non è prevista alcuna graduatoria di merito ma solo l’indicazione geografica degli autori come Tolfa, Roma, Cerveteri, Allumiere, Ladispoli, Viterbo e Tarquinia. Eppure il livello tecnico è sempre notevole: si va dall’utilizzo di versi alessandrini al sonetto a rima tronca, da contributi di alcuni poeti a braccio, “modo cantato” in ottave nel quale si dice si siano cimentati anche Roberto Benigni e Francesco Guccini, al raro doppio sonetto. La giuria della tredicesima edizione del festival “All’ombra del Camberale” era composta anche dal delegato regionale per il Lazio dell’Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali Giuseppe Bernasconi, Carlo De Paolis e Paolo Buzzacconi.

Ma il lavoro promosso da Pierino Pennesi, presidente dell’associazione poetica A.P.A., dall’Assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità Brunella Franceschini e dal Sindaco Antonio Pasquini, non si limita a questo. Un lungo lavoro di studio e di indagine iniziato con la precedente amministrazione comunale, ha prodotto un inventario puntuale del bagaglio lessicale corredato di grammatica, filastrocche, proverbi e modi di dire, patrimonio storico della zona e di Allumiere dal titolo “Lumierasco dall’A alla Zeta” che conferma l’impegno e la qualità di questo, per dirla alla Lewis Carrol, non premio letterario.

Infine un’annotazione è sul numero tredici, ricorrente non solo per l’edizione di quest’anno ma per i papi che hanno visitato o si sono fermati nella cittadina nel corso dei secoli. L’ultimo, Pio IX, giunse a Civitavecchia il 13 ottobre 1857 per recarsi poi ad Allumiere. Il caso volle che esattamente 100 anni dopo un altro papa, Pio XII, divulgasse un discorso dedicato ai poeti dialettali italiani: era domenica 13 ottobre 1957. Papa Pacelli, eletto al soglio pontificio nel 1939 e sensibile al nuovo mondo della comunicazione, definisce l’insieme dei dialetti italiani come “una magica arpa, vibrante bensì in differenti tonalità, ma sprigionante un’unica mirabile sinfonia” e pone una domanda più che attuale nell’approssimarsi delle elezioni regionali di settembre: “Ma quali sono gli elementi costitutivi di questo comune tesoro, da voi detto coscienza nazionale, al cui arricchimento debbono concorrere le regioni?”. La risposta è ancora da trovare e ci auguriamo che non ci vogliano ancora altri cento anni.


di Quintino Di Marco