Addio a Olivia de Havilland, la Melania di “Via col Vento”

lunedì 27 luglio 2020


Se n’è andata l’ultima leggenda di Via col Vento. Olivia de Havilland è scomparsa a 104 anni. Nel 2017, per il suo 101º compleanno, la regina Elisabetta le conferisce l’onorificenza di Dama dell’Impero Britannico. All’epoca del capolavoro di Victor Fleming Olivia ha appena 23 anni. Per oltre 80 anni è stata una leggenda vivente del cinema, ultima delle grandi dive dell’epoca d’oro di Hollywood e soprattutto l’ultima sopravvissuta del cast principale del film, diventato oggetto di attacchi antirazzisti, nei giorni del Black Lives Matter. In Via col Vento, Olivia interpreta la dolce e remissiva Melania Wilkes, rivale in amore di Rossella O’Hara (la straordinaria Vivien Leigh). Questo film consacra Olivia de Havilland come bellezza regale e rassicurante. Tant’è vero che continua, per diversi anni, a interpretare figure femminili dotate di spirito di sacrificio per l’uomo amato. Per il personaggio di Melania, La de Havilland conquista una nomination come miglior attrice non protagonista, ma non l’Oscar, che va invece all’attrice Hattie McDaniel (che interpreta Mamie), la prima afroamericana ad aggiudicarsi la statuetta. Per la de Havilland l’appuntamento con l’Oscar è solo rimandato. L’ottiene nel 1947 per A ciascuno il suo destino di Mitchell Leisen e nel 1950 per L’ereditiera di William Wyler.

Oltre che per le cronache cinematografiche, Olivia de Havilland è famosa anche per i continui gossip che hanno a lungo circondato la sua carriera per la rivalità con la sorella Joan Fontaine (1917-2013), star della Hollywood degli anni ‘40 e ‘50 che peraltro vince prima di lei l’Oscar alla miglior attrice protagonista per la sua interpretazione nel film di Alfred Hitchcock Il sospetto (1941), con Cary Grant. Cittadina inglese, naturalizzata statunitense nel 1941, Olivia nasce il 1° luglio 1916 a Tokyo da Walter Augustus de Havilland, avvocato inglese con studio nella capitale giapponese, specializzato in materia di brevetti, e Lilian Augusta Ruse, attrice nota con il nome d’arte di Lilian Fontaine. Poco dopo la nascita della sorella minore Joan, più piccola di 13 mesi, i loro genitori divorziano quando Olivia Mary ha tre anni e con la madre lascia Tokyo per Los Angeles. Iscrittasi al Mills College di Oakland, ha modo di esibirsi come attrice partecipando all’allestimento scolastico della commedia Sogno di una notte di mezz’estate di William Shakespeare e facendosi notare dal regista Max Reinhardt che nel 1934 la sceglie per la sua versione dello spettacolo e l’anno successivo per la celebre, innovativa e visionaria trasposizione cinematografica da lui diretta con William Dieterle. È per questa interpretazione che la Warner Bros offre a Olivia un contratto di sette anni. Ha così modo di interpretare Alibi Ike (1935) di Ray Enright, Colpo proibito (1935) di Lloyd Bacon e soprattutto Capitan Blood (1935), con il quale inizia il felice sodalizio artistico con il regista Michael Curtiz e l’attore Errol Flynn, che prosegue con La carica dei 600 (1936), La leggenda di Robin Hood (1938) codiretto da William Keighley, La quadriglia dell’illusione (1938), Gli avventurieri (1939), Il conte di Essex (1939) e I pascoli dell’odio (1940).

Diretta da Curtiz, la giovane attrice dà vita a un personaggio la cui delicata presenza può a tratti passare inosservata, proprio perché funzionale alla progressione avventurosa del racconto, caratterizzato da un afflato eroico ed edificante in chiave virile, romantica e patriottica. Sempre in coppia con Errol Flynn, ma con la regia di Raoul Walsh, in La storia del generale Custer (1942) Olivia de Havilland definisce meglio l’edulcorata tipologia di sposa ideale. Nello stesso anno del melodrammatico A ciascuno il suo destino (1946) di Mitchell Leisen ricopre un indimenticabile duplice ruolo nel noir Lo specchio scuro di Robert Siodmak: il film permette all’attrice di scindersi in modo radicale, rendendo oltremodo riconoscibili e polarizzate le due gemelle interpretate, ciascuna corrispondente agli opposti aspetti di una personalità schizofrenica: la prima, Ruth, con gli occhi sempre bassi, la voce morbidamente querula e i lineamenti mobili da vittima affranta, sintesi della personalità cinematografica delineata in precedenza dalla de Havilland; la seconda, Terry, con il tono deciso e stentoreo della voce, il volto e il corpo rigidi, riflesso di un’immobilità sprezzante, prefigurante invece i futuri personaggi.

Dopo la straordinaria interpretazione, ancora in un ruolo di donna malata di amnesia depressiva, nel crudo dramma La fossa dei serpenti (1948) di Anatole Litvak, sua terza nomination, in L’ereditiera (1949) di William Wyler è di nuovo una donna illusa, corteggiata soltanto per bieco interesse. Da quel momento, lasciati emergere gli aspetti più inquietanti e inconfessabili del suo personaggio, l’attrice dirada le apparizioni sullo schermo, trasferendosi a Parigi nel 1955 e sposando il giornalista e scrittore francese Pierre Galante, da cui divorzia nel 1979 (dal 1946 al ‘53 è stata sposata con lo scrittore e attore statunitense Marcus Goodrich). Tra le interpretazioni successive vanno menzionate: Mia cugina Rachele (1952) di Henry Koster, il superlativo e autoironico Un giorno di terrore (1964) di Walter Grauman e, al fianco dell’amica-nemica Bette Davis, il morboso Piano... piano, dolce Carlotta (1964) di Robert Aldrich.


di Eugenio De Bartolis