Festa del cinema, 10 anni tra i dubbi

giovedì 22 ottobre 2015


Il festival del cinema di Roma, creatura di veltroniana memoria quest’anno ha compiuto 10 anni, riacquistando il nome di Festa, tanto voluto dal suo primo ideatore. La kermesse di quest’anno che, inaugurata lo scorso venerdì 16 si concluderà il prossimo sabato 24 ottobre, è ormai a metà del proprio tracciato, ma solleva diversi e molteplici quesiti. Ci si interroga in primis sul concetto di festa che, nel senso più omnicomprensivo del termine, si prefiggeva di essere un evento “popolare”, inclusivo e quindi caratterizzato da un forte legame con la città. La direzione del raffinato intellettuale Antonio Monda – subentrato a Marco Muller che, tra mille polemiche, aveva guidato tre edizioni, dal 2012 al 2014 – sembra in verità più in linea con un festival elitario come quello della cittadina svizzera di Locarno piuttosto che con una kermesse i cui veri obiettivi sfuggono ai più. Con l’arrivo di Monda il festival, tornato festa, ha cambiato pelle, trasformandosi però in un animale senza testa: una selezione estremamente ristretta di titoli, appena 36, si accompagna all’assenza di premi e ad un red carpet quasi del tutto fantasma. Esiste certo il MIA, il Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, quest’anno alla prima edizione dal 16 al 20 ottobre, ma le due “creature” appaiono quasi del tutto autonome e sganciate tra loro. L'eliminazione del concorso vuole dar ragione a quanti per anni hanno sostenuto l'inutilità - e la dispersione di risorse ed energie - messa in campo con la promozione di due festival invece che uno: Venezia e Roma. Non siamo così convinti che l'eliminazione della kermesse capitolina sia necessariamente un elemento positivo, è chiaro però che al momento il progetto della manifestazione romana ha contorni troppo sfocati e non brilla per chiarezza di obiettivi.

Complice la scarsità di risorse – il festival di quest’anno è stato realizzato all’insegna dell’ormai dominante quanto trasversale spending review – e la quasi totale assenza di star e vip, si registra un calo di presenze e di affluenza causato da flussi ridotti di spettatori e operatori del settore. Anche se l’atmosfera risulta essere un po’… in sordina si rintracciano comunque titoli interessanti tra quelli proposti. Da segnalarne almeno due. Il primo è certamente “Truth”, di James Vanderbilt, presentato il primo giorno, che racconta del così detto “Rathergate”, ovvero dell’inchiesta, promossa dalla Cbs e Dan Rather sui (presunti) favoritismi ricevuti da George W. Bush, che gli consentirono di fare il militare nella Guardia Nazionale anziché partire per il Vietnam. La storia emerse a poche settimane dalle presidenziali americane del 2004 ma fu clamorosamente affossata. I tristi esiti furono rinvenibili in una Cbs sull’orlo del collasso, nel fatto che Mary Mapes, giornalista di punta dell’emittente fu costretta al licenziamento e Dan Rather invitato alle dimissioni. Un caso di mala politica oltreoceano??? Altro titolo di spicco, presentato nella quarta giornata di “festa” è “The Walk”, film 3D di Robert Zemeckis (regista, tra gli altri, di titoli di grande notorietà come “Ritorno al futuro” o “Forrest Gump”) ispirato alla storia vera del funambolo francese Philippe Petit che, nel 1974, lasciando New York con il fiato sospeso, senza alcuna protezione, attraversò lo spazio tra le due torri del World Trade Center camminando su un cavo di acciaio.

Anche se il senso reale di questo festival-festa dai contorni incerti è ancora in buona parte oscuro – e forse è anche prematuro fare bilanci – questi elementi non dovrebbero comunque scoraggiare cinefili incalliti ed assetati di immagini che potranno godere, ancora per qualche giorno di proiezioni inedite da mattina a sera.


di Elena D’Alessandri