Renzi, Alec Ross e il futuro che verrà

giovedì 23 giugno 2016


Per il Premier Matteo Renzi, qual è il futuro che verrà? Si parte da quello indicato nel libro del consulente di Obama e consigliere di Hillary Clinton, Alec Ross, “Il nostro futuro”, che la Feltrinelli Editrice ha presentato al Piccolo Eliseo, con ospite d’onore il Presidente del Consiglio, in presenza dell’autore, entrambi moderati dal direttore de “Il Foglio”, Claudio Cerasa. Il libro dovrebbe rappresentare un’utile chiave di lettura per capire il business della politica e dell’economia e rispondere, in particolare, al quesito: “Quali sono le sfide nel mondo che la politica attuale non riesce a risolvere?”. Ovviamente, non poteva che essere la Silicon Valley il “locus”, la matrice e la pietra di paragone per un modello di sviluppo della quarta generazione industriale dell’Era informatica.

Abbiamo registrato un Renzi diverso, a suo agio in un confronto intellettuale impegnativo (impressionante notare come i tre sul palco sembrassero studenti universitari di fine corso, più che personalità “arrivate” in politica, giornalismo e saggistica!), attento a fare da testimonial più che da Premier, malgrado le non poche trappole tesigli da Cerasa stesso!

Per Renzi, dunque, il libro di Ross emana uno straordinario fascino verso il domani. Con alcune sottolineature politiche, da parte sua. In primo luogo, osserva come nella Ue ci sia un chiaro timore del futuro. Ross, invece, prova a tracciare alcuni ambiti futuribili di innovazione, delineando i nuovi “vincenti e perdenti” in questa sfida da lontano, dove i processi produttivi sono globalizzati ed a sempre più a bassa o nulla densità di mano d’opera, a causa dell’avanzare della robotica industriale. Parlando dei cambiamenti epocali, Renzi nota come oggi - al contrario di ieri - ognuno di noi venga costantemente tracciato, a causa dell’espansione dei “big data” che comportano sorprendenti accelerazioni in tutti i campi della conoscenza. Ma, ci dice in modo consolatorio, che: “Se il mondo che verrà è quello di Ross allora quel futuro è fatto per l’Italia, purché ci si faccia trovare pronti. Noi, infatti, possiamo essere un luogo molto interessante per il mondo di domani. Il discrimine sarà tra chi chiude e chi apre. Vedi il drammatico confronto di novembre 2016 Hillary-Trump...”.

Renzi, quindi, sostiene che: “Nonostante i perdenti, e saranno tanti, bisogna continuare a spingere verso la scommessa dell’innovazione, che rappresenta il mondo di domani. Alternativamente, il futuro sarà fatto di muri anziché di piazze... È vero: la classe media sarà decimata, ma si recupereranno immense risorse innovando in modo da creare nuova occupazione. Il domani è potenziale opportunità. Leggete il capitolo sui robot: troverete un mondo che fra dieci anni è già qui!”. Cerasa mette l’accento sulla rivoluzione digitale delle “App” (prodotte da singoli che si avvalgono di capitale di rischio degli investitori e che ne fanno la loro e la propria fortuna!), che rivoluziona il settore “mondiale” dei servizi, come quello del trasporto individuale privato (“Uber”, per esempio), o l’affitto di case-vacanza per periodi variabili, che solo in Germania ha reso benestanti parecchie migliaia di piccoli proprietari. Ma Ross non condivide il parallelo che fa Cerasa (citando Uber e il taxi tradizionale) nel chiedere “Chi, tra i politici moderni, svolge il ruolo innovatore di Uber e chi, viceversa, quello del vecchio tassista?”.

Perché, spiega Ross, un leader è solo un pilota: o finisce fuori strada schiantandosi contro un albero, o conduce il suo Paese nella giusta direzione. Tra i conducenti “virtuosi” l’autore colloca Renzi, Obama e Cameron. Tra gli altri, gli sfascisti, cita Trump e Corbyn. Interessante, peraltro, è la posizione di Renzi sul futuro che verrà: “Il lavoro più importante è quello del genitore. La politica si deve impegnare per garantire a tutti un’opportunità, anziché false certezze come il reddito di cittadinanza. Non si danno garanzie a chiunque, tranne nei casi di vera sofferenza e disagio. Il futuro non può essere fatto di grande tranquillità”.

E aggiunge come il suo Governo abbia fatto riforme necessarie per rimettere in moto il Paese, per far funzionare la macchina e dirigerla laddove più si investe sul capitale umano. “Perché si sgomita per entrare ad Harvard? Perché noi, per esempio, non siamo capaci di offrire grandi opportunità e attrarre i migliori. Dove vogliamo posizionare l’Italia in un mondo dell’innovazione nei prossimi venti anni? E se fosse Amazon a offrire una piattaforma mondiale ai nostri artigiani per gli scambi imprenditoriali? Io non ho un obiettivo numerico per l’occupazione. Contano i risultati, anche se non bastano a compensare l’ansia. Il vero problema dell’Ue è la mancanza di crescita demografica... La politica deve dare una visione per il futuro. Per ogni euro messo sulla sicurezza io dico che ne occorre mettere un altro sulla cultura, perché nel mondo di domani la nostra identità si forma dando alla Ue un senso più profondo della sua storia e delle radici culturali che la caratterizzano”.

Chiudo con la risposta di Ross a Cerasa, su “quale tipo di leader sia Renzi”. Un uomo nel Colosseo, un gladiatore, risponde l’autore, partendo dalla sua teoria del “Crespuscolo grigio”, dove alligna il limbo rooseveltiano del “Not victory nor defeat”. Bisogna, ci dice, avere il coraggio di azzardare e assaporare un tripudio dopo un fallimento. “Renzi vuole cambiare le cose ed essere nell’arena. E da qui ci sono tante iniziative che funzioneranno o potranno fallire! L’importante è rimettersi in piedi e ripartire”. E vale per tutti!


di Maurizio Bonanni