mercoledì 17 luglio 2019
Andrea Camilleri se n’è andato. Dopo un mese dal ricovero per arresto cardiaco all’ospedale Santo Spirito di Roma, è scomparso stamattina alle 8.20, all’età di 93 anni. In questi trenta giorni, il grande scrittore non si è più ripreso. Già dal 21 giugno i medici hanno interrotto i bollettini. Il “padre” del Commissario Montalbano è stato assistito dalla moglie e dalle tre figlie. Prima del malore si è fermato per una caduta che gli ha procurato la rottura del femore. Nonostante ciò la sua attività creativa, finché è stato cosciente, non si è mai arenata. Tant’è vero che si sarebbe dovuto esibire pochi giorni fa alle Terme di Caracalla, con lo spettacolo Autodifesa di Caino.
“Le condizioni sempre critiche di questi giorni – si legge nel bollettino dell’ospedale – si sono aggravate nelle ultime ore, compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio”.
Andrea Camilleri nasce a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre 1925. Figlio unico di Carmelina Fragapane e di Giuseppe Camilleri, cresce e completa il liceo in Sicilia, ottenendo la maturità classica nel 1943 senza esami (da lì a breve sarebbe avvenuto lo sbarco degli americani). Ma già dall’anno precedente coltiva i propri interessi e attività nel mondo della cultura. Lavora dal 1942 come regista teatrale e sceneggiatore. Inizia già a scrivere e pubblicare racconti e poesie. Tant’è vero che ha sempre dichiarato: “Non avrei mai pensato di diventare uno scrittore. Credevo di avere delle chance nella poesia”. Nel 1949 viene ammesso, unico allievo regista per quell’anno, all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma, dove si diploma tre anni dopo. A quel punto, si trasferisce stabilmente nella Capitale. Dell’Accademia Camilleri diventa, per vent’anni, titolare della cattedra di regia, dal 1977 al 1997.
Nel 1954 prova per la prima volta ad entrare in Rai. Vi riesce tre anni dopo, nello stesso anno, il 1957, in cui sposa Rosetta Dello Siesto. Lavora come delegato alla produzione di numerosi sceneggiati e cura anche la regia del teleromanzo Lazarillo. Alla fine degli anni Settanta Camilleri esordisce come scrittore. È il 1978. Pubblica per Lalli (e poi con Sellerio nel 1998) il romanzo Il corso delle cose, scritto dieci anni prima. Dal libro, un anno dopo, viene tratto lo sceneggiato televisivo Rai La mano sugli occhi.
Risale al 1980, invece, Un Filo di fumo, il primo di una serie di racconti della Vigata di fine Ottocento e premiato a Gela. Dopo il flop, nel 1984, de La strage dimenticata, si prende alcuni anni di pausa. Torna a pubblicare nel 1992. Due anni dopo esce nelle librerie La forma dell’acqua, il primo romanzo della serie del Commissario Montalbano.
Il successo è immediato. Camilleri assurge al rango dei “Re Mida” della letteratura mondiale. Decine di ristampe, traduzioni, milioni di copie vendute. Camilleri diventa un volto noto al grande pubblico. Un intellettuale, oltre che un autore, che inizia a dibattere sulla complessa realtà politica e sociale del nostro Paese. Il suo stile di scrittura, il suo linguaggio, la sua disincantata ironia rappresentano un marchio di fabbrica acclamato. L'originale commistione di italiano e siciliano deflagra in un pastiche linguistico di rara efficacia. Sono memorabili le espressioni come “camurria” o “cabbasisi”. Il suo personaggio, il commissario Montalbano, diventa protagonista di una fortunata trasposizione sulla Rai, a partire dal 1999, per la regia di Alberto Sironi. A dare il volto al celebre commissario è l’attore romano Luca Zingaretti.
Il cognome del suo personaggio preferito è un chiaro omaggio allo scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban, che di Camilleri è stato grande amico. Ma la fortuna letteraria dell’autore “di Vigata” è anche l’indovinato sodalizio con Elvira Sellerio. Camilleri avrebbe dovuto terminare la propria attività scrittoria con il secondo romanzo, Il cane di terracotta. Ma l’editrice palermitana lo richiama per chiedergli il terzo libro. Camilleri vuole fermarsi, ma la Sellerio si oppone, testimoniando il successo delle vendite. Questa partita decisiva è appannaggio dell’editrice. Così l’autore decide di continuare a scrivere. E, da allora, non si ferma più.
Da anni, nonostante la cecità pressoché assoluta, Camilleri, grazie alla sua fedele assistente Valentina Alferj, depositaria dei “tesori” di Montalbano, ha continuato a ideare storie e trame letterarie. Di recente, con un’eccezionale intuizione narrativa e di messa in scena, è salito sul palcoscenico del Teatro Greco di Siracusa per interpretare Tiresia, l’indovino tebano cieco che appare già nell’Odissea per indicare a Ulisse la via del ritorno.
Camilleri è un riconosciuto maestro del noir umanista. Nella storia gialla, debitrice della lezione del creatore del commissario Maigret, Georges Simenon, lo scrittore siciliano inserisce la sua visione del mondo solidale. Pur mettendo in scena una Sicilia piccolo borghese, attraversata da qualche nobile decaduto e da pochi mafiosi, la vicinanza dell’autore verso gli ultimi è esemplare. Nel suo racconto, l’implacabile fiuto nelle indagini di Montalbano s’intreccia ad un’eccezionale sagacia nella risoluzione dei delitti più intricati. Camilleri, pur lontanissimo dall’asciuttezza e dall’acume sciasciani, così come dal lirismo barocco di matrice bufaliniana, rappresenta un, inevitabile, punto di riferimento e di confronto per la letteratura italiana e per quella siciliana, in particolare.
Ha detto che il suo libro, Esercizi di memoria, uscito due anni fa da Rizzoli “aveva rischiato di rimanere nel cassetto” e non per via della cecità. Ma perché, con umiltà, lui che ha venduto milioni di copie si è interrogato: “A chi possono interessare queste storie private”. Anche quella volta, per fortuna, ha avuto torto. Camilleri ha vissuto la condizione, quasi unica nell’Italia contemporanea, di scrittore amato e di uomo ammirato.
di Andrea Di Falco