La Prima Repubblica nel libro di Bedeschi

martedì 29 ottobre 2013


È giunta quest’anno alla sua quinta edizione la rassegna dedicata ai libri politici, durante la quale nei luoghi solenni della Camera dei deputati avvengono incontri con gli autori dei testi storiografici che raccontano la storia repubblicana e le vicende politiche che l’hanno segnata. Nell’ambito di questa importante rassegna, venerdì scorso nella sala Aldo Moro di Montecitorio è stato presentato il libro di Giuseppe Bedeschi, storico e docente universitario, intitolato “La Prima Repubblica, Storia di una Democrazia difficile” (Rubbettino editore). Mario Sechi, giornalista de “Il Foglio”, ha moderato il dibattito, a cui hanno partecipato autorevoli protagonisti del mondo politico ed intellettuale italiano.

Nella sua breve e concisa introduzione, Sechi ha espresso un giudizio lusinghiero sul libro di Bedeschi, poiché delinea e traccia un’ampia e vasta narrazione grazie alla quale è possibile capire la storia contemporanea del nostro Paese. Mario Sechi, aprendo il dibattito sui temi affrontati nel libro, ha posto a Giuseppe Bedeschi una serie di domande per conoscere le ragioni che lo hanno spinto a scriverlo e per sapere quale metodo storiografico ha seguito durante la fase di preparazione di questo testo, utile e molto prezioso. Bedeschi nel suo intervento ha chiarito che è stato sollecitato a scrivere questo libro sulle vicende politiche della Prima Repubblica, poiché negli anni si è affermato un indirizzo storiografico che ha dato un’interpretazione critica del periodo storico del centrismo e della leadership di De Gasperi, a suo giudizio sbagliata e non corrispondente alla verità storica, e che si può ricavare dallo studio dei documenti.

Infatti nella storia d’Italia di Paul Ginsborg, mentre si esalta e si dà un giudizio politico positivo del centrosinistra, il centrismo viene descritto come un momento della storia nazionale in cui sarebbero state mortificate e avvilite le vocazioni, i talenti e le molteplici energie esistenti, in quel periodo storico, nel nostro Paese. In realtà, ha ricordato Bedeschi, durante il centrismo e i governi democristiani, in cui erano presenti anche se in posizione minoritaria i laici, vennero approvate riforme fondamentali, come quella agraria che spezzò la logica soffocante del latifondo, quella che diede vita alla cassa del mezzogiorno per dare soluzione alla questione meridionale, quella rivolta a sostenere e favorire lo sviluppo del settore siderurgico nel nostro Paese.

La scelta atlantica e quella in favore dell’Europa, dopo l’esclusione dei comunisti nel 1947 dal governo del Paese, compiute da De Gasperi con grande realismo e in base ad una visione occidentale del ruolo che l’Italia doveva avere in ambito internazionale, ripensate oggi, a distanza di tanti anni, si rivelano come decisioni politiche sagge e lungimiranti, le quali hanno favorito la ricostruzione del Paese dopo il periodo tragico della guerra e reso possibile il miracolo economico. Per Bedeschi, i cambiamenti sociali e politici che si ebbero in Italia dopo il periodo del boom economico, hanno generato una serie di squilibri e contraddizioni, si pensi solo alla immigrazione degli italiani meridionali verso il nord del Paese, che negli anni del centrosinistra non sono stati né risolti né affrontati.

Infatti, se i governi di centrosinistra fossero stati capaci di dispiegare un’efficace politica liberale e riformista, bisognava in quel periodo storico costruire più scuole e ospedali, rafforzare ed estendere le infrastrutture esistenti, investire in ricerca e innovazione. Franco Marini, ex presidente del Senato ed esponente del Partito Democratico, ha riconosciuto che il libro di Bedeschi contiene una descrizione del quadro storico, compreso tra il 1947 e il 1993, densa di analisi e di riflessioni degne della massima attenzione. Infatti, ha ricordato Marini, che nell’immediato dopo guerra, la Dc di De Gasperi dovette escludere il Partito Comunista di Togliatti dal governo repubblicano, poiché questo partito aveva un forte e indissolubile legame con l’Unione Sovietica, che in quegli anni stava assoggettando al proprio giogo l’Europa orientale. Le scelte politiche di De Gasperi consentirono di collocare l’Italia, prima dell’inizio della guerra fredda, nel campo occidentale e liberal-democratico.

Dopo il miracolo economico, negli anni Sessanta, l’Italia raggiunse la piena occupazione e si crearono, ha notato Marini, le condizioni per la sua modernizzazione. È importante notare e ricordare il ruolo enorme che sul piano intellettuale ebbero i politici cattolici, che si riunirono a Camaldoli nel lontano 1943, come Fanfani, La Pira, Dossetti e altri, per immaginare e concepire una nuova prospettiva politica che fosse in grado di archiviare il periodo terribile del dopoguerra. L’Italia, ha osservato Franco Marini, nella Prima Repubblica non ha potuto sperimentare l’alternanza alla guida del Paese tra forze politiche con una diversa ispirazione ideale e culturale, poiché ha avuto un forte Partito Comunista che per lungo tempo è stato tenuto all’opposizione in base alla conventio ad excludendum. Soltanto negli anni Settanta, durante il periodo della solidarietà nazionale, Berlinguer, con la famosa intervista rilasciata a Giampaolo Pansa e al Corriere della Sera, nella quale sostenne che si sentiva più sicuro sotto la protezione assicurata dalla Nato, fece il famoso strappo da Mosca. Claudio Petruccioli ha dichiarato che ha avvertito il bisogno di partecipare alla presentazione del libro di Bedeschi perché in gioventù è stato amico e collega di università dell’autore del libro.

Petruccioli ha riconosciuto, nel suo intervento, che vi è stato un indirizzo nella storiografia italiana che ha dato una valutazione e una interpretazione non sempre corretta ed esatta del centrismo e di ciò che ha rappresentato nella storia d’Italia. Tuttavia ha richiamato l’opera storica di Norman Kogan, uno storico liberale e autore del libro “L’Italia del dopoguerra”, edito dalla Laterza, nel quale la descrizione e il racconto storico di cosa hanno significato nella storia repubblicana il centrismo e i governi guidati da Alcide De Gaspari sono basati su di un’analisi attenta e scrupolosa degli eventi e di ciò che avvenne in quella fase della vita nazionale.

Petruccioli, con grande onestà intellettuale ha ammesso che nel momento in cui il Pci è fuoriuscito nel 1947 dal governo di unità nazionale e dopo avere aderito allo stalinismo negli anni successivi, si è determinato un contesto politico singolare e particolare nel quale il maggiore partito della sinistra italiana non è stato più, per un lungo periodo storico, in sintonia con i problemi dell’Italia. Questo fatto politico ha avuto implicazioni rilevanti per tutto il corso della Prima Repubblica, fino alla caduta del muro di Berlino. Pino Pisicchio, deputato e politico che proviene dalla Dc, nel suo intervento ha sostenuto che nella Prima Repubblica vi era un personale politico eccellente e competente, di cui, durante la Seconda Repubblica, si è avvertita l’assenza.

All’epoca esistevano le scuole politiche per la formazione dei quadri dirigenti, come quella di Frattocchie e quella della Camilluccia. Per Pisicchio il libro di Bedeschi è utile e fondamentale, poiché la ricostruzione storica che offre al lettore aiuta a comprendere le ragioni che spiegano i fallimenti e la debole azione dei governi di centrosinistra e di quelli del periodo del pentapartito, prima che tangentopoli annientasse il sistema dei partiti di massa. Ha notato lucidamente Pisicchio che all’origine della debole azione dei governi di centrosinistra e del pentapartito vi è l’assenza nella cultura politica italiana del pensiero e della pratica di governo liberale. La cultura liberale non è riuscita ad attecchire nel nostro Paese per ragioni storiche e culturali da tutti conosciute, e questo fatto spiega le cause del debito pubblico elevato e del malgoverno che l’Italia, secondo Pisicchio, ha conosciuto durante la vita della repubblica italiana.

Bedeschi, rispondendo ad una puntuale domanda di Sechi, ha tratteggiato un ritratto di Bettino Craxi, a cui nel libro è dedicato uno spazio notevole. Per Bedeschi, Craxi è stato un personaggio che ha avuto un destino tragico, simile a quello degli eroi descritti da Shakespeare. Nella prima parte della sua leadership, Craxi ha avuto l’intuizione di restituire l’autonomia politica e culturale ai socialisti italiani e con grande lucidità ha indicato la necessita di una riforma complessiva delle istituzioni, all’inizio degli anni Ottanta.

Successivamente, per Bedeschi, Bettino Craxi è rimasto imprigionato e invischiato nell’alleanza con la Dc e non ha avuto il coraggio di spezzare il vincolo che lo legava al così detto Caf. Bedeschi, a conclusione del dibattito, ha puntualizzato che nel corso della storia repubblicana vi è stato un eccesso di statalismo, che deve essere individuato come la causa di molti problemi irrisolti del nostro Paese. Un libro questo di Bedeschi che è molto importante per analizzare le cause storiche che hanno generato la crisi politica della Repubblica Italiana, dalla quale ancora non siamo usciti.


di Giuseppe Talarico