Stagione 2020-21 del Teatro Quirino: The Show Must go on

mercoledì 15 luglio 2020


Sua Altezza il Teatro. Malgrado il Covid-19. Anzi, proprio per questo! L’arte dal vivo, cioè, ha i suoi anticorpi millenari e non si fa intimorire né dalle pandemie, né dai flagelli naturali, guerre comprese. Il Quirino a un secolo e mezzo dalla fondazione osa la sua riapertura di sipario, a partire dal 22 dicembre prossimo, onde evitare sgradite sorprese della seconda ondata. Ovviamente, alcuni spettacoli saranno delle riprese per rilanciare le produzioni più significative del 2019-2020 rimaste sospese, come Processo a Gesù, La classe, Bartleby lo scrivano, Un tram chiamato Desiderio. A presentare la stagione l’anima storica del Quirino, Geppy Gleijeses e Guglielmo Ferro che firma più di una regia nel segno e nel ricordo del padre Turi, indimenticabile protagonista di memorabili spettacoli teatrali, e di cui ricorre in questo 2020 il centenario della nascita. Il Quirino è il secondo teatro privato italiano per numero di abbonati (che ha visto riconosciuti, in compenso, appena 50mila euro di finanziamento pubblico per la stagione passata!), entrato a far parte dell’Associazione Atip dei teatri privati, che ha il compito di difendere gli interessi di settore, anche ai fini di una più equa redistribuzione delle risorse pubbliche. In tal senso, l’Atip chiede alle istituzioni interessate un piano di intervento finanziario che accompagni le imprese culturali private per l’uscita dalla attuale, drammatica crisi post-Covid.

In base al calendario proposto, ad aprire la stagione sarà Il malato immaginario, con il regista Guglielmo Ferro che vuole: restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato, come il rifiuto della propria esistenza. Una comicità, cioè, che si avvicina al teatro dell’assurdo novecentesco. In Un tram chiamato Desiderio, per la regia di Pier Luigi Pizzi, Mariangela D’Abbraccio sarà Blanche che impazzirà annegando nei veleni della sua storia familiare. A seguire, il capolavoro maturo di Luigi Pirandello, Uno, nessuno, centomila sulla perdita di senso dell’uomo contemporaneo che si trova in molti luoghi (sociali, istituzionali, familiari) in cui nessun luogo è veramente il suo, in grado cioè di garantirgli la conservazione della propria identità. Al grande autore siciliano, si contrappone in successione un insuperabile maestro del passato come Molière con il suo Tartuffe (Tartufo), che il regista Roberto Valerio considera tra le commedie più belle e più nere, in cui si ride con grande amarezza dell’ipocrisia e della doppiezza dell’animo umano. Il benefattore Orgone e l’arrivista ipocrita Tartufo sono l’uno la mano animata dell’altro, in cui si sfumano i ruoli del manipolatore e del manipolato. L’aria del continente è una rappresentazione dell’atavico dilemma dei siciliani che approdano sul continente risolto in chiave populista e moralista: la Sicilia terzomondista e oscurantista contrapposta alle atmosfere della Capitale. Ma sono veramente i luoghi a fare la differenza o, piuttosto, le persone e i sogni perduti?

Nella Pazza di Chaillot, scritto nel 1943 durante l’occupazione nazista della Francia, il drammaturgo illuminista Jean Giraudoux disegna il personaggio della folle che ordisce un complotto per eliminare un gruppo di affaristi, intenzionati a distruggere Parigi per impadronirsi dei giacimenti di petrolio che si trovano nel suo sottosuolo! Le troiane riporta l’attenzione sul teatro classico che parla di storie dei vinti, del rapporto dell’essere umano con il suo destino dove l’indicibile dolore spinge alla ricerca del senso della vita. Servo di scena, per la regia di Guglielmo Ferro e l’interpretazione di Geppy Gleijeses, ci parla del senso del dovere (nella sua perfetta sintesi di The show must go on!) di un attore anziano e stanco che, sostenuto dal suo servo di scena, lo aiuterà a recitare Shakespeare sotto i bombardamenti tedeschi nella Londra del 1940. Poiché è sempre vero che Se devi dire una bugia dilla grossa, tanto vale partire dalla regia originale di Pietro Garinei e dal testo attualizzato di Iaia Fiastri, con interpreti del calibro di Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti, Paola Quattrini e Paola Barale, al fine di rinverdire una commedia concepita per far ridere ai limiti del virtuosismo, quando il teatro era una cosa elegante.

Processo a Gesù, per la regia di Geppy Gleijeses, ci parla di un gruppo di ebrei reduci della Shoah che mettono in scena da anni il rito del processo Gesù, con la sua scontata conclusione di condanna ma che, stavolta, provoca la ribellione del pubblico presente a teatro. Nel tempo degli Dei – Il Calzolaio di Ulisse, un eroe si rivolta contro il capriccio divino pagando il prezzo amaro della propria scelta. Ne La classe, lo Zoo di un grande campo profughi confina con le mura di un Istituto Comprensivo professionale che, nelle sue feroci contraddizioni, è specchio fedele della società esterna destinata a confrontarsi e scontrarsi con altri mondi stranieri, eppure così umanamente vicini a noi! Alessandro Haber è la promessa di un’interpretazione magistrale della Morte di un commesso viaggiatore, raccontandoci del suo Biff giovanile di cui amava dare nei provini teatrali diverse e assai estrose interpretazioni. Una tragedia moderna che rivela il lato crudele del sogno americano, come suggerisce la nota di regia di Leo Muscato. Subito dopo lo spettacolo di Bartleby lo scrivano, con il suo motto epocale Avrei preferenza di no, Gabriele Lavia (nella foto) presenta Le leggi della gravità. Qui le persone cadono fisicamente: una donna di notte si presenta al commissariato e, davanti a un poliziotto che non crede più nella sua missione, confessa di aver gettato dal balcone suo marito, ma lo fa proprio in quell’ultima notte in cui scade la possibilità di portare il caso a processo! Infine, I musicanti conclude la stagione con un grande omaggio a Pino Daniele.


di Maurizio Bonanni