“Remember”, un film di memoria e vendetta

mercoledì 2 marzo 2016


“Remember”! Ricordati! Ma che cosa significa ricordare quando si è affetti da demenza senile e si ha 90 anni, all’incirca? Il film omonimo, diretto dal regista canadese Atom Egoyan, con Christopher Plummer (nel ruolo di Zev, o lupo in tedesco) e Bruno Ganz (nelle vesti di Max) come protagonisti, è una sorta di matryoshka in cui i caratteri dei personaggi non sono mai quelli che appaiono. Sfilato il primo carattere di facciata, si scopre il secondo, e così via. Fino al nocciolo, in cui ha termine l’operazione-verità. E quanto può costare in energia, dolore e sofferenza tutta questa spoliazione progressiva? Moltissimo. Soprattutto quando si è passati, con uno sforzo sovraumano di mimesi, da una data forma al suo esatto opposto. E tutti questi personaggi in uno solo sono a loro modo marionette del destino-matryoshka individuale, per cui si è, contemporaneamente, vittime, carnefici e musicisti. Remember è la storia dell’ultimo passo cronologico dell’eredità di Simon Wiesenthal e della sua caccia ai nazifascisti, macchiatisi di orrendi crimini contro l’umanità, sfuggiti al processo di Norimberga.

Ma, a 70 anni dalla fine della guerra, che cosa significa seguire le tracce di chi, se fosse ancora vivo, sarebbe a un passo dalla tomba? E infatti, l’inseguimento rocambolesco di Remember passa attraverso i cronicari, per concludersi in una benestante villetta in legno di un buen retiro della provincia americana. La storia è quella di due anziani ebrei internati ad Auschwitz che si incontrano, ormai novantenni, nella stessa casa di riposo in cui sono ricoverati. Max, il primo di loro, lucidissimo, vive su di una sedia a rotelle per una gravissima insufficienza polmonare. Il secondo, Zev, è affetto da demenza senile e ha appena perduto la moglie Ruth. Quest’ultimo riceve mandato dall’amico di uccidere l’SS-Blockführer  (uno dei responsabili delle camere a gas del campo di sterminio) nazista che aveva annientato le loro rispettive famiglie. Max ha organizzato alla perfezione la missione di Zev, sincronizzando spostamenti, pernottamenti negli alberghi e l’acquisto di una potente arma, una supermoderna Glock, per uccidere il nazista sopravvissuto. Solo che Max ha un problema a più incognite da risolvere. In primo luogo, quattro diversi indirizzi per uno stesso cognome - Rudy Kurlander - corrispondenti ad altrettante persone diverse. Secondariamente, deve fare affidamento sulla mente labile di Zev che dimentica spesso dove e, soprattutto, il perché si trovi in un determinato posto. Sicché, Max annota i vari passaggi in una sua lunga e minuziosa lettera manoscritta, dando istruzione a Zev di depennare strada facendo le cose già fatte. L’unico collegamento tra i due resta il telefono fisso, dato che entrambi non usano il cellulare. Che succede se Zev, dopo un lungo calvario di errori, arriva al terzo indirizzo e scopre non solo che il potenziale assassino ha reso l’anima a Dio, ma ha lasciato dietro di sé addirittura un figlio fanatico nazista che lo aggredisce assieme al suo cane lupo?

E come fa Zev, che sembrerebbe non aver mai visto un’arma in vita sua, a centrare in pieno il cane mentre spicca il salto per azzannarlo e subito dopo ad abbattere con due colpi secchi, uno diritto al cuore e l’altro in piena fronte, l’aiutante sceriffo neonazista? Chi è Zev? E chi è davvero colui che sta braccando? La soluzione la dà l’ultima sequenza, quando i due nemici giurati, ormai novantenni, si incontrano. Testimoni del dramma, il figlio di Zev (che è riuscito disperatamente a rintracciarlo inseguendolo per tutti gli States, dopo che l’anziano padre era evaso dalla casa di cura senza più dare notizie di sé), e due donne, la figlia e la giovane nipote di Rudy Kurlander, che apprendono pietrificate le orribili verità del vissuto di Zev e di Rudy, fino allora rinchiuse nel sarcofago di Auschwitz e dell’Olocausto. Adatto soprattutto ai giovani che non sanno e a quelli molto in avanti con l’età che hanno forzatamente dimenticato.


di Maurizio Bonanni