Luca Blindo, il cantautore con l’animo rap

venerdì 17 luglio 2020


Oggi vi porto nella provincia di Napoli, precisamente ad Afragola nel quartiere Salicelle, per conoscere Luca Blindo, all’anagrafe Luca Scotto di Carlo. Un giovane con tanti sogni, alcuni dei quali già realizzati. Un ragazzo che ama raccontarsi e io con piacere accolgo il suo aprirsi. Un giovane perbene in una realtà difficile in cui non è facile stare lontano dalle tentazioni. Deve la sua tempra ad una famiglia solida, ai genitori, ai fratelli più grandi di venti anni. Un ragazzo che ha fatto della musica una missione sociale tanto da attirare le attenzione dei media nazionali e della “zia” Mara Venier che lo vuole accanto a sé in alcune puntate affidandogli la sigla dal titolo “Arriva Mara”. Suona il pianoforte da autodidatta. Già all’età di 12 anni si esibiva nelle varie feste di piazza. Molto presto però il bisogno di esprimere i suoi sentimenti e la rabbia per tutto quello che non andava nella periferia in cui vive lo portano a intraprendere un’altra strada musicale, quella del rap. Incomincia a scrivere i primi testi e fonda un duo con l’amico di infanzia Tony Phone. Dal 2007 al 2010 Luca vince molti premi tra Rap Battle e altre competizioni, diventando popolare nell’ambiente Hip Hop. Il singolo “‘O Quartiere” spopola in Campania e in Germania. La canzone, infatti, attira l’attenzione della tv tedesca che, per raccontare la loro musica, decide di dedicare un intero reportage ai due giovani, trasformandolo in seguito in un docufilm dal titolo “Salicelle Rap” vincitore di numerosi premi in Germania e in Italia. Il singolo anticipa l’uscita del primo album mixtape di Luca e Tony dal titolo “Fuori dal ghetto”. Come spesso accade per i gruppi giovanili, la collaborazione con Phone finisce. I brani da solista di Luca diventano la colonna sonora perfetta per molti servizi televisivi, reportage nazionali e internazionali sul rione Salicelle. Successivamente anche il nuovo singolo di Luca, “La Terra dei Fuochi”, diventa, nel napoletano, un vero e proprio inno alla lotta per la drammatica situazione di quella realtà sociale. Si esibisce in Campidoglio e a Palazzo Chigi. Riceve il premio “Nel segno di Partenope” come miglior artista emergente campano. Arriva l’album “In Black” un lavoro che ripercorre tutta la vita del giovane cantautore, le esperienze difficili, i problemi da affrontare ogni giorno.

Fino all’arrivo della pandemia, al blocco totale e alla distruzione di ogni progetto, come per tutti gli artisti. In questa circostanza, Luca scrive “Tutto passerà”. Vorrebbe ringraziare tanti, e me li indica tutti. Devo contenere la sua educazione, il suo rispetto, la riconoscenza verso chi lo aiuta a crescere. Un ringraziamento per tutti però glielo lascio fare per la Deger Live, la quale crede fortemente nel suo progetto di socialità. Lo raggiungo telefonicamente, di notte, all’una.

Ciao Luca, sono Giò. Ti va di fare due chiacchiere con me?

Quando?

Ora.

Dimmi.

Il tuo vero nome è Luca Scotto Di Carlo, perché l’hai cambiato con Luca Blindo?

La musica è stata sempre il mio scudo. Mi ha sempre protetto, “blindato” da contesti negativi. Ecco perché ho scelto di chiamarmi Blindo.

Come e perché nasce l’esigenza di fare musica?

L’esigenza di fare musica nasce come mia insopprimibile denuncia sociale, la motivazione era ed è denunciare ciò che non va nella società, con parole taglienti e su una base potente come quella del rap-hip hop. Poi, col crescere ho anche variato con altri argomenti e altri generi musicali. Non mi piace etichettarmi ed omologarmi. Anche se alla base c’è sempre un discorso e un progetto di dire sempre la verità. Nei testi come nella vita. Qualsiasi sia l’argomento.

Quali sono i tuoi idoli musicali?

Più che idoli sono state delle guide, soprattutto all’inizio del mio percorso: partendo con La Famiglia e gli Articolo 31. Ma anche Fabri Fibra, Marracash, Tupac Shakur, Vasco Rossi e tante altre icone. Tutte hanno contribuito a far emergere la mia identità.

Sei nato a Napoli ma vivi ad Afragola, nel rione Salicelle. Com’è per un giovane con la tua sensibilità vivere il quartiere?

Il mio quartiere è la mia ispirazione. Ogni singola cosa è una canzone che nasce. Viverlo non è mai stato difficile perché ho sempre avuto una forte personalità. Sapevo ciò che volevo e in questo ha contribuito la solidità della mia famiglia.

Sei molto impegnato nel sociale, mi racconti qualche esperienza che ti ha colpito più delle altre?

Ce ne sono tantissime che elencarne solo alcune sarebbe impossibile. Quello che però mi piace di più in tutta la mia esperienza al Centro Opera Don Calabria è di contribuire a dare una speranza a ragazzi che non avevano obiettivi e sogni nella propria vita. Attraverso il mio entusiasmo e la mia passione hanno imparato a leggere, scrivere e a cantare.  Grazie a quelle iniziative che svolgiamo quotidianamente, hanno capito che la vita non termina tra il buio dei palazzi, ma che va scoperta e che si può andare oltre le barriere. Magari ti fanno credere di non essere in grado di superare un ostacolo. Invece con impegno, e non dimenticando mai da dove si è partiti, si possono realizzare grandi cose. Non dimenticherò mai la luce che ho visto in alcuni occhi che prima erano spenti.

Nel 2016 hai perso tuo padre, il tuo primo sostenitore, la persona che ti accompagnava ovunque. Come hai affrontato quel periodo?

È stato un dolore atroce, una ferita al cuore che continuerà a sanguinare per tutta la vita. Ancora una volta la musica è stata la mia unica ancora di salvezza. Dopo appena tre giorni dalla sua scomparsa, ritornai sul palco a cantare e mi chiusi in studio per registrare e scrivere brani nuovi. Ho una metafora che mi fa da monito: le mura insonorizzate dello studio servono a mantenere fuori le negatività e fanno restare dentro allo studio la magia che si crea mentre si compone un brano. Questo era il suo desiderio e io lo porto avanti. È stato un padre silenzioso, uno che parlava poco ma dimostrava tanto nei fatti. Spero che per tutto quello che sto creando sia un po’ orgoglioso di me. Lo sento vicino ogni attimo e in ogni cosa che faccio.

Nonostante il genere musicale con cui hai esordito e cioè l’Hip hop, non hai un tatuaggio, non hai il doppio taglio e ti definisci un cantautore: sono io fuori strada o sei diverso da tutti gli altri?

Sono una persona che in ogni cosa è controcorrente. È una scelta quella di essere “normale” nella anormalità della società attuale, dove un rapper o un artista in generale deve essere stravagante tatuandosi o vestendosi griffato. Io punto all’anima, quella vera. Quella che deve uscire fuori dalle note e dai miei testi è ciò che conta, perché il personaggio passa, l’uomo resta.

Durante la pandemia hai fatto delle dirette sui social. E sempre in quel periodo hai scritto i versi di “Tutto passerà”. Una canzone che sta riscuotendo molti consensi e che parla della denuncia soprattutto dei commercianti. Mi spieghi come è nata? E perché?

È nata proprio dall’ispirazione di queste dirette diventate poi un vero e proprio programma televisivo, una sorta di pulpito dal quale artisti ma anche commercianti e lavoratori di ogni settore denunciavano la loro condizione. La disperazione, lo sconforto per le diverse situazioni mi hanno ispirato a scrivere i versi di “Tutto passerà”. Una canzone nata tra le lacrime del periodo cupo e buio, come inno di speranza e di ripartenza per tutti.  Così “Planet Live”, questo il nome del programma, è approdato in Tv su CapriEvent.

Quanto conta una passione per un giovane?

Conta tanto. Perché attraverso la passione si ha un obiettivo da raggiungere, un motivo per non fare cose negative: una passione salva le vite umane qualsiasi essa sia. Sono fermamente convinto che ci vogliono più iniziative per i giovani da parte dello Stato e dei Comuni per impegnarli in attività pratiche come la cucina, la danza, il calcio, la musica, la campagna. Questo fin dall’adolescenza. Il periodo più difficile.

Lasceresti Afragola per un’altra città? E perché?

Non lascerei Afragola. Afragola è la mia città. Il quartiere Salicelle me lo porto nel cuore in giro per l’Italia, rappresentando la gente che ha voglia di emergere e di vincere. Ho avuto tante opportunità di abbandonarla, ma sarebbe una contraddizione con ciò che ho professato negli anni. Se andasse via tutta la parte buona della società rimarrebbe solo il marciume.  Questo non deve mai accadere. Ci vuole più coraggio a rimanere che a partire.

Perché mi hai detto che nel tuo quartiere ti rispettano? Che significa?

Perché negli anni ho saputo rappresentarlo al meglio attraverso la mia musica arrivando ai tg nazionali, a “Domenica in” con Mara Venier e tanto altro. Le persone mi vedono come un fratello maggiore che li rappresenta al 100 % e mi guardano con gli occhi dell’orgoglio dicendomi spesso che il quartiere grazie a persone come me sta migliorando. Io ne sono fiero soprattutto per i ragazzini che sono il futuro di quella realtà.  Che possa essere un esempio da seguire per Afragola e il quartiere Salicelle. Stessa realtà per Napoli. Si ha bisogno di far parlare i telegiornali e i giornali per iniziative positive e non solo per la camorra e la criminalità. Etichette difficili da debellare.

Cosa ti aspetti da questo brano?

Mi aspetto che possa girare tanto e possa essere un inno ed un inizio per e me e per tutti. Che sia la colonna sonora della ripartenza e che possa essere cantato dalla gente e dai ragazzi nelle scuole.

Un consiglio ai giovani?

Se avete dei sogni seguiteli, non date conto a chi dice che è impossibile!

Se potessi realizzare 3 desideri, quali sarebbero?

Uno dei desideri più grandi è di riempire lo stadio San Paolo con un mio concerto; poi vincere un Disco d’oro e tanti altri desideri che per scaramanzia non dico. Magari un giorno te li racconto proprio per questo giornale visto che per ora non li ho ancora realizzati: mai dire mai.

https://www.youtube.com/watch?v=iM31rafjvWc

 

 


di Giò Di Sarno