Noir italiano

martedì 11 agosto 2015


L’America degli hippies, dei freak, dei fattoni, dei mondi psicheledici alternativi, alla fine è riuscita a prendersi in giro da sola. A trovarsi gli stessi difetti umani, troppo umani di tutti gli altri, già riscontrati nel passato e destinati a ripetersi nel futuro. A ridere del suo stupido pacifismo. A far incontrare tirapiedi fumati e piedipiatti reazionari nei sogni adolescenziali di giovani ragazze pronte a tutto tra le diaboliche comunità sociali di Manson ed i reclusori minorili.

L’informatore eroinomane si riconosce nel suo governo kennedianixoniano, anch’esso tossicodipendente come lui, in perenne overdose da bare di ritorno dal Vietnam. Ognuno su questa terra è strutturalmente un vizio di forma, con la sua rota da percorrere senza fine. Questo insegna il grande romanziere postmoderno Thomas Pynchon, che ha di nuovo legato assieme la straordinaria lucidità e l’alterazione mentale del drogato Sherlock Holmes, trasportando nel Californication Sessanta e Settanta, l’investigatore privato Doc Sportello di Gordita Beach, un redivivo Philip Marlowe dalla marijuana al posto della brillantina.

Ogni agosto, invece, l’Italia ripercorre cupamente gli ossessivi riti di celebrazione dei suoi misteri, gelosamente custoditi. Torna ai suoi anni Sessanta e Settanta sempre più torva, rincoglionita, senza fare un passo in avanti che sia uno, neanche di lato. Signorini e signorine impegnati quotidianamente a smantellare con sadico piacere tutti gli ideali dietro ai quali si sono nascosti per fare carriera, si assiepano cinicamente accanto agli ingrigiti capi da loro trombati, con i sempre più vecchi eredi delle vittime e con i numerosi più giovani pronipoti, acquisiti e diretti. Svolgono tutta la funzione, diritti e impegnati, taccati e gessati, nascondendo dietro gli occhiali neri le vecchie e nuove dipendenze di gioco analogico e digitale, le cinquanta e più sfumature di nero siciliano. Non sono sazi.

Non sono sazi di tutti gli articoli incassati, a sostegno della storia delle stazioni e delle loggie d’arte saltate in aria, raccontate come volevano; non lo sono delle sentenze ottenute, a giudicare come volevano, non lo sono delle prestorie bignamine redatte dalle commissioni parlamentari, come volevano, preparate per gli storici pigri che verranno. Non lo sono perché il mistero del grande noir politico non deve morire mai. Anche se è ormai un grande cadavere, disfacente per quanto botulinato di cera, il bau bau delle stragi, il mostro nero delle bombe, il lupo cattivo degli attentati, l’oscuro terrore della politica italiana che minaccia sempre il Paese, deve restare presente. Anche se si sono scordati senso, motivi e scopi che avrebbero mosso i malvagi mandanti. Le folle seguono, nel passaggio delle generazioni, tossicodipendenti del miraggio. Sentono dire rinascimento e capiscono risarcimento.

Da Doyle, ad Hammet, da Chandler a Roy e Pynchon, il noir americano porta a galla il punto oscuro della modernità. Superandolo, Doc Sportello potrà passare dall’infinita introspezione del tossico che si fa, alla sana stupidità del capitalista Forrest Gump che, senza volerlo e saperlo, fa.

Nell’imbalsamato noir italiano, nessuno guarda in faccia la modernità perché non c’è. Mezze fricchettone di famiglia passano in rassegna i bottoni dei grand commis d’Etat. Irregolari di forma del viso e della barba, fanno la squadra alle regolarità formali dei lavoratori da disciplinare. La genialità dei Forrest Gump è solo un dato di fatto da tassare. I martiri devono restare risorti finché risarcimento non arrivi. I mandanti non hanno età. Brutta storia senza riso e sorriso, pesante passaggio da drogati astinenti, incubo psichedelico, non è un libro. Il noir italiano è realtà. Imprigionata dai pusher della (fu) politica.


di Giuseppe Mele