Youth, risposta surreale alla colpevolizzazione dei pensionati

sabato 23 maggio 2015


Magari Paolo Sorrentino neppure ne è perfettamente conscio, ma questo bellissimo e surreale film, “Youth”, dal 20 maggio al cinema in contemporanea con la presentazione al Festival di Cannes, rappresenta la risposta ideale alla vigliacca colpevolizzazione dei pensionati, anche “d’oro”, che hanno il solo torto di tentare di godersi la vita dopo decine di anni di lavoro. Il tutto in un Paese punizionista come l’Italia, che erige l’informazione a strumento di propaganda e di messa alla berlina dei “ricchi che non piangono”. E non fanno neanche finta di farlo. Meno provocatorio della “Grande bellezza”, ma altrettanto simbolico, “Youth”, che alcuni, molto poco originalmente, hanno subito etichettato con “La grande vecchiezza”, è in realtà il ritratto cinico e doloroso di un mondo costretto a rinchiudersi in se stesso per via dell’età.

In una società spietata come quella occidentale, con punte di sadismo come quelle che si registrano in queste settimane in Italia nel dibattito, in perfetta disonestà intellettuale, innestatosi dopo la sacrosanta sentenza numero 70 della Corte Costituzionale che ha detto allo Stato di restituire, sia pure gradualmente, ma a tutti, anche ai ricchi che non piangono, i soldi delle modeste indicizzazioni del reddito pensionistico al costo della vita. E di porre rimedio al “crimine e al misfatto” del duo Fornero-Monti. A chi in questi giorni è arrivato a dire in cosciente e pervicace malafede che le pensioni retributive erano regalate e andavano ricalcolate con il contributivo, e che l’articolo 81 della Costituzione sarebbe il cardine di tutto, trasformando di fatto un Paese democratico in una sorta di bottega da pizzicagnolo, è consigliabile andarsi a vedere i dialoghi tragicomici dei due super pensionati di lusso del film di Sorrentino.

Un regista e un grande direttore d’orchestra, che con i soldi si comprano la permanenza in un tristissimo resort di lusso, magari bellissimo, in Svizzera. Un albergo che sembra tanto una clinica da suicidi assistiti. Dentro, Sorrentino, con la propria visionarietà simil-felliniana, ci mette di tutto e di tutti: da Maradona a miss Universo fino ad uno stuolo di donne irrisolte, tra cui la figlia del personaggio interpretato da Harvey Keitel. Mentre per Jane Fonda solo un drammatico passaggio a fine pellicola in un personaggio da agnizione: Melanie, la mitica moglie del musicista interpretato da Caine, quello che non voleva più dirigere orchestre, neanche su richiesta della regina d’Inghilterra, dopo la sua morte. Una morte che però si scoprirà non essere reale, ma solo metaforica: la donna interpretata da Fonda in realtà è rinchiusa da anni in una clinica per malati di Alzheimer e neanche riconosce il marito quando la va a trovare in segreto.

Per il resto la trama è semplice: Fred e Mick, uno compositore l’altro regista, stanno trascorrendo una vacanza nel su citato resort. Fred è anche accompagnato dalla figlia che lo assiste “amorevolmente” e soprattutto lo colpevolizza dopo la morte della madre. Lei non sa ovviamente il risvolto del ricovero nella clinica dei malati di Alzheimer. Mick-Keitel ha velleità di completare una sorta di testamento-film insieme ad alcuni giovani sceneggiatori. Ma deve fare i conti con le bizze della sua ex musa che dovrebbe svolgere il personaggio protagonista. Nell’ospizio di lusso anche un attore che sta studiando una parte per un film importante, ma che si lamenta perché è diventato famoso e come tale fermato per strada solo per un film tipo Mazinga in cui di lui neanche si vede il volto. Poi ci sta Miss Universo in vacanza premio, quella che entra nuda in piscina osservata da Caine e Keitel, ideale odierna Susanna tra i due “vecchioni” post moderni, c’è Paloma Faith che interpreta se stessa, e c’è pure un Maradona obeso e sfasciato che si diverte a palleggiare con una pallina da tennis per ore. Il tono del film è malinconico e grottesco. I dialoghi sono tragicomici, come quando all’inizio Fred e Mick discettano su quanta pipì riescono ancora a fare quando di svegliano al mattino e di quanto a quell’età una buona pisciata equivalga ad un orgasmo.

Questi sono quindi i modelli esistenziali di ricchi pensionati che Renzi e Padoan vorrebbero punire. Per fare finta di rilanciare l’occupazione giovanile. In realtà per controllare socialmente il Paese oltre che per adempiere i desiderata dell’Unione europea, che oggi ha sostituito nell’immaginario collettivo la ex Unione Sovietica, se possibile anche peggiorandone le condizioni di vita. Tanto che la gente, anche i cittadini dell’Est europeo, comincia a rimpiangere i tempi in cui lo Stato totalitario garantiva casa e istruzione per loro e per i loro figli. La famosa eterogenesi dei fini? Certo che quando politiche economiche basate sull’austerità, il pauperismo indotto da banche e fisco e un uso ossessivo di media servili (per conto dei grandi istituti di credito che li posseggono, vedi caso “Corriere della Sera”) in tematiche come la lotta all’evasione fiscale (e persino alla corruzione), inducono le persone a ritenere che la libertà non sia più un valore supremo se parametrata a un benessere che ormai è solo nei ricordi, allora il pericolo di qualche cosa che ricorda tanto l’Europa degli anni Trenta non è più un’ipotesi da film di fantapolitica.

Pregasi quindi gli addetti ai lavori di andare a vedere “Youth” di Sorrentino prima di recarsi nella loro seconda casa catodica a sparare cazzate a tutto spiano nei talk-show contro pensionati d’oro, che secondo certi personaggi sarebbero quelli che guadagnano 1700 euro netti al mese.

 

@buffadimitri


di Dimitri Buffa