La scomparsa di Gravagnuolo

sabato 13 luglio 2013


Da qualche giorno Napoli è divenuta più povera e più vuota con la scomparsa di Benedetto Gravagnuolo, sommo storico dell’architettura che ha costantemente coniugato il suo amore per il passato al suo impegno militante per il presente e il futuro, in primis per Napoli, città di adozione che non ha mai lasciato. Ex preside della Facoltà di Architettura, Gravagnuolo era docente ordinario nell’ateneo federiciano e dal 2010 direttore del Dipartimento di Storia dell’architettura e restauro. Nei suoi 38 anni di carriera, nel 1975 si iscrisse venticinquenne all’ordine degli architetti di Napoli, non ha mai smesso di portare avanti parallelamente la sua ricerca scientifica, per la quale era apprezzato a livello internazionale, il suo contributo di idee e progetti alla cittadinanza, ricoprendo anche incarichi internazionali. A Cava dei Tirreni, sua città natale, è stato assessore all’Urbanistica durante la giunta Fiorillo, tra il1993 ed il 1997, e subito dopo a Napoli, tra il 1998 e il 2000, durante l’amministrazione Bassolino, è stato presidente della commissione edilizia del Comune. Dalle colonne de “Il Mattino” ha a lungo espresso le sue riflessioni su temi urbanistici e da qualche anno scriveva per “Il Corriere del Mezzogiorno”. Insignito nel 2005 del premio internazionale “Sebetia-Ter” con medaglia conferitagli dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, Gravagnuolo è stato autore prolifico: dei suoi numerosi saggi vanno ricordati almeno la monografia so “Adolf Loos” (idea books, 1982), i tre volumi dedicati a Napoli “Napoli. Architettura ed urbanistica del Novecento” (Laterza 1994, con Pasquale Belfiore), “Napoli dal Novecento al futuro, architettura design e urbanistica” (electa Napoli, 2008), e “Architettura del Settecento a Napoli. Dal barocco al classicismo” (Guida, 2010 nella collana “Historia rerum”, da lui diretta); e i due studi sull’urbanistica europea: “La progettazione urbana in Europa 1750-1960: storie e teorie” (Laterza, 1997) e l’ultimo “Metamorfosi delle città europee. All’alba del XXI secolo” (Clean, 2001). Napoli e l’Europa sono stati sempre i due fulcri delle sue ricerche, in un movimento continuo dal locale al globale e viceversa. È stato un fermo sostenitore dell’architettura di qualità come elemento fondamentale per la crescita di una città, in quanto potenziale volano di ricchezza, soprattutto per il sud e la Campania. Negli ultimi anni i suoi studi si erano concentrati soprattutto sulle periferie, in un serrato confronto tra i modelli europei e mondiali con la realtà napoletana, convinto che l’architettura civile coniugata alle infrastrutture nelle aree periferiche potessero svolgere un ruolo importante per lo sviluppo sociale della città. Mancheranno a Napoli il suo contributo di idee e di stimoli, e soprattutto la sua laica fiducia nella perfettibilità delle imprese umane. Con lui scompare una figura centrale del dibattito cittadino sui temi degli assetti urbanistici visti come momento di raccordo tra la storia della città e le sue potenzialità di progresso e sviluppo. Attività, questa, che è stata sviluppata attraverso la partecipazione a importanti momenti istituzionali come la presidenza della commissione edilizia del Comune di Napoli, di interventi di riqualificazione urbana, soprattutto nel quartiere Chiaia, per un riassetto degli spazi pubblici basato su un sapiente mix di tessiture di materiali, di rigorose regole geometrico-spaziali, di una sapiente utilizzazione di oggetti di arredo urbano; campo, quest’ultimo, in cui Benedetto ha dimostrato di sapersi muovere con competenza e disinvoltura anche nel complesso ambito del design. Sul piano accademico grande è stato il contributo di Gravagnuolo nel rilancio culturale della Facoltà di architettura della “Federico II”, di cui è stato preside dal 2002 al 2008. In questo periodo sono stati organizzati eventi particolarmente significativi, anche di respiro internazionale, per divulgare i concetti di come l’architettura sia stata, sia e sarà uno dei fattori determinanti per elevare la qualità di vita nelle città. In questo senso è da ricordare come egli sia stato il fondatore oltre che l’animatore degli “Annali dell’architettura”, un’iniziativa tesa a immettere Napoli nel circuito internazionale delle grandi mostre di architettura, assenti nel meridione, e concentrate nel nord: a Venezia con “La biennale” e a Milano con “La triennale”. Ancora in ambito universitario, come direttore del Dipartimento di Storia dell’architettura e del restauro, ha promosso ricerche di respiro internazionale in molte delle quali è stato protagonista, come testimoniano le innumerevoli pubblicazioni scientifiche a sua firma e i preziosi volumi su: storia, urbanistica architettura e design, che affrontano con rigore scientifico, ma al tempo stesso con la chiarezza che è propria di chi ha piena padronanza della materia, tematiche fondamentali per comprendere le dinamiche che caratterizzano le realtà urbane, spaziando da Napoli e dalla Campania al Mediterraneo e alla Mitteleuropa. È stato docente appassionato, in grado di coinvolgere e a sua volta appassionare alla storia dell’architettura gli studenti che, sempre più numerosi, affollavano i corsi da lui tenuti. Insomma una figura a tutto tondo, che molto ha dato alla città e che, con la sua vasta cultura ed il suo raffinato e signorile modo di porsi riusciva immediatamente a catalizzare l’attenzione di tutti, in qualsiasi contesto venisse a trovarsi. La sua scomparsa ha commosso tanti suoi amici e colleghi, e al compianto generale vorrei unire il mio cordoglio personale, sottolineando la dirittura morale e la schietta onestà intellettuale che dimostrò quando partecipò come relatore al salotto culturale di mia moglie Elvira, di cui era assiduo frequentatore e da uomo di sinistra lodò il piano regolatore fascista della città di Napoli del 1939, definendolo “un vero monumento di armonia tra interessi pubblici e privati, a differenza di quello ‘democratico’ del 1972”.


di Achille Della Ragione