“Traditori”, una storia politica e culturale

lunedì 15 giugno 2015


Volgere lo sguardo verso il passato offre la possibilità di comprendere sia l’origine del mondo moderno sia la natura umana.

Marcello Flores, storico di fama e saggista straordinario, è l’autore di un libro bellissimo intitolato “Traditori. Una storia politica e culturale”, edito in Italia dalla casa editrice il Mulino. Il libro affronta il tema del tradimento tenendo presenti due ambiti fondamentali nei quali l’indagine storica è indirizzata; quello pubblico, vale a dire le vicende politiche dal mondo antico alla prima guerra mondiale e quello privato, ovvero le opere letterarie che hanno rappresentato l’adulterio. L’autore osserva che il tradimento è stato lungo i secoli considerato la rottura e la violazione di un legame di fedeltà e lealtà tra le persone, i cittadini e le istituzioni politiche.

Nella prima parte di questo libro, che si presenta come uno straordinario affresco storico, si racconta il primo episodio di tradimento, legato alla letteratura, di cui si ha notizia nell’opera di Omero. Palamede dimostra che Ulisse si è finto pazzo per non lasciare Itaca e andare a combattere a Troia, così lo smaschera costringendolo a partire per la guerra. Durante l’assedio di Troia Ulisse accusa di tradimento Palamede e mostra ad Agamennone una lettera falsa di Priamo, dalla quale emerge in modo inequivocabile il tradimento. Questo episodio viene citato in apertura del libro da Flores poiché mostra come l’accusa di tradimento è stata nella storia spesso usata per eliminare gli avversari politici.

L’altro grande episodio è narrato da Tito Livio nella sua opera sulla storia di Roma. Tarpeia, figlia del guardiano del Campidoglio, durante l’assedio dei Sabini che volevano ottenere la liberazione delle loro donne sequestrate dai romani, in cambio del dono di alcuni gioielli diede le chiavi ai nemici. Per questo tradimento venne condannata a morte e la rupe dalla quale erano gettati nel vuoto i traditori di Roma da quel momento portò il suo nome: la Rupe Tarpea.

Nella storia greca vi è il caso stupefacente di Milziade che, pur avendo vinto nel 490 a.C. la battaglia di Maratona, fu ingiustamente accusato di tradimento e, successivamente, condannato per questo motivo al carcere, nel quale morì. Durante la guerra del Peloponneso, come risulta dal racconto di Plutarco, vi furono ventisette episodi di tradimenti pubblici prima che Atene fosse sconfitta da Sparta. Proprio Temistocle venne accusato di tradimento per avere cercato di raggiungere un accordo con gli spartani, nemici di Atene. Questi episodi, con cui si apre questo libro, dimostrano come l’idea del tradimento sia mutata e cambiata lungo i secoli al di là della definizione che né è stata data dai filosofi e dai giuristi. Infatti, nel mondo antico, si configurò il reato di crimen maiestatis che si riferiva ad ogni comportamento capace di offendere, minacciare e attentare alla sicurezza del re e del governo. Così come prese forma l’idea della damnatio memoriae, vale a dire la condanna all’oblio a cui erano destinate e votate le persone ritenute responsabile del reato ignobile e infamante di tradimento.

Come mostra Marcello Flores nel suo libro raccontando le vicende politiche accadute in molti paesi europei, la figura del traditore lungo i secoli spesso coincideva con quella del ribelle, del voltagabbana, del cospiratore, del dissidente, dell’eretico e dell’eversore dell’ordine politico costituito. Non è mai avvenuto nella storia che un vincitore sia stato considerato un traditore. Charles Maurice de Tallyrand, un uomo che conservò il potere sotto diversi regimi, sostenne a questo riguardo che il tradimento è una questione di date. Nel medioevo la figura del traditore che ha ispirato le opere artistiche e letterarie è quella di Giuda; si pensi alle opere di Giotto, di Lorenzetti e al Canto XXXIV dell’Inferno di Dante.

Nella “Chanson de Roland”, Gano di Maganza tradisce Carlo Magno nel tentativo di favorire i nemici, i Saraceni. Ma la prima legge in cui il reato di cospirazione contro il re equivaleva a quello di tradimento viene promulgata da Edoardo III d’Inghilterra nel 1351. In seguito alla separazione della chiesa d’Inghilterra da quella cattolica, ai tempi di Enrico VIII e durante il regno di Elisabetta I, vi fu un’espansione ed un inasprimento delle leggi sul reato di tradimento per rafforzare e consolidare il potere del sovrano. Proprio in questo periodo si verificò il famoso episodio della congiura delle polveri con la quale alcuni inglesi di religione cattolica tentarono di distruggere la corte reale. In questo contesto storico prese forma il grande testo di Shakespeare “Macbeth”, nel quale il potere viene conquistato dopo un caso famoso di tradimento da parte di Macbeth ai danni del precedente sovrano.

La guerra di indipendenza contro l’Inghilterra, con cui vennero fondati gli Stati Uniti d’America nel 1778, rese possibile la rivoluzione americana. Conseguentemente ad essa vi fu la formazione della Carta Costituzionale degli Usa nella quale, ed è l’unica ad averlo sanzionato, è contemplato il reato di tradimento contro la Nazione e lo Stato. Il generale Benedict Arnold, durante i momenti più delicati ed incerti della rivoluzione americana, tradì George Washington schierandosi con gli inglesi dai quali ricevette prebende, sostegni e privilegi.

Ovviamente Flores osserva come l’idea del tradimento cambiò e mutò radicalmente dopo che con l’illuminismo e la rivoluzione francese si diffuse la cultura dei diritti, si ebbe l’avvento della borghesia, si formò una società di libero mercato e prese forma l’idea dello Stato nazionale. Luigi XVI e Maria Antonietta, dopo la presa della Bastiglia e il tentativo del re e di sua moglie di fuggire dalla Francia in preda ai moti rivoluzionari, dalla convenzione furono condannati a morte con l’accusa di avere cospirato contro lo Stato. Ma anche durante il terrore instaurato da Robespierre, capo dei Giacobini e nemico dei Girondini, l’accusa di tradimento e cospirazione venne rivolta agli avversari per eliminarli dalla lotta politica all’interno della convenzione.

Dopo la rivoluzione del 1848, il maresciallo Radetzky inflisse pene durissime ai cospiratori contro l’impero austro ungarico accusati di tradimento verso l’ordine costituito. Per tradimento vennero condannati a morte, in un primo momento, Piero Maroncelli, Silvio Pellico e Antonio Canova; successivamente la pena venne commutata nella dura detenzione dentro la famosa fortezza dello Spielberg, all’interno della quale furono rinchiusi. In Inghilterra, dopo la fine della rivoluzione del 1660, Oliver Cromwell e Thomas Pride, anche se già morti, furono condannati per tradimento con l’accusa di essere stati regicidi e i loro corpi vennero esumati ed esposti al pubblico.

Marcello Flores ricorda che in Inghilterra dopo la rivoluzione del 1688 il tradimento venne usato come arma politica nelle lotte di potere, sia durante il regno dei Tudor che in quello degli Stuart, prima dai parlamentari contro la corona e poi dalla corona contro i vincitori della rivoluzione. In una parte di questo libro di grande erudizione Flores nota che il tradimento presenta due aspetti fondamentali, quello razionale legato all’osservanza e alla possibile violazione delle leggi codificate dagli stati e quello emotivo e irrazionale dovuto ai sentimenti di appartenenza ad una comunità oppure ad un’identità politica e culturale. In letteratura il tradimento e l’adulterio nelle relazioni matrimoniale e sentimentali è stato descritto da scrittori immensi come Gustave Flaubert in “Madame Bovary” e Lev Tolstoj in “Anna Karenina”. Tuttavia con la nascita del mito del libertino muta il ruolo della donna e dell’uomo votato alla seduzione, come ha mostrato il grande Mozart nel suo “Don Giovanni”.

Belle sono le pagine nelle quali per indagare le relazioni sentimentali e il modo in cui sono mutate Flores analizza e interpreta le opere letterarie di Samuel Richardson autore del romanzo epistolare “Clarissa” e di François Choderlos de Laclos che ha composto il libro dal titolo “Le relazioni pericolose”. Il romanzo di spionaggio, si pensi al libro “L’agente segreto” di cui è autore Joseph Conrad, illustra come nel tempo moderno cambia la percezione soggettiva e oggettiva della figura del traditore. Il processo contro Alfred Dreyfus, accusato in Francia di tradimento solo perché ebreo, è significativo del nuovo clima politico e culturale. Infatti all’inizio del nuovo secolo Virginia Woolf scrisse che il carattere umano era cambiato radicalmente, una frase memorabile. La nascita delle ideologie novecentesche condizionò le relazioni tra le persone.

Questo libro che gronda erudizione da ogni pagina merita di essere letto e studiato.

 

 

 


di Giuseppe Talarico