Tragedia del Potere, “Preamleto” a Teatro

giovedì 7 aprile 2016


Alle origini del sangue che chiama sangue, della pulsione che - accecandolo - guida il cinquecentesco principe danese creato dal genio shakespeariano. Produzione del Teatro di Roma, scritto da Michele Santeramo e diretto da Veronica Cruciani, interpretato da Massimo Foschi, Manuela Mandracchia, Michele Sinisi, Gianni D’addario, Matteo Sintucci, “Preamleto” – per la seconda settimana al Teatro Argentina di Roma (fino al 10 aprile) – va a concludersi dove l’Amleto inizia.

Frutto di una gestazione di sei anni, “lo spettacolo – ci spiega l’autore – nasce dalla volontà di raccontare il Potere, con l’obiettivo di spiegare, a me stesso innanzitutto, come esso modifichi sostanzialmente chi lo esercita. A partire da questa riflessione, pian piano io e Veronica Cruciani ci siamo avvicinati ad alcuni dei personaggi shakespeariani provando ad ipotizzare quello che gli succede prima, nella stretta relazione che ciascuno di loro ha con il potere. E abbiamo il re Amleto (che invece in Shakespeare ci appare soltanto come fantasma), il quale - essendo ormai malato, ma ancora sul trono - cerca di proteggere il figlio evitando che su di lui cada la necessità di comandare”.

Nel “Preamleto”, l’autorità impone una disumanizzazione, a partire dai rapporti interpersonali, anche nel privato.

“Per chi comanda – continua Santeramo – credo sia impossibile che ogni decisione presa si trasformi nel bene per tutti. Anche chi, oggi, vota una legge, farà certamente il bene del 99,9 per cento della popolazione, ma ci sarà una piccola percentuale che a causa di quella decisione magari peggiorerà la propria vita. Allora io sostengo che per esercitare il potere è necessario dimenticare in qualche maniera le proprie responsabilità, perché altrimenti come si potrebbe, la notte, andare a dormire tranquilli? Per questo dico che rappresenta una condanna”.

Uno dei cardini della pièce è anche la consequenzialità potere-assassinio- vendetta, presupposto di tutto il vissuto successivo di Amleto. Ed è qui lo scarto di Santeramo, l’apertura verso una diversa soluzione rispetto al dramma segnato, in qualche modo annunciata dalla ripetuta ironia che accompagna la perdita di memoria del sovrano.

“Dal mio punto di vista – questa la ricerca di un’altra prospettiva da parte dell’autore – la reazione della vendetta è una lezione che l’umanità ha imparato perfettamente; e se proprio il personaggio simbolo della nascita attraverso la vendetta dovesse, come suggerisce il re, cambiare opinione, chissà se anche noi potremmo cercare una strategia nuova. È quello che lui cerca di consigliare al figlio, ma Amleto è un personaggio nato esattamente per quello, e quello è destinato a fare in ogni caso”.

Michele Santeramo è uno dei nuovi autori più apprezzati, alle spalle un importante percorso collettivo e territoriale, Teatro Minimo, giunto poi al termine.

“Un’esperienza totalizzante per un lungo periodo della nostra vita, nel quale io e Michele Sinisi – conclude – abbiamo scommesso per tornare a produrre spettacoli nella nostra terra prima che ci fosse quella che è stata definita “la primavera pugliese”, perché ritenevamo che smarcarsi dalle logiche dell’appartenenza ai circuiti più istituzionali (per noi, all’epoca, troppo stringenti) potesse offrirci delle possibilità in più. Teatro Minimo ci ha dato l’occasione di fare esperienze sia in compagnia che con la gestione di progetti di residenza, poi è venuta l’esigenza di concentrarci di più sul nostro mestiere rispetto alle pastoie organizzative e burocratiche”.

E questo sembra aver avuto un effetto di amplificazione delle rispettive capacità. Dopo Roma, dove sta conoscendo notevole successo di pubblico e critica, il “Preamleto” - creatura generata da un immaginario viaggio a ritroso - si fermerà, per riprendere in tournée la prossima stagione, avendo tempo e modo di svilupparsi nella sua sfida ad una storia già decisa.


di Federico Raponi