Come sta il nostro cinema?

sabato 9 maggio 2015


Il 5 maggio scorso, come di consueto, l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive – Anica, in collaborazione con la Direzione generale per il cinema del Mibact, ha presentato il nuovo volume “Tutti i numeri del cinema italiano 2014”.

La presentazione è stata l’occasione per il ministro Dario Franceschini di ribadire il proprio impegno per la filiera e ricordare gli interventi finora messi in atto per il rilancio del comparto dal suo arrivo al dicastero di via del Collegio Romano, dall’estensione del tax credit all’audiovisivo non cinematografico al sostegno alle sale. Il ministro ha offerto una lettura entusiastica dello scenario sostenendo che “ormai tutti sanno che l’Italia può offrire condizioni ineguagliabili per il cinema”.

Noi riteniamo più giusto l’uso del condizionale, ovvero potrebbe offrire… È innegabile che gli ultimi mesi abbiano registrato l’afflusso di importanti produzioni internazionali sul suolo italico e nella Capitale, tanto da far parlare di una “Hollywood sul Tevere”… Basti in tal senso citare il remake di Ben Hur (con tanto di riprese sulla spiaggia di Torvaianica che tante polemiche ha sollevato) o gli inseguimenti di 007 (anch’essi non esattamente esenti da aspre critiche). Ma basta davvero questo per sostenere che il cinema italiano gode di buona salute? Neanche il presidente dell’Anica, Riccardo Tozzi, sembra più esserne tanto convinto.

Stando ai numeri, il quadro fotografato mostra uno scenario contraddittorio. Aumentano i titoli ma non le risorse. Il 2014 ha infatti chiuso l’anno con ben 201 titoli, di cui 194 di iniziativa italiana. A fronte di questo incremento, si è registrato un calo nelle coproduzioni, e quindi un ripiegamento sulla produzione 100 per cento made in Italy. In aggiunta, lo scenario ha evidenziato un aumento di risorse molto limitato rispetto al numero di titoli prodotti. I 38 film in più rispetto a quelli prodotti nel 2013 hanno apportato soltanto 12 milioni di euro aggiuntivi, evidenziando la crescente frammentazione degli investimenti e il conseguente calo di budget per titolo prodotto. Il costo totale dei film di nazionalità italiana è calato da 335 milioni di euro del 2013 a 323 milioni del 2014. Buona parte dei film italiani sono stati a “budget basso”. I film entro gli 800mila euro sono passati da 80 a 112, mentre sono rimasti stabili quelli che hanno beneficiato di stanziamenti pari a 2,5 milioni di euro (investimenti comunque inferiori alla media europea).

Di fronte ad una grande effervescenza creativa si evidenzia quindi una fragilità del comparto, che stenta peraltro a confrontarsi con il mercato internazionale. Un altro deficit forte del nostro mercato è dato dalla programmazione, assai modesta (per non dire scarsa), dei titoli italiani recenti sulle reti generaliste. Se Rai, attraverso Rai Cinema, investe ingenti somme nella produzione, poco o nulla fa sul versante della programmazione. L’ammiraglia Rai ha programmato in prime-time solo 4 titoli, 9 sono quelli andati in onda su Rai 3. Sui 62 titoli complessivi, la parte del leone l’ha fatta Mediaset, mandando in prima serata su Canale 5 ben 45 titoli nel corso dell’anno, con una media di quasi uno a settimana. Di fronte alle critiche inevitabili rivolte alla Rai, Paolo Del Brocco ha sostenuto che questa situazione è frutto del contratto di servizio (quale?) che obbliga la tv di servizio pubblico alla trasmissione di una pluralità di generi. Il ministro Dario Franceschini ha esortato tutti a “fare sistema”, ma questo concetto sembra essere ancora lontano dalle logiche italiche.


di Elena D’Alessandri