Guidorizzi racconta i sogni e l'anima

martedì 25 giugno 2013


Esistono libri che dànno al lettore la possibilità di conoscere la vita intellettuale del mondo antico, da cui ci separano i secoli di storia trascorsi nel corso del tempo. Guido Guidorizzi, docente di letteratura greca presso l’università di Torino, è l’autore di un saggio di grande erudizione e molto raffinato intitolato “I Greci ed il Sogno, Il Compagno dell’anima”, libro edito dalla prestigiosa casa editrice Raffaello Cortina Editore. All’inizio del suo saggio, Guidorizzi cita un celebre verso di Giovanni Pascoli, che appartiene a una sua poesia dedicata alla figura di Alessandro il Macedone, secondo il quale il sogno è l’infinita ombra del vero.

L’aspetto stupefacente e straordinario di questo libro è dato dalla sua forma letteraria, poiché, attraverso la interpretazione dei grandi classici della letteratura greca, il lettore viene messo in condizione di capire quale importanza avessero i sogni nella cultura e nella civiltà greca e classica. Nei primi capitoli Guidorizzi richiama e commenta ampi brani tratti dalla Odissea di Omero, nei quali viene descritto il luogo da cui i sogni provengono, collocato in un punto che si trova oltre l’oceano e non distante dall’Ade, dove Ermes conduce la anime dei morti. Infatti i sogni, essendo evanescenti e inconsistenti, possiedono la forma e sono formati dall’aria, Eidolon o fantasmi, allo stesso modo delle anime dei defunti. Pertanto è Ermes che ha il dominio sia sui sogni sia sulle anime dei defunti. In un’altra parte della Odissea di Omero, mentre parla, Penelope chiarisce che vi sono sogni veri e profetici e altri privi di valore. Quelli che passano dalla porta d’avorio sono insignificanti e ingannevoli, gli altri, che provengono dalla porta di corno, hanno un significato che deve essere interpretato e decifrato.

I sogni raccontati nei poemi omerici hanno una unità e fluidità sul piano narrativo che lascia stupito il lettore per la loro chiarezza. Nel libro ventitreesimo dell’Iliade, Achille dorme un sonno profondo, mentre si trova disteso dinanzi al mare. Improvvisamente compare ad Achille l’immagine del suo amico Patroclo in sogno, uguale a come era da vivo, chiedendogli di dare sepoltura al suo corpo e gli preannuncia che presto morirà. Lo implora di essere sepolto nell’urna e nella tomba, dove lo stesso Achille verrà inumato dopo la sua morte. Nella Grecia arcaica e antica il concetto di anima e di psiche non si era ancora sviluppato. Con Socrate e con Platone l’Io individuale viene fatto coincidere con l’anima, designata con l’espressione Psychè. Infatti è l’anima che durante il sonno, come risulta dai testi di Platone, si pensi al dialogo il Fedro, si libera dal peso della materia in cui è imprigionata, e stabilisce una relazione con il mondo soprannaturale e l’Altrove, da cui proviene e a cui è destinata a ritornare dopo la morte. L’Anima è il vero Io, secondo la celebre definizione di Socrate. Sia il sogno che presenta un contenuto profetico sia quello in cui si mostrano i morti dipendono dalla natura divina dell’anima umana.

Infatti, per un pensatore neoplatonico come Sinesio, l’universo e la terra sono avvolti e circondati da un sistema di segni che solo l’anima, durante il sogno, può, libera dal peso della materia, intravvedere e scorgere. Esisteva, tuttavia, una diversa concezione, quella degli sciamani e quella derivante dalle credenze orfiche, secondo la quale l’anima, durante il sogno, abbandona e fuoriesce dal corpo e raggiunge una dimensione divina e soprannaturale, luogo in cui può rivedere i morti o spingere lo sguardo su ciò che accadrà in futuro. Lo stesso Plotino, nelle sue celeberrime Enneadi, notava acutamente che l’uomo si trova a metà strada tra gli dei e le bestie, tra il mondo umano e naturale e quello divino. Tuttavia, anche se nella Grecia antica, come mostra nel libro Guidorizzi, vi era la propensione ad attribuire molta importanza ai sogni, tanto che esisteva la figura dell’interprete di professione, come Artemidoro autore del celebre libro l’interpretazione dei sogni, vi era chi manifestava dei dubbi rispetto al valore profetico dei sogni e ai significati che se ne potevano ricavare.

Infatti Aristotele, che pure ha scritto molti libri su questo tema decisivo nel mondo greco e antico, riteneva che il fenomeno onirico fosse dovuto all’interazione che si verifica nell’individuo tra la dimensione psicologica e quella biologica. Per Aristotele i sogni derivano da una funzione percettiva (aistetikon) e non da quella intellettiva (noetikon). In ogni caso, come risulta dal testo di uno scrittore importante come Epidauro, autore delle famose Cronache di Epidauro, nel mondo greco spesso si aveva il famoso e tanto discusso fenomeno onirico dei sogni incubatori. I malati e i sofferenti si recavano all’interno dei Templi dedicati al Dio Asclepio, per chiedergli la guarigione e il suo intervento. Spesso il dio, almeno da quanto risulta dai testi di Epidauro e di altri scrittori del mondo greco, compariva in sogno ai sofferenti, liberandoli dalla malattia e dando loro la guarigione. Lo stesso Ippocrate, come risulta dalle sue opere, era propenso a scrutare e interpretare i sogni alla ricerca di indizi ed elementi, per stabilire sia la malattia dei suoi pazienti sia il modo più efficace per curarli. Infatti, a questo proposito, il professor Guidorizzi descrive il fenomeno dei sogni terapeutici. Anche nella letteratura latina, in un’opera celeberrima di Cicerone, “La Repubblica”, viene descritto un sogno che ha un evidente carattere divino, il Somnium Scipionis. Scipione Africano compare in sogno a Scipione Emiliano, e gli preannuncia, mediante un vaticinio, che trionferà e avrà il successo, anche se presto morirà. Scipione Emiliano, almeno secondo la descrizione di questo celebre sogno che ci ha lasciato Cicerone nel suo libro, dall’alto, durante il suo sogno, può contemplare l’universo e l’ordine divino che lo governa e che gli conferisce un equilibrio eterno.

Un altro testo del mondo greco è fondamentale citare, per capire la relazione tra i sogni e il modo con cui si sono formati i miti nella civiltà antica. Nella tragedia di Eschilo, “Le Eumenidi”, si ha un dialogo tra le anime. Clitennestra è stata uccisa da suo figlio Oreste, che in tal modo ha vendicato suo padre. Nella tragedia di Eschilo, Clitennestra tenta di avere un dialogo con le Erinni, che inseguono Oreste per la sua colpa, e che, come è evidente, simboleggiano il senso di colpa, che accompagna sempre l’autore di un delitto. Per capire come i sogni fossero interpretati nel mondo antico occorre tenere presente il libro di Artemidoro, intitolato l’interpretazione dei sogni. In questa parte del suo dotto e raffinato libro, Guidorizzi con grande intelligenza nota acutamente che il sogno si pone all’incrocio tra la natura e la cultura. Infatti, come risulta dall’opera di Artemidoro, divisa in quattro libri, i sogni spesso rivelano il modo in cui si era formato e plasmato l’immaginario onirico collettivo nel mondo antico e in Grecia. L’individuo e il cittadino della polis ateniese subivano l’influenza delle concezioni e delle convinzioni ideologiche e religiose dominanti in quel tempo. In molti dei sogni raccontati e interpretati da Artemidoro, vi sono incontri tra gli uomini e gli dei, fatto che svela l’essenza della religione pagana.

Per Artemidoro, i sogni hanno un ordito e un tessuto narrativo che è attraversato da simboli e allegorie che devono essere compresi e decifrati. Per questo, come suggeriva Aristotele, il procedimento interpretativo migliore e più efficace consisteva nel ricorrere all’analogia. Nel linguaggio onirico analizzato da Artemidoro ricorrono figure retoriche come la metonimia, la aposiopesi, la prosopopea. Nella parte finale dell’Odissea di Omero compare un episodio in cui il sogno e il sognatore coincidono e si sovrappongono. Penelope parla all’uomo che si è presentato come uno straniero e indossa abiti laceri. In realtà si tratta di Ulisse. Penelope, inconsapevole di trovarsi dinanzi a suo marito, gli racconta che ha sognato un’aquila che ucciderà le oche che tiene nella sua casa. In realtà questo è un sogno simbolico, poiché le oche simboleggiano i Proci, che verranno eliminati da Ulisse, in quanto usurpatori del suo trono. In questa parte dell’Odissea la descrizione del sogno e la sua interpretazione si mescolano mirabilmente, tanto da anticipare il concetto di inconscio, come verrà in seguito analizzato da Freud, il padre della psicanalisi. Alla fine di questo libro bello e coltissimo, mi sono ricordato di quanto disse una volta la grande scrittrice francese Marguerite Yourcenar: tutto ciò che gli uomini possono pensare con le loro facoltà razionali, è stato già pensato e scritto dai greci. Un libro notevole.


di Giuseppe Talarico