Presto bruceranno i libri

lunedì 2 marzo 2020


Da qualche tempo uno spettro, un virus molto peggiore di qualsiasi altro, si aggira per le università occidentali.

Ricordiamo ai più distratti che soltanto alcuni giorni fa, il corso di “Introduzione alla Storia dell’arte, dal Rinascimento a oggi” tenuto all’Università di Yale dal celebre professore Vincent Scully, è stato annullato in quanto non “politically correct” e quindi troppo “problematico” a detta di Tim Barringer, presidente del dipartimento di Storia dell’arte, che lo ha considerato eccessivamente riferito ad artisti di razza bianca caucasica, europei e soprattutto – horribile dictu – maschi. Ma ne abbiamo già lungamente scritto quindi eviteremo di ribadire l’idiozia di una simile affermazione.

Tuttavia questo morbo della mente che ciclicamente infetta gli atenei anglosassoni, è presente da lungo tempo, infatti già negli anni Ottanta, l’Università di Stanford pensò di escludere dai propri programmi un certo numero di autori – del tutto trascurabili e marginali – quali Omero, Platone, Aristotele, Dante e persino Shakespeare, in quanto considerati tutti “razzisti, sessisti, reazionari”, pertanto, per una strana sorta di par condicio, essi sarebbero dovuti essere riequilibrati da altrettanti autori appartenenti a culture non europee.

Nel 2015, evidentemente dovendo giustificare con qualche attività il senso dei loro stipendi che immaginiamo non siano proprio al minimo sindacale, il comitato che vigila sul multiculturalismo della Columbia University, ha preteso che la lettura delle Metamorfosi di Ovidio venisse preceduta da un avvertimento rivolto agli studenti, perché il testo latino – opera tra l’altro di capitale importanza per tutti i suoi significati simbolici – “contiene materiale offensivo e violento che marginalizza le identità degli studenti nella classe”.

Vogliamo ancora commentare? Le parole esisterebbero ma sarebbero da censurare in quanto volgari, oscene, offensive, ingiuriose e insultanti per chi ha soltanto osato immaginare una simile affermazione. Ma la guerra contro la cultura occidentale – che non ha in realtà mai discriminato le altre, s’informi meglio chi crede questo – contro l’arte, contro la bellezza e quindi, di fatto, contro la vita, continua ad oltranza e adesso anche la prestigiosa università inglese di Oxford – quella di William Morris, di Oscar Wilde, di J.R.R. Tolkien per dirne soltanto alcuni – ha in mente di rivedere lo studio dell’Iliade e dell’Odissea di Omero e dell’Eneide di Virgilio, per renderlo facoltativo e non obbligatorio come è attualmente. Il Telegraph ha scritto che sono centinaia gli studenti che hanno firmato una petizione affinché vengano mantenuti Omero e Virgilio. Operazione quindi che non soltanto sarebbe inutile, perché non si vede dove potrebbe favorire né in qual modo, la migliore integrazione degli studenti stranieri provenienti da altre culture, ma anzi mistificherebbe, stravolgendolo, un mondo che è quello delle nostre origini culturali, e che è ovviamente bianco, europeo e in gran parte – ma non esclusivamente – maschile.

Omero canta sì del “Pelide Achille”, di Odisseo e di Ettore, ma fa altrettanto di Elena e di Penelope, di Briseide e di Calypso… Tutti “archetipi”, simboli eterni di ciò che trascende l’umana vita di ogni giorno e pertanto dura immutato nei secoli.

Così, a breve, vorranno cancellare l’Edda norrena, il Kalevala finnico, il Mabinogion gallese, e ancora oltre il Faerie Queene di sir Edmund Spenser, o il Lost Paradise di John Milton. Metteranno forse un veto a Ludovico Ariosto e tutto verrà parificato sotto il pensiero unico e omologante del politicamente corretto.

Faremo come in Fahrenheit 451 di Ray Bradbury allora, che non è “fantascienza”, ma triste distopia di un nostro possibile presente; conserveremo intatti nelle nostre menti le storie meravigliose della “storia del mondo”, degli eroi omerici, splendidi e possenti e dei loro amori immortali, dove nessuno potrà mai cancellarli: nel profondo del nostro cuore sognante.


di Dalmazio Frau