giovedì 9 gennaio 2020
Basterebbe l’etimologia stessa della parola “transumanza”, “trans” attraversare e “humus” terra, per capire quale profondo legame tra essere umano e territorio porti con sé questa antica pratica: già a partire dal quindicesimo secolo, ma le origini affondano le radici fin nella preistoria, i pastori di molte zone della penisola italica iniziarono la migrazione stagionale delle mandrie alla ricerca di pascoli e condizioni climatiche migliori attraverso dei sentieri naturali denominati “tratturi” che li portavano verso i pascoli di alta montagna durante la stagione estiva e li riconducevano poi al riparo delle valli durante l’inverno.
Ebbene, proprio la conoscenza approfondita dell’ambiente e l’equilibrio ecologico tra uomo e natura che rendono la transumanza uno dei metodi di allevamento più sostenibili ed efficienti sono state le motivazioni alla base dell’iscrizione nella Lista Rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco di questa tradizionale pratica pastorale da parte del Comitato dell’Unesco riunito a Bogotá lo scorso undici dicembre.
Il progetto era partito nel 2015 per iniziativa di un gruppo di pastori e imprenditori del Molise, la candidatura transnazionale era poi stata presentata ufficialmente a Parigi nel marzo 2018 dall’Italia capofila insieme a Grecia ed Austria, fino al riconoscimento definitivo di pochi giorni fa e che riguarda l’intero nostro territorio: le comunità indicate nel dossier, infatti, sono molte, e percorrono tutta l’Italia, dal comune di Amatrice nel Lazio a quello di Frosolone nel Molise; da Pescocostanzo e Anversa in Abruzzo a Lacedonia in Campania e Volturara Appula in Puglia. Fino ai territori della Lombardia, del Trentino-Alto Adige della Valle d’Aosta e della Basilicata.
Ma mentre conosciamo tutti i Siti Unesco patrimonio dell’umanità, luoghi unici, naturali o creati dall’uomo che rappresentano una forte identità culturale e l’eredità di un passato di cui oggi possiamo godere e di cui l’Italia è il primo paese al mondo per numero con ben 53 riconoscimenti, che cosa si intende invece per Patrimonio culturale immateriale?
Secondo una Convenzione adottata dalla Conferenza generale dell’Unesco nel 2003, il Patrimonio culturale immateriale identifica come fondamentali l’insieme delle tradizioni, espressioni orali, arti dello spettacolo, rituali, eventi festivi, artigianato e pratiche agricole tradizionali che sono espressione “vivente” dell’identità delle comunità e delle popolazioni che in esse si riconoscono.
Ed anche qui, l’Italia primeggia su tutto il resto del mondo, poiché il riconoscimento ottenuto dalla Transumanza lo scorso dicembre, insieme ad alpinismo e Perdonanaza Celestiniana, è il dodicesimo per il nostro Paese, compresi i riconoscimenti transnazionali, che acquisisce così il primato di iscrizioni in ambito rurale e agroalimentare, superando Turchia e Belgio. Tra i riconoscimenti ottenuti in passato si trovano veri e propri pezzi da novanta quali l’Arte dei muretti a secco, l’Arte dei pizzaioli napoletani, l’Opera dei Pupi siciliani, la Vite ad alberello di Pantelleria e la Dieta mediterranea.
di Chiara Gulienetti