mercoledì 5 giugno 2019
L’Italia è piena di bravi scrittori che però non riescono a vivere di scrittura. Questo perché, punto primo, vengono trattati da clienti dalle case editrici, e non da autori. Gli editori, infatti, sono molto abili nel pensare ai propri affari, lamentandosi della crisi (lamentele che vanno avanti dagli anni Settanta ma che gli permettono pur sempre di campare, a loro). L’autore quindi deve spesso pagare per pubblicarsi, oppure, se è un autore affermato, anche se di settore, accontentarsi di poche centinaia di euro annue. Tali sono i diritti d’autore, circa 1 euro a copia, come media generale, se un libro costa 10 euro. Facendoci due conti, otteniamo che un autore volendo vivere del suo lavoro dovrebbe vendere almeno 12mila copie l’anno.
A parte tre o quattro autori, in Italia uno scrittore di carriera vende in media dalle 400 alle 2.000 copie l’anno. Gli editori, in genere, rimarcano il fatto che chi scrive deve percorrere il gusto dell’arte per l’arte, senza pensare al denaro. Non si sa perché loro non lo facciano. Presentano poi gli esempi di cotanti grandi nomi della letteratura che dovettero faticare molto, senza mai godere dei frutti economici della loro arte. Questi editori, però, si guardano bene dal citare esempi di scrittori di successo. E ce ne sono, ieri come oggi.
In Italia gli editori sono molto impegnati nel produrre fumo per gli occhi, annebbiare le speranze di bravi scrittori che potrebbero vivere del loro lavoro, proprio quanto un ortolano vende del suo dando al commerciante i suoi ortaggi da vendere al mercato. Il commerciante, però, non dice all’ortolano che dovrebbe coltivare i suoi ortaggi per il gusto di farlo. Il primo problema dell’editoria, lo abbiamo visto, sono le stesse casa editrici.
Il secondo problema dell’editoria in Italia – e più ampiamente in Europa continentale – è il fatto che ci sono sempre meno lettori. Gli scrittori non hanno lettori perché il mercato è saturo. In passato credetti che il problema era nella qualità dei libri. Questo è vero solo in parte. Nell’era dello spettacolo non è necessario di dire la verità, piuttosto inventarsene una allettante. Basti vedere gli scaffali delle grandi librerie piene di testi scritti da giovanissimi youtuber. Tuttavia, anch’essi saturano il mercato. Uno scrittore deve scrivere molto e di cose che non interessano a lui ma ai lettori. È come un cuoco, che cucina ciò che la sala chiede. Deve solo preoccuparsi di cucinare bene. Tuttavia, il problema resta. Il mercato è saturo.
I costi della stampa sono alti, dunque gli editori non investono che su 2 o 3 autori per casa editrice. Abbiamo anche l’annosa piaga degli editori-scrittori, oppure degli editori che fanno pubblicare alla moglie-amica-segretaria. Questo ovviamente concentra la volontà della società nell’investire egoisticamente in quei progetti, lasciando i propri editori alla mercé della corrente. Cosa fare allora? Semplice, pubblicarsi da soli. Il problema è che uno scrittore non è un manager editoriale e sacrifica tempo per occuparsi di impresa. L’editoria, infatti, è un’impresa commerciale. Cosa fare quindi? Semplice, direte voi: pubblicare in e-book abbattendo i costi. Purtroppo si ripercorre il punto due, aggravato dal fatto che gli italiani non pagano e non scaricano molto la letteratura per mezzo dei canali informatici. Siamo un Paese ancora molto scettico riguardo i pagamenti online, ed ancor di più non tutti hanno la possibilità di leggere un libro in formato elettronico. Cosa fare allora?
A mio avviso, dopo oltre dieci anni in questo campo, ritengo che non vi sia una soluzione breve ed efficace da attuare nel mercato italiano e forse anche europeo. L’unica soluzione è offrirsi in acque alte, laddove il mercato non è saturo, dove ci sono moltissimi lettori e dove essi scaricano molti e-book. La soluzione, quindi, è nel pubblicare in e-book e in inglese. Non solo. Il mercato asiatico sta avanzando. I cinesi e non solo hanno la cultura, l’abilità e il denaro da spendere. Ritengo che l’unica possibilità per i prossimi decenni sarà quella di pubblicarsi in inglese, in coreano, in giapponese, soprattutto in cinese. Vi è però un ulteriore, apparentemente insormontabile, problema. Le case editrici italiane, ansiose di incassare e impaurite dall’investire, non tradurranno mai autori che non siano già famosi. Non è tempo per sperimentare, dicono. Non lo è mai.
Un autore che volesse tradurre i propri testi dovrebbe spendere migliaia di euro. Una traduzione costa, come minimo, 8 centesimi di euro a parola. Ciò significa che per tradurre un romanzo oppure un saggio si devono spendere tranquillamente dai duemila fino agli ottomila euro. Come recuperarli? I problemi degli scrittori, in Italia, non si risolveranno fin quando essi non potranno accedere ai lettori d’oltremare che, forti della loro familiarità con gli e-book, potranno dare nuova linfa e vita economica ai nostri abilissimi scrittori. Essi non saranno tutti destinai al premio Nobel ma nemmeno al dimenticatoio.
di Danilo Campanella