Il “divo” Augusto raccontato da Canfora

venerdì 10 luglio 2015


Esiste una distanza temporale incolmabile tra l’epoca contemporanea e il mondo antico. Grazie ai libri dei grandi studiosi e scrittori è possibile superare questo ostacolo, che si frappone alla esatta visione di quanto accadde nelle fasi essenziali della storia Romana. A questa categoria di libri appartiene il saggio di Luciano Canfora intitolato “Augusto il figlio di Dio” (Ed. Laterza).

Nella prima pagina di questo monumentale e prezioso libro, Canfora ricorda che i condottieri Romani, dopo avere conosciuto i fasti legati alle vittorie militari conseguite durante la loro carriere politica, erano per educazione culturale propensi a consegnare i propri ricordi a dei libri di memorialistica, il cui modello fondamentale era rappresentato dai Commetarii di Giulio Cesare sulla guerra civile di Roma. Purtroppo i Commentarii, di cui fu autore Ottaviano Augusto, sono andati smarriti. Canfora, nel tentativo di chiarire e offrire al lettore un quadro preciso ed esatto di quanto avvenne negli anni in cui si ebbe quella che il grande storico Mommsen chiamò il secolo della Rivoluzione Romana, confronta, interpreta e chiosa i testi di diversi autori, soprattutto la Storia Romana di Appiano, scritta in greco, da questo colto funzionario imperiale, successivamente divenuto procuratore a Roma.

L’interesse che suscita l’opera di Appiano, ingiustamente trascurata e a cui fece riferimento Shakespeare per scrivere il Giulio Cesare, è enorme, poiché nella sua opera storica si trovano le descrizioni e i racconti degli eventi capitali che segnarono il passaggio, dopo il secolo della guerra civile a Roma, dalla Repubblica al Principato imperiale. Nel libro Canfora, con la sapienza del filologo erudito e geniale, dimostra che Appiano fu un grande storico poiché seppe individuare i fattori economici e materiali, per spiegare sia gli avvenimenti storici sia i comportamenti dei suoi principali protagonisti.

Inoltre nella sua opera, di cui sono rimasti i libri dedicati alla guerra civile mentre sono andati perduti gli altri quattro libri riguardanti l’antico Egitto, Appiano ha saputo, tenendo presente il metodo storiografico di Erodoto e Tucidide, scomporre e ricomporre il racconto tracciando una distinzione tra le guerra civili tra i capi parte romani, e quello esterne, con le nazioni straniere. Grazie a questo metodo, con cui Appiano ha dato una forma organica e precisa alla sua narrazione, nella sua opera storica emerge che Ottaviano Augusto è riuscito a coniugare la conservazione e la rivoluzione conferendo un ordine stabile e duraturo alle istanze politiche dovute alle intuizioni di Giulio Cesare.

Canfora è riuscito, dopo avere stabilito un confronto con le fonti antiche, a capire il metodo di lavoro di Appiano, il quale non si limitava a riprodurre brani tratti dalle opere degli latri storici, ma li rielaborava, aggiungendovi i suoi personali e lucidi giudizi. Per gli storici del mondo antico, l’inizio del secolo delle guerre civili a Roma si fa risalire abitualmente alla seditio gracchana, alla rivolta promossa da Tiberio e Caio Gracco. In seguito vi fu anche la ribellione degli schiavi, di cui Spartaco fu uno dei principali protagonisti. Poi si ebbe il conflitto tra Mario e Silla, e la dittatura di quest’ultimo. Il primo triunvirato tra Cesare, Pompeo e Grasso dimostrò che l’assetto costituzionale misto, esaltato e ritenuto irrinunciabile da Polibio nel sesto libro delle sue storie e che sembrava avere trovato attuazione nella Roma Repubblicana, era entrato definitivamente in crisi e si era incrinato.

Le idi di Marzo, con l’uccisione in Senato di Giulio Cesare, diedero l’inizio ad una fase di grande convulsione a Roma, in seguito alla quale si scatenò un conflitto tra le parti e le fazioni presenti a Roma. Con la battaglia di Filippi, con cui vennero sconfitti Bruto e Cassio, autori dell’attentato contro Giulio Cesare, vinta da Antonio e Ottaviano e Lepido, si crearono le condizioni che favorirono, secondo gli storici antichi, la fine della Repubblica Romana. Ottaviano, che era divenuto console con il sostegno di Cicerone a diciannove anni, fu animato dalla volontà politica di vendicare Giulio Cesare, suo padre adottivo, e di cui era l’erede designato. Come risulta nell’opera di Anneo Seneca, padre del filosofo, che fu autore del libro andato perduto Historiae ab initio bellorum civilium, e da cui Appiano ha attinto molte notizie e descrizioni fondamentali, con Ottaviano Augusto si ebbe il ripristino della monarchia, la creazione di un nuovo ordine politico e la nascita di una dinastia imperiale.

Ottaviano fu abile e scaltro nel sottrarre, dopo che il triunvirato cha aveva costituito con Marco Antonio e Lepido era durato oltre dieci anni, le zone di influenza assegnate in base al patto ai suoi alleati, fino alla battaglia di Azio, che segnò la definitiva sconfitta di Antonio, e la nascita del principato imperiale. Ma, secondo il giudizio dei principali storici, Sallustio, Livio, Varrone, Vellio, Floro, Appiano, il capolavoro politico realizzato da Ottaviano Augusto consistette nel dare vita ad una trasformazione del sistema di potere, quella carismatico religiosa, sicché il Principe venne divinizzato in vita e avvolto da una aura sacra e inviolabile.

Di grande interesse è l’attenzione che Canfora nel libro dedica alla storia ufficiale, prediletta da Ottaviano Augusto e compiacente verso il Principe assoluto, e la contro informazione, che sullo stesso periodo storico venne scritta dagli storici indipendenti. A questo proposito appare necessario citare e menzionare il giudizio di Tacito sull’era di Ottaviano Augusto, insofferente e intollerante verso gli intellettuali liberi e autonomi, per il quale durante gli anni che segnarono l’avvento del principato si ebbe il doloroso sacrificio della libertà in cambio della pace. Preziose sono, per comprendere questi avvenimenti storici, le lettere scritte da Cicerone ad Attico. Ma davvero Ottaviano Augusto, che voleva restaurare la morale antica e il mos maiorum, riuscì, dopo il secolo contrassegnato dalla cruente e dolorose guerre civili, a riconciliare le parti dei Romani e ad assicurare la pace?

In realtà, come risulta dai maggiori storici del mondo antico, anche durante il suo regno, durato cinquantasette anni, non mancarono gli episodi eversivi, tentativi di congiure e ribellioni e sedizioni soffocate con spietata e brutale repressione. Ottaviano fu attento verso gli storici, poiché non voleva che la sua immagine pubblica fosse offuscata dal ruolo che ebbe nell’infliggere le proscrizioni ai Cesaricidi insieme con Ottaviano e Lepido durante il secondo triunvirato. Livio dovette pubblicare, dopo la morte di Ottaviano Augusto, la parte della sua monumentale storia, in cui questo argomento veniva trattato e narrato.

Cassio Dione con un giudizio netto ha sostenuto che la prima parte della vita politica di Ottaviano fu criminale, si pensi alla repressione di Perugia perpetrata dal giovane Ottaviano, mentre la seconda fase fu mite e vissuta all’insegna della clemenza. Gli intellettuali e gli scrittori, Ovidio, Virgilio e Orazio, sotto il dominio del principato augusteo subirono un forte condizionamento culturale e ideologico. Questo di Canfora è un capolavoro letterario e storiografico.


di Giuseppe Talarico