Amore, tempo e dolore nell’ultimo libro di Oe

venerdì 10 gennaio 2014


Il libro letterario, nei casi in cui sia poeticamente riuscito, deve essere capace di porre il lettore di fronte alle questioni fondamentali della vita: l’amore, il tempo, il dolore, la morte ed il mistero della sofferenza umana. Appartiene alla categoria delle opere letterarie riuscite il romanzo “Il bambino scambiato” (Garzanti), di cui è autore il grande scrittore giapponese Kenzaburo Oe, a cui è stato assegnato il Premio Nobel per la letteratura nel 1994. Il libro inizia con un fatto tragico, che provoca grande turbamento nell’animo di Kogito, il personaggio principale della narrazione. Goro, regista affermato in Giappone e nel mondo, si è suicidato, gettandosi dall’ultimo piano di un palazzo. Goro era il cognato di Kogito, un anziano e affermato scrittore di successo.

Come hanno notato i critici, anche questo testo letterario di Oe, come i suoi precedenti libri, è basato su elementi autobiografici, poiché il fratello della moglie dello scrittore, il cui nome era Itami Juzo, è morto suicida. Kogito, appena la moglie lo informa della scomparsa di Goro, raggiungendolo nel suo studio dove dorme su di una brandina militare circondato dalla sua biblioteca, precipita in uno stato d’animo che oscilla tra la disperazione e l’angoscia. Per capire cosa abbia potuto spezzare la vita di Goro, Kogito inizia in modo ossessivo ad ascoltare delle audiocassette che l’amico gli aveva inviato prima di suicidarsi.

Ovviamente Kogito comprende che, se gli ha inviato i nastri con le registrazioni della sua voce, Goro da tempo meditava di porre fine alla sua esistenza. La narrazione procede attraverso la evocazione di episodi e ricordi che risalgono al periodo della adolescenza di Kogito e Goro, quando, da studenti liceali, insieme commentavano il poema di Rimbaud intitolato Adieu. Proprio la frequentazione dei testi letterari favorì la maturazione intellettuale di entrambi, sicché Kogito diverrà nell’età adulta un affermato scrittore, mente Goro si dedicherà con successo al cinema d’autore. Per penetrare nel mistero del suicidio del suo amico, Kogito inizia ad ascoltare i nastri su cui sono registrate le parole dell’amico scomparso. In tal modo, Oe dimostra, con immagini poetiche di rara forza espressiva, che l’incontro tra i vivi ed i morti può avvenire soltanto attraverso la scrittura. Kogito, mentre risuonano nella sua mente le parole registrate di Goro, medita sulla dimensione invisibile che si cela oltre il confine misterioso della morte.

A questo punto, per liberarsi dalla dipendenza della voce del suo amico, Kogito accetta di tenere una serie di corsi di letteratura in un università di Berlino. Abbandona il Giappone per un breve periodo. Proprio durante la permanenza in terra tedesca, riaffiorano nella mente di Kogito i ricordi della sua vita vissuta in comune con Goro. Sovente Goro nel corso di una conversazione cadeva, in modo inspiegabile, in uno stato di dolorosa depressione. Kogito pensa, durante il suo soggiorno tedesco, alla aggressione che il regista aveva subito da parte della criminalità giapponese, designata con il termine Yakuza, per avere realizzato un documentario di inchiesta su di essa. Questi ricordi inducono Kogito a riflettere sulla fragilità della condizione umana e sulla presenza del male nella vita di ogni individuo e dentro la società. Nella struttura narrativa del libro vi è la descrizione dei tanti episodi che Kogito ha condiviso con Goro. In questo libro Oe ha sperimentato la variazione infinita dello steso tema, rappresentato da punti di vista diversi, a seconda dei personaggi che lo rappresentano ed incarnano.

Il padre di Kogito era un esponente della destra nazionalista giapponese. Quando, alla conclusione della seconda guerra mondiale, vi fu la firma del trattato di pace con gli Stati Uniti, il padre di Kogito, in segno di protesta, con i suoi seguaci tentò di compiere una rapina, nel corso della quale rimase ucciso. Questo episodio, inserito in modo sorprendente nel libro, aiuta a comprendere cosa sia stata l’ideologia nazionalista in Giappone. Nel periodo dei suoi studi universitari Kogito incontra Daio, un allievo di suo padre. Daio ricorda a Kogito che per suo padre era fondamentale avere uno stile di vita basato sulla autonomia e l’indipendenza, per opporre un netto rifiuto alla logica della società dei consumi americana. Proprio nel centro di addestramento, situato nel villaggio di Shikoku, un luogo del Giappone profondo, Kogito e Goro subirono durante la loro adolescenza un grave torto da parte di Maio e dei suoi seguaci.

Sia Kogito che sua moglie Chikaski si chiedono se non sia stato qual lontano episodio a traumatizzarlo fino a spingerlo alla autodistruzione. Kogito, rientrato in Giappone dopo il breve soggiorno di studio a Berlino, nel tentativo di comprendere la ragione del gesto terribile compiuto da Goro, legge con attenzione la sceneggiatura di un suo film, che era in fase di preparazione. Leggendola, Kogito si accorge che nella sceneggiatura si fa un chiaro riferimento al brutto evento, che entrambi avevano vissuto nella loro giovinezza. Il film, in base alla sceneggiatura di Goro, prevedeva due possibili e diversi finali. Analizzando il testo della sceneggiatura, Kogito si accorge che per Goro le storie da rappresentare con il linguaggio cinematografico dovevano essere ispirate alla vita reale. In questa parte del libro vi è una riflessione molto bella sul rapporto tra arte e vita, e sulle differenze tra il linguaggio letterario e quello cinematografico. Tuttavia sarà Chikaski, la moglie di Kogito, che leggendo un libro illustrato di Maurice Sendak avrà una illuminazione.

Nel libro di Sendak viene raccontata la storia di Ida. Ida, mentre sua madre siede in giardino sotto il pergolato con lo sguardo triste e malinconico, tiene in braccio la sua piccola sorella. Un folletto malvagio le sottrae sua sorella, portandogliela via. Ida, disperata e intenzionata a riavere sua sorella, la cerca. Finalmente la ritrova e riesce a riaverla. Tuttavia, attraversando un bosco, si imbatte in un albero spoglio e dai rami secchi e privi di foglie. In quel momento ida intuisce che l’albero è il simbolo del male. Leggendo questo libro di Sendak, Chikaski comprende che, a causa del male e del dolore, le persone cambiano e non sono più come prima. Nella nostra vita esiste il dualismo tra le tenebre e la luce.

Questa sensazione di sgomento e angoscia Chikaski l’ha provata in prima persona, quando è venuto al mondo suo figlio, un bambino nato con un grave deficit cognitivo. In questo libro di Oe, straordinario e bellissimo, il lettore viene messo in condizione di meditare sul tema del dolore umano, sul tempo e sulla morte, sul valore della vita, sul mistero del male e sulla importanza dei sentimenti e dell’amore. Inoltre la narrazione che si dipana nel libro di Oe, seguendo i ricordi di Kogito, aiuta a capire la differenza profonda che vi è tra la civiltà cristiana e quella giapponese e scintoista. Un libro imperdibile.


di Giuseppe Talarico