mercoledì 17 aprile 2019
Massimo Cacciari, nel suo ultimo libro pubblicato dall’editore Einaudi con il titolo “La mente inquieta”, propone una interpretazione del periodo storico dell’Umanesimo rovesciandone radicalmente la tradizionale immagine e cogliendone la ricchezza filosofica. Citando i maggiori studiosi di questo periodo storico, che segna un discrimine decisivo nella cultura europea, come Eugenio Garin e Cesare Vasoli, Cacciari ricorda come per molto tempo la filosofia contemporanea ha espresso delle critiche verso l’Umanesimo, considerandolo solo in funzione della propria posizione teoretica. Infatti per Giovanni Gentile l’Umanesimo doveva essere considerato privo di rilievo filosofico e come una premessa per la maturazione della filosofia dell’immanentismo idealistico, che si svilupperà nel Novecento.
Solo Cusano, il teorico dell’anima individuale capace di accedere alla conoscenza della verità divina che si situa nella dimensione dell’infinito, veniva considerato un vero filosofo, mentre sia l’opera di Pico della Mirandola sia quella di Marsilio Ficino erano valutate inconsistenti in termini puramente filosofici. Per Ernest Robert Curtius la tradizione da cui discende l’Umanesimo è quella degli studi di storia, di poesia, di grammatica e di retorica, sicché la filosofia è assente e inesistente. In realtà, in questo libro straordinario per la sintesi che contiene dei problemi chiave del periodo dell’Umanesimo, la filologia tedesca svolse un ruolo decisivo nella battaglia intorno alle idee della cultura e civilizzazione, su cui Thomas Mann nelle “Considerazione di un Impolitico” ha scritto pagine profonde. La cultura, secondo la filologia tedesca, è rivolta a riscoprire la Paidea classica, l’Ellade intesa come patria ideale, per rendere possibile il rinnovamento e la rinascita dell’uomo. In questo tempo prevale la nostalgia per l’epoca classica, che ha trovato espressione poetica nell’Iperione di Holderlin.
La conoscenza della glossa rende possibile la comprensione del logos, sicché questo linguaggio prende forma e voce nelle grandi opere artistiche e filosofiche del passato. Per Cacciari è fondamentale comprendere la necessità di un nesso imprescindibile tra la filologia, che per Nietzsche fa rivivere le opere antiche secondo la loro anima, e la filosofia. L’idea della filologia, che rende possibile lo studio delle opere e dei classici del mondo antico, avvalora la convinzione che lo studio della antichità riveste un ruolo educativo. Il linguaggio, che contiene la ratio e l’oratio, può adempiere una funzione conoscitiva, come ha dimostrato Dante Alighieri nel De Vulgari Eloquentia. In questa opera viene attribuito un grande valore al linguaggio poetico, poiché è in virtù della Metafora e della Allegoria, presenti in tutta la letteratura romanza, che diviene possibile rappresentare idee filosofiche e teologiche. Infatti Dante da Cacciari è definito Poeta, Filosofo e Teologo.
Le profondità del divino non possono essere colte senza l’aiuto necessario dell’immagine poetica. Per Lorenzo Valla, grande figura della cultura dell’Umanesimo, è fondamentale la esatta definizione del testo studiato ed esaminato, la chiara memoria del passato di cui è la radice superstite, la precisione nell’uso della lingua. Sono straordinarie le pagine del libro in cui Cacciari mostra il piacere intellettuale che deriva dalla inclinazione umana a interrogare e indagare il passato e la storia della civiltà attraverso lo studio attento della opere e dei testi della tradizione classica. In particolare, valutando la concezione dell’architettura che si impone nella età dell’Umanesimo con Leon Battista Alberti, Cacciari delinea una ideale comunanza e un percorso unitario tra Petrarca, quello del suo testo autobiografico intitolato Secretum, Leon Battista Alberti e Niccolò Machiavelli. Sono, questi citati da Cacciari, pensatori che hanno scrutato l’animo umano cogliendone la inquietudine e la agitazione interiore.
Infatti, se per l’etica classica l’imperativo era diviene ciò che sei, durante l’Umanesimo questo si trasforma ed impone all’uomo, posto al centro dell’universo nella sua solitudine, di godere della sua libertà scegliendo di essere ciò che vuole. Se si eliminano le maschere e le finzioni con cui gli uomini si ingannano reciprocamente, si finisce per cancellare le grandi opere d’arte, espressione della immaginazione umana, che sono in lotta con il tempo che tutto consuma e annienta. Nel libro nella ultima parte, Cacciari affronta, con una ricchezza tematica sbalorditiva per la erudizione che accompagna il suo meraviglioso racconto, il rapporto tra il Neoplatonismo e l’Umanesimo. Per Eugenio Garin, Marsilio Ficino tentò di conciliare il Platonismo con la tradizione e la rivelazione cristiana; Pico della Mirandola, nel suo testo intitolato L’Oratio mirò a rendere possibile una sintesi sincretistica in cui potessero coesistere il pensiero di Platone, quello di Aristotele e la rivelazione cristiana. Purtroppo, nota Cacciari, nell’opera di Pico della Mirandola molte sono le aporie e le contraddizioni. La verità non è una unica sostanza che in preda alla beatitudine sia possibile contemplare.
di Giuseppe Talarico