lunedì 8 giugno 2020
Sin dall’inizio della sua attività la Fondazione voluta da Alda Fendi si è proposta di diffondere un messaggio culturale molto particolare riuscendo a coniugare in modo ideale la perfezione formale dell’epoca classica al surrealismo del teatro dell’assurdo. Confini sbiaditi anche nella sede della Fondazione, Palazzo Rhinoceros, situato accanto all’Arco di Giano e rinato grazie ad un intervento che unisce barocco e futurismo. Sintesi ben evidenziata all’ingresso da un rinoceronte di resina a grandezza naturale simbolo della classicità romana e allo stesso tempo dell’opera principale di uno dei principali protagonisti dell’assurdo, Ionesco. Ed è così che nel tempo si sono alternati negli spazi espositivi Michelangelo e Beckett, El Greco e Ionesco. Ora, una inedita mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini aperta al pubblico dal 6 giugno al 20 settembre, segna il primo impulso della vita culturale romana dopo la forzata pausa da virus. Pasolini, anch’esso simbolo dei confini di diverse discipline, partendo dagli eterni paradigmi della tragedia greca realizza una filosofia a sé stante dove “il senso di colpa” diventa schema di un punto d’incontro tra Einstein e il Tao, la filosofia delle masse e Heisenberg, il Buddha e il Vangelo secondo Matteo.
Sovrapposizioni che si delineano già dalla prima sala del percorso, buia e con uno sciame di lucciole che risplendono sulle pareti che, come ben spiegato, rappresenta una visione fanciullesca della vita, cara ai lirici greci e ripresa in un famoso pezzo di Pasolini del 1° febbraio 1975, “articolo sulle lucciole”, la cui scomparsa viene paragonata alla fine della democrazia. Il visitatore è accompagnato dalla musica dei titoli di testa del film Edipo re di Pasolini alternata alla voce dell’intellettuale durante le più famose interviste. Nella sala successiva una raccolta di 110 fotografie inedite scattate da Dino Prediali, nei giorni precedenti alla morte di Pasolini. Lo ritraggono nella sua casa di Sabaudia e in quella di Chia, vicino a Viterbo mentre è immerso nella scrittura e nella creazione delle sue opere. In un’altra sala, completamente oscurata, in una parete scritta in bianco c’è la poesia Supplica a mia madre, del 1962, tratta dal libro Poesie in forma di rosa. La madre del poeta, protagonista e figura costante in molte altre poesie, ebbe enorme importanza nella vita psicologica ed esistenziale di Pasolini e i versi della poesia sono la spiegazione del suo dramma interiore spiegato in termini psicoanalitici e psicologici. La madre è parte in causa del suo comportamento sociale e il poeta spiega nell’opera, ovviamente tra le righe, la genesi psicogena di tale comportamento e della sua vita interiore che si riverbera in quella privata e sociale. Salendo al primo piano, nello spazio dedicato alle proiezioni, è proiettato il film Edipo re del 1967.
Ai piani gigantografie di donne importanti nella vita di Pasolini, da Silvana Mangano – Giocasta in Edipo re – ad Alida Valli che interpreta Merope nello stesso film. La Fondazione ancora una volta ha centrato l’obiettivo e, complice l’atmosfera sublime che si respira nella struttura, è riuscita a illustrare magistralmente quella sintesi rincorsa da Pasolini per contemperare nella sua poesia l’esigenza di logicità, razionalità e storicità a quella del riferimento classicistico. Un buon riavvio per il mondo culturale romano che ora rimane in attesa del prossimo esperimento che, in un ideale ciclo di alternanza, dovrebbe prevedere l’ostensione di un’opera classica proveniente dall’Hermitage di San Pietroburgo con cui la Fondazione ha un accordo di collaborazione. A testimonianza che la cultura deve essere davvero patrimonio dell’umanità l’ingresso alle mostre è sempre gratuito. Anche per questo un grazie ad Alda Fendi, ispiratrice di tutte le iniziative.
di Ferdinando Fedi