“18 regali”, la linea dell’universo di una vita spezzata

mercoledì 8 gennaio 2020


Conoscete le Nde (Near Dead Experiences, o esperienze pre-morte)? Esistono innumerevoli esempi tratti dalla letteratura scientifica di persone, successivamente risvegliatesi da un coma profondo giudicato irreversibile, che riportano esperienze extracorporee come quella di un gravissimo infartuato che ha descritto al risveglio la sua visione dall’alto della sala di rianimazione (chi scrive ha avuto un’esperienza affascinante di questo tipo!), dei medici e dei parasanitari presenti al momento e delle attività medicali da loro svolte (cfr. Pim van Lommel “Near-Death Experience, Consciousness, and the Brain”). Soprattutto, in questo caso il resuscitato ricordava con assoluta precisione dove il medico avesse momentaneamente riposto la sua... dentiera mentre era in coma! Il film “18 Regali” di Francesco Amato, che è anche co-autore dell’interessantissima sceneggiatura assieme a Massimo Gaudioso, Davide Lantieri e Alessio Vicenzotto (marito vero di Elisa), fa ricorso a ingredienti assolutamente originali nel proporre un mix tra “Ritorno al futuro” e “Il Paradiso può attendere”, raccontando il rapporto immaginario tra una madre scomparsa prematuramente e quella sua figlia che non ha potuto veder crescere. Del resto, la realtà delle storie vere va sempre oltre i romanzi di fantasia, come la vicenda di Elisa Girotto, che sapendo di dover morire per un male incurabile e implacabile, decise di acquistare anticipatamente per la sua piccola Anna un regalo per ogni compleanno che sua figlia avrebbe festeggiato senza di lei fino al diciottesimo anno d’età. Inutile dire come già questo solo fatto provochi un’emozione molto intensa pari a quella che ho vissuto in prima persona, come orfano di madre dalla nascita.

Il film è praticamente il racconto fantastico di un tunnel spazio-temporale tra due coma profondi: il primo, in ordine di tempo, della madre Elisa che muore dando alla luce la sua bambina, Anna; il secondo di sua figlia investita da un’auto, mentre attraversa quello stesso tunnel anonimo e fisico di una strada extraurbana qualunque che funge da toro dello spazio tempo, in cui tutto sembra fluidificarsi e richiudersi in senso circolare. In questo meraviglioso, fantasmatico viaggio indietro nel tempo, in cui ciascuno dei personaggi rimane nella sua età giovane, come Anna, Elisa e il padre Alessio, madre e figlia si incontrano da sconosciute, parlano, si confrontano, litigano e si amano lentamente, progressivamente e profondamente, senza che mai Elisa sappia se non alla fine la verità sull’altra che, in tal modo, è libera di scoprire tutti i lati più nascosti e vulnerabili del carattere materno. Ed è Anna dotata di una personalità fuori dal comune a scuotere come un vento di autunno le foglie ingiallite di una giovane donna incinta di lei, alla quale è stata rivelata la tremenda verità sul suo male. E sono proprio le menzogne, cioè l’arte di Ulisse, a dissimulare l’attenzione spasmodica e il bisogno assoluto affettivo di Anna che, paradossalmente, accompagna sua madre a scegliere quei famosi “18 regali” di cui, fin dalla preadolescenza, avendo capito che Elisa non sarebbe più tornata per darglieli di persona, si era categoricamente rifiutata di riceverli ferendo profondamente il padre Alessio, rassegnato a questa comprensibile reazione di sua figlia.

Camminando lungo quel tunnel relativistico, tra sogno e incubo, Anna riesce più volte a cambiare la scelta di sua madre, facendole fare per di più esperienze sensoriali originali: l’acqua della piscina; il pernottamento fuori casa; l’hot-dog acquistato nel baracchino mobile parcheggiato sul belvedere e consumato a cavalcioni del muretto panoramico che guarda la valle sottostante di notte. Così Anna rivive tutte le esperienze di Elisa a poca distanza dalla sua morte, come il bellissimo matrimonio con il marito Alessio con accanto gli amici di una vita e gli amatissimi suoceri. A latere, vi è poi un serissimo discorso sulla malattia del secolo, attraverso l’animazione di un gruppo psicologico di contatto tra donne in trattamento oncologico che, oltre a raccontare le proprie esperienze, sviluppano tra di loro intensi e commoventi rapporti interpersonali che verranno poi traslati, da parte delle sopravvissute, al tessuto familiare di chi invece non ce l’ha fatta. E, infine, le ultime lettere, vere, devastanti, commoventi scritte da una madre morente a sua figlia.


di Maurizio Bonanni