Il valore civile della memoria storica

venerdì 18 ottobre 2013


Per una singolare e sorprendente coincidenza, la morte di Erich Priebke, criminale di guerra e responsabile dell’eccidio delle fosse Ardeatine di Roma, luogo in cui vennero trucidate 335 persone innocenti, è avvenuta alcuni giorni prima del 16 ottobre di quest’anno. Il 16 ottobre è una data densa di ricordi dolorosi, poiché evoca la vicenda vergognosa e terribile del rastrellamento degli ebrei compiuto dai nazisti settant’anni fa nel ghetto ebraico di Roma, quando la città eterna si trovò, durante la Seconda guerra mondiale, sotto l’occupazione dei tedeschi.

In seguito al vergognoso rastrellamento, che rappresenta una delle pagine più cupe e oscene della nostra storia nazionale, oltre mille cittadini italiani, appartenenti alla comunità ebraica, vennero fatti prigionieri e destinati al campo di concentramento di Auschwitz. Tra questi soltanto alcuni, fra quanti furono internati nel campo di concentramento, riuscirono a sopravvivere e a rientrare nel nostro Paese alla fine nel 1945. Proprio il ricordo di questo evento storico, con cui il nostro Paese si è reso responsabile ed è divenuto complice della persecuzione contro gli ebrei, perseguita dai nazisti per ragioni ideologiche che suscitano sentimenti di sdegno e orrore infinito, deve indurre a comprendere quale valore occorre attribuire alla memoria storica.

Senza memoria storica, una comunità rischia di perdere e smarrire il significato e il senso profondo della propria identità culturale e civile. Intatti, un filosofo come Nietzsche in una sua opera, consapevole dell’importanza di essere in grado di percepire il valore del passato e di quanto è avvenuto nella storia umana, ha individuato tre figure fondamentali della memoria: la memoria monumentale, che si nutre di retorica, la memoria antiquaria, che si compiace di rievocare la grandezza di quanto è stato, la memoria critica, che è in grado di selezionare e discernere i ricordi in base ad un atteggiamento rivolto a capire la vicenda umana, per come si è sviluppata lungo i secoli.

Molto grave e inammissibile è apparso il fatto, che le cronache hanno dovuto registrare, di quanti, inconsapevoli della mostruosa disumanità insita nella visione nazista della storia, basata sulla distinzione razziale tra i popoli e le etnie, hanno, in occasione della morte di Priebke, con scritte sui muri di Roma e slogan intrisi di un odio incomprensibile, inneggiato e voluto esaltare la figura di questo criminale di guerra, scomparso recentemente. Il vicariato di Roma, poiché Priebke non ha mai pronunciato parole di pentimento per i misfatti di cui è reso responsabile, ed avendo addirittura, prima di morire, rilasciato un’intervista in cui si è giustificato sostenendo di avere eseguito degli ordini e negato la verità storica della shoah in base alle tesi negazioniste, ha negato i funerali pubblici.

La comunità San Pio X dei Lefebvriani di Albano Laziale, la quale è stata scomunicata in passato, si era offerta di accogliere il feretro di Priebke per celebrarne nella loro chiesa i funerali, che poi, in seguito ad alcuni disordini, non si sono potuti svolgere. In questo caso ciò che ha indignato e colpito la comunità internazionale è stata la comparsa di quanti continuano a identificarsi per ragioni ideologiche, nel nostro Paese, con la figura del criminale di guerra nazista. In una bella intervista rilasciata al Corriere della Sera, lo scrittore israeliano Aharon Appelfeld ha lucidamente osservato che non si deve proclamare il desiderio di vendetta verso un morto.

Tuttavia, poiché non è possibile applicare i parametri della vita civile ad un criminale che nella sua vita ha seminato odio, per Appelfeld è fondamentale notare che i crimini di Priebke appartengono oramai alla storia tragica del Novecento, mentre la sua morte è un evento che riguarda la cronaca. A questo proposito, mentre è giusto chiedersi per quale motivo vi siano persone che subiscono ancora la fascinazione delle ideologie negative e razziste in Italia, dimostrando di non conoscere la storia terribile della Seconda guerra mondiale, per altri osservatori è un dovere, imposto dalla legge naturale, consentire che il criminale di guerra Priebke abbia una degna sepoltura.

Infatti, fin dai tempi di Sofocle, autore della celebre tragedia Antigone, la sepoltura anche del nemico e di chi abbia compiuto misfatti, ignorando la legge morale, è un dovere imposto dalla norma naturale, che precede la legge scritta e positiva. Tuttavia, pur dando a Priebke una degna sepoltura, bisogna, coltivando la memoria critica di cui parlava Nietzsche, ricordare i delitti di cui si è reso responsabile e aiutare le nuove generazioni ad avere rispetto delle minoranze religiose e a comprendere il valore non negoziabile della dignità della persona umana. Le Erinni, che esigono che il sangue sia vendicato con altro sangue, in base alla logica aberrante della vendetta, devono lasciare il posto alle Eumenidi, le divinità benevoli, in grado di aiutare l’umanità a liberarsi dal male. Infatti, dentro il lato umano di ognuno di noi, vi è nascosto quello disumano, dovuto all’esistenza del male, di cui Priebke è stato un simbolo nel nostro tempo, visto che è vissuto così a lungo.

Coltivare la memoria critica significa e comporta il dovere di ricordare che, durante il regime fascista, furono approvate nel 1938 le oscene e indifendibili leggi razziali, grazie al cui censimento dei cittadini non ariani venne perpetrato il rastrellamento il 16 ottobre del 1943 nel ghetto di Roma. Inoltre, come ha ricordato in un suo articolo sul “Corsera” lo storico Andrea Riccardi, citando un libro intitolato la “Resistenza Silenziosa”, nel periodo cupo e fosco che va dal 1943 al 1944, a Roma vi fu una situazione in cui accanto alla generosità di quanti assicurarono la protezione degli ebrei, sottraendoli alla persecuzione nazista, vi sono stati episodi di delazione dei romani, per effetto dei quali i cittadini ebrei finirono nella mani dei loro carnefici.

In quel contesto terribile e spaventoso, accanto all’umanità e alla generosità di molti cattolici e laici che ospitarono gli ebrei nascondendoli in strutture religiose, come i conventi e le chiese, vi furono anche coloro che con la delazione seguirono comportamenti moralmente deprecabili e contrari al senso di umanità. Come ha notato Andrea Riccardi, in base ai risultati a cui è pervenuta la ricerca storica, non si sa con precisione e non si conosce nulla dei beni e dei patrimoni appartenenti agli ebrei prima della approvazione delle leggi razziali, di cui si impadronirono i cittadini italiani di diversa religione in quegli anni.

Proprio il ricordo di questa pagina terribile della storia italiana del Novecento, che ha reso responsabile e complice il nostro Paese nella politica disumana e atroce della persecuzione contro gli ebrei, impone il dovere di coltivare la memoria critica e di non dimenticare quanto sosteneva Primo Levi: “ricordate che quello che è stato, in futuro, con il sonno della ragione e la mancanza di memoria, potrebbe ripetersi e verificarsi nuovamente”.


di Giuseppe Talarico