Cannes e i deficit del nostro cinema

mercoledì 20 maggio 2015


C’è chi sostiene da anni che i film che riscontrano ampio consenso nei festival e nelle rassegne cinematografiche con grande difficoltà riescono ad avere presa sul grande pubblico. Ed anche la 68° edizione del Festival del Cinema di Cannes ce lo ha confermato. Quest’anno l’Italia ha tre registi di calibro sulla Croisette: Nanni Moretti con “Mia madre”, Matteo Garrone con “Il racconto dei racconti” e Paolo Sorrentino con “Youth”.

Dieci minuti di applausi per “Mia madre”, giudicato dal Sunday Times il più bel titolo in gara, acclamato dalla televisione pubblica tedesca Zdf, l’ultima opera di e con Nanni Moretti è ormai in corsa per la Palma d’Oro. Moretti, per la settima volta a Cannes, ha ritrovato in Costa Azzurra lo stesso inatteso e travolgente successo che lo aveva portato a vincere, nel 2001, la Palma d’Oro con “La stanza del figlio”. E anche questa volta il successo internazionale sembra essere di gran lunga superiore a quello riscosso in patria. Il film ha incassato finora al botteghino circa 3 milioni di euro, una cifra che non va certamente disdegnata, ma che non è sicuramente da capogiro. A far da contraltare a questi magri incassi il titolo è stato venduto in 30 Paesi, compresi Usa e Giappone. Un bel risultato per il cinema italiano che sembra attraversare una fase di grande creatività, anche se di carenza di risorse.

Una cosa è certa. Moretti lo si ama o lo si odia. Ha un modo tutto suo di fare cinema che da sempre – fin dai tempi di Bianca (1984) – non lascia indifferenti. “Mia madre” è un film difficile, che sovrappone diversi livelli narrativi. Da filo conduttore la malattia e quindi una morte annunciata, quella della madre di Moretti e di Margherita Buy che nel film interpreta la sorella di Nanni nonché una regista impegnata sul set di un film di denuncia sulle condizioni del lavoro in fabbrica. Forse a volte un po’ lento, il film riesce comunque a passare dall’ironia al dolore, conciliando abilmente lacrime e sorrisi. È un film che, a giudizio di chi scrive, va visto a cuore aperto, senza barriere protettive che tanto abilmente schermano la nostra emotività. Prima della proiezione, il regista, intervistato dall’Ansa, ha usato parole forti di denuncia verso lo stato di disinteresse, misto a sciatteria, che si vive in Italia nei confronti del cinema, sia come arte che come industria.

E questo, ha sostenuto Nanni, appare ben più evidente dopo aver respirato l’aria di Cannes dove il cinema viene trattato come una cosa seria. La presenza di tre registi di calibro in gara, ha proseguito Moretti – oltre a lui, Garrone e Sorrentino – non è certo frutto di una strategia di sistema, ma soltanto del caso, ovvero della professionalità dei singoli. Il ministro Dario Franceschini, a capo del dicastero dei Beni culturali, non ha potuto che confermare lo scenario, sostenendo però che “d’ora in poi sarà diverso”. Di certo il ministro ha mostrato interesse e sensibilità verso la settima arte, innalzando la percentuale di risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo dedicate al cinema, estendendo il tax credit all’audiovisivo non cinematografico e istituendo un tax credit per le sale.

Di strada da fare ce n’è ancora tanta, ma il nostro cinema merita questo impegno, anche se ad accorgersi dei nostri talenti spesso sono soltanto gli stranieri.


di Elena D’Alessandri