Il prestito galeotto

domenica 7 dicembre 2014


Avete mai richiesto un prestito a una banca, senza offrire garanzia alcuna? E lo avete, per caso, ottenuto? "Certo che no!", mi rispondereste in coro! Ma, a volte, l'arte della vita è assai più ingegnosa dell'arte di vivere. Così, alla Sala Umberto di Roma, va in scena "Il Prestito", su testo di Jordi Galceran, e regia di Giampiero Solari. Attori protagonisti: Antonio Catania (il Direttore di banca) e Gianluca Ramazzotti (lo squinternato nullatenente richiedente). La scena riproduce fedelmente l'ambiente di un ufficio dirigenziale, collocato all'interno di un parallelepipedo girevole, di cui uno dei lati lunghi è completamente svetrato e coperto da tendine alla veneziana, che si illuminano e si oscurano a ogni cambio scena, mentre il resto fa l'effetto di una grande sezione cava, una sorta di presepe laico. La mangiatoia è costituita da una scrivania dirigenziale, mentre fa funzione di culla una comoda poltrona ergonomica, stile Fantozzi, di fronte alla quale sono sistemate, come dirimpettaie, due umili, e anonime sedie di plastica trasparente. Quindi i simboli del dare (arrogante e prezzante) e del ricevere (supplicante e balbuziente) sono tutti correttamente schierati e pronti ad agire, ricurvi nel loro valore semantico.

Ovviamente, il solo bisogno, messo in scena in tutte le salse adatte a muovere compassione nel severo uditore bancario, pesa meno di una piuma spiumata, sul piatto della bilancia, che valuta esclusivamente in euro (e non in sentimentalismi) le "garanzie" offerte dal cliente, a fronte della sua richiesta di prestito. Quindi, nella prima mezz'ora del confronto tra l'allampanato Gianluca e l'impeccabile bancario Antonio, il "NO: non te lo dò!" diffonde in tutto il teatro le sue tonalità sgraziate e vibranti, come farebbe una qualsiasi onda sonora stridula e priva di consolazione. Fino al punto che l'esasperato cliente cala l'asso nella manica del ricatto affettivo-sessuale, nei confronti della bella moglie del rinnegatore, che fa bella mostra di sé, in una gigantografia posta nella parte alta della parete, sulla quale poggia la culla-poltrona. E qui, ovviamente, si scatena una scia di gag seriali, che vede perfino coinvolto il fratello del Direttore, tanto sembrano reali e concrete le ipotesi di sventura, formulate dall'inviperito questuante che, come facendo il verso al bardo, "non minaccia, ma se la piglia lo stesso con me!".

Perché la calunnia, il sospetto, il "ma vuoi vedere che va a finire proprio così?", sono tarli possenti, nella vita reale di chi sa di sé e dei suoi rapporti coniugali ciò che gli altri non debbono sapere! E così, "Il Prestito" si tramuta in un sofisticato Cavallo di Troia, che porta infelicità, solitudine e sconcerto, laddove c'era l'arroganza del potere, l'ostentata sicurezza narcisistica di un Sé onnipotente, che viene smontato, disarticolato e letteralmente inscatolato, a seguito di una telefonata tra moglie e marito (il Direttore di banca, per l'appunto..). E così, anche stavolta, il meccanismo delle sliding doors appare perfettamente oliato: perdere un treno può portare il protagonista sul ramo sbagliato, drammatico della biforcazione. Tremila euro di prestito non sono nulla, per chi ha facoltà di concederne, senza garanzia, almeno dieci volte tanto. Eppure, quella quantità appena sufficiente a saldare piccoli debiti, può diventare la pietra di paragone, per valutare l'amore di chi ci è più caro. Facendo, ovviamente, infuriare l'interessato/a.

E, poiché quando si è spinti verso il ramo sbagliato della linea della vita, il recesso non è più possibile (esiste, nel mondo reale, solo un presente da vivere!), ecco che, per uno scherzo amarissimo del destino, all'improvviso i ruoli "dare-avere" si invertono: l'ex-richiedente viene investito di poteri taumaturgici, mentre l'altro abbandona la Sartoria Armani, mostrandosi nella sua condizione menomata di uomo ferito, con la barba lunga, trasandato, che si presenta al suo interlocutore con il colletto della camicia sbottonato, e la cravatta abbandonata senza cura sul petto, con il nodo allentato. Ma l'arte, diciamo così, non si.. incolla! Le armi della seduzione, di cui Gianluca sembra naturalmente dotato, con una certa scostumatezza, non si trasmettono, né sono cedibili a colui che null'altro sa rivendicare, se non i suoi diritti di marito calpestato.

Così, il questuante diviene donatore a sorpresa e, viceversa, il suo antagonista si atteggia, senza più pudore a mendicante di favori che, al contrario del bisogno, hanno un prezzo contrattabile in euro: diecimila, per la precisione. Tre volte il prestito richiesto. Come va a finire? Per scoprirlo, basta andare a teatro, e godersi una bella serata di puro divertimento. Grandi complimenti, infine, ai due bravissimi protagonisti!


di Maurizio Bonanni