Massenzio: la XII edizione del festival

sabato 15 giugno 2013


Nella cornice suggestiva ed in uno dei luoghi più belli della Roma antica, la Basilica di Massenzio, nella serate del 11 giugno si è aperta la XII edizione del festival delle letterature, uno dei grandi eventi culturali della capitale. Nella sua introduzione Maria Ida Gaeta, donna di grande sensibilità culturale e direttrice artistica del festival, ha spiegato che questo anno, poiché ricorre il cinquantesimo anniversario del celebre discorso pronunciato da Martin Luther King al Lincoln Momorial intitolato "I Have a Dream", oltre ai testi dei grandi scrittori sul rapporto tra vita e letteratura, nelle dieci serate del festival delle letterature verranno letti da cittadini racconti sui sogni che nelle loro vita sono riusciti a realizzare. Nella prima serata un signore ed un professionista siciliano, il Dottore Giuseppe Lo Pilato, ha, in un testo bello e intenso, raccontato la sua vicenda umana e professionale ed il modo con cui è riuscito a realizzare il suo sogno personale. Giuseppe Lo Pilato è un agronomo che vive ad Agrigento.

Nella sua città è situato uno dei siti archeologici più importanti della magna Grecia, la Valle dei Tempi. Proprio questo territorio, in passato, come ha ricordato il professionista siciliano, ha rischiato di essere gravemente deturpato e sfigurato dalla speculazione edilizia, a cui si è opposto con decisione e determinazione. Nella Valle dei tempi si trova Il Giardino della Kolymbeta. Lo storico Diodoro Siculo nei libri XI e XIII della sua opera Biblioteka Historica descrive questo luogo nel quale, prima che vi fosse creato l’orto con i suoi famosi aranceti, vi era una vasca che raccoglieva le acque. In seguito IL Giardino di Kolymbeta è divenuto un luogo meraviglioso, per la presenza dei frutteti, tanto da destare l’ammirazione e lo stupore dei grandi scrittori francesi nel settecento ai tempi del Grand Tour. In tempi recenti, dopo che il contadino che si occupava del giardino è andato in pensione, questo luogo, situato nella valle dei tempi, era stato invaso e inghiottito dalle sterpaglie, versava in condizioni di degrado ed abbandono, tanto che gli alberi di arance erano nascosti e dissimulati dalla vegetazione cresciuta in modo spontaneo.

Per recuperalo e restituirlo alla sua città, rendendolo visibile e liberandolo dalla sterpaglia e sottraendolo, in tal modo, al degrado, Giuseppe Lo Pilato si è rivolto al Fai, una fondazione che si occupa della tutela del paesaggio nel nostro Paese, ed ha tra i suoi dirigenti una donna di grande temperamento e cultura come Giulia Maria Crespi. Grazie all’intervento del Fai, sollecitato da Giuseppe Lo Pilato, oggi il Giardino di Kolymbeta è ritornato ad essere un luogo meraviglioso e paradisiaco, che può essere ammirato e visitato dai turisti. Questa storia del Dottore Giuseppe Lo Pilato dimostra che chi è animato da senso civico può, anche nei luoghi dove spesso regna la cultura mafiosa della sopraffazione, tutelare il paesaggio e salvaguardare la cultura legata alla ancestrale civiltà contadina, oramai ineluttabilmente votata al declino storico. Chi persegue i propri sogni con tenacia li può realizzare. Il secondo protagonista della prima serata del festival è stato uno dei maggiori personaggi del nostro tempo, per sensibilità umana e culturale. Ferdinando Scianna, fotografo e scrittore, proviene dalla Sicilia. E’ nato a Bagheria e nella sua città di origine è maturata la sua passione per la fotografia.

In modo arguto e esilarante ha ricordato che quando confessò ai suoi genitori che voleva fare il fotografo, dopo gli studi universitari, il padre e la madre rimasero sgomenti. Nel suo Paese di origine il fotografo veniva chiamato dalle famiglie di Bagheria in occasione di funerali. Infatti poiché da vivi i suoi concittadini non volevano essere fotografati, il fotografo era costretto a ritrarli dopo la morte, facendoli apparire sulle fotografie come se fossero ancora in vita. Ferdinando Scianna è autore di moltissimi ed importantissimi libri di fotografie, corredati dai testi letterari da lui scritti. Ha avuto, fin dalla sua giovinezza, un rapporto intenso e profondo con Leonardo Sciascia, il quale dopo avere visto la sua prima mostra fotografica, scrisse una celebre prefazione ad un suo libro. Da questo rapporto umano è derivato un profondo sodalizio tra il grande scrittore siciliano ed il fotografo. Ferdinando Scianna è un fotografo che ha lavorato a Parigi per l’Europeo per oltre dieci anni. E’ stato amico personale di Henri Cartier Bresson, il suo maestro di fotografia.

Citando il famoso testo del filosofo strutturalista Roland Barthes Note sulla Fotografia, Scianna in un lungo e emozionante monologo, declamato sul palco di Massenzio, ha spiegato come la fotografia artistica può fissare l’istante di un grande evento di cui si è testimoni, consegnandolo per sempre alla storia della civiltà umana. La fotografia diviene, al pari della parola scritta, un modo per raccontare la vita, i suoi drammi e le sue gioie, e per rappresentare la storia nel suo divenire. Scianna ha letto ampi brani di un suo libro, Ti Mangio Con Gli Occhi, recentemente pubblicato, nel quale ha evocato i momenti essenziali che hanno segnato la sua attività umana ed intellettuale. Il terzo protagonista della prima serata del festival è stato uno tra i maggiori scrittori del nostro tempo Edward St Aubyn, molto apprezzato dalla critica per il suo libro I Melrose, che comprende quattro romanzi, edito da Neri Pozza. Edward St Aubyn è uno scrittore che proviene da una nobile famiglia, che viveva in Cornovaglia fin dai tempi in cui è avvenuta la conquista normanna.

I Melrose, questo ciclo unitario di narrazioni divise in quattro parti, ritrae la ricca aristocrazia che vive in una condizione drammatica poiché è in preda al nichilismo e si confronta con la vacuità e l’insensatezza della vita. Con uno stile ed una scrittura di rara profondità filosofica, che ad alcuni critici ha ricordato i grandi libri di F. S. Fitzgerald, Edward St Aubyn descrive i drammi esistenziali dei ricchi esponenti del mondo privilegiato da cui proviene, una umanità dolente sospesa tra l’insensatezza umana e il tentativo di evitare il dolore ricorrendo alle droghe ed altre forme dissennate di piaceri. Nel suo racconto, che ha letto a Massenzio, nel quale questi temi e suggestioni letterarie sono disseminati con rara sapienza letteraria, lo scrittore ha rappresentato la condizione esistenziale di due personaggi indimenticabili: Patrick ed Ines. Patrick è un uomo ricco che è cresciuto in una elegante villa, situata nella campagna francese. I suoi ricordi di uomo adulto sono legati a questo luogo, dove si è formata la sua personalità. La madre di Patrick era una donna incapace di dare amore a suo figlio, esperienza traumatica che lo ha segnato per sempre.

Il suo dolore personale, in un mondo privo di affetti e freddo oltre che insensato, lo induce a riflettere sul suicidio del Conte Gloucester nel Re Lear di Shakespeare. Essendo uno studioso di questo testo, ricorda che nel dramma di Shakespeare sono i figli che inducono al suicidio il conte Gloucester. Patrick in tal modo medita sulla assenza dell’amore nella famiglia, siano esse aristocratiche o popolari. Dopo essersi sposato con una ricca e aristocratica signora, il cui nome è Ines, Patrick con sgomento ed in preda al terrore scopre che la moglie, come sua madre, è un donna vuota che trascorre il tempo abbandonandosi ad ogni sorta di piaceri, da quelli naturali a quelli dissennati come l’uso di cocaina. In questo testo meraviglioso con immagini di rara bellezza poetica viene rappresentata la condizione di una umanità privilegiata e priva di orizzonti ideali e morali, che sprofonda nella noia e nella vacuità. Patrick, dopo avere avuto una madre crudele, si trova come moglie una donna banale e insignificante. Diviene consapevole di essere solo al mondo. Nella scrittura di Edewar St Aubyl colpisce l’eleganza del dettato e la profondità filosofica delle sue osservazione sul modo in cui vivono i ricchi e privilegiati aristocratici inglesi.

Vinicio Caposela, cantautore e scrittore, un intellettuale tra i più singolari della scena culturale italiana, è stato il quarto protagonista della prima serata del festival. Caposela ha letto un suo testo poetico, nel quale ha ricordato come è stata la meraviglia, che gli uomini hanno provato contemplando il cielo, a rendere possibile la nascita della poesia e della cultura. Nel suo ultimo libro, un viaggio in Grecia nel tempo della grave crisi economica che ha colpito questo paese e che rischia di separarlo dall’Europa, Caposela parla a lungo del Rebetiko, una musica particolare della Grecia, nata dalla separazione del popolo Greco Turco, che in seguito ad alcuni rivolgimenti politici, si trovò sradicato e venne separato dalla terra di origine. Nel suo libro, di cui ha letto ampi brani, intitolato Tefteri Il libro Dei Conti Sospesi edizione il Saggiatore, Vinicio Caposela mette a confronto la grandezza della civiltà Greca con la terribile situazione in cui il paese è precipitato a causa della crisi economica.

Con immagini poetiche sublimi, ha notato che mediante l’adorazione degli Dei, i Greci volevano trarre fuori il divino che c’è nella natura umana. La Grecia antica, dove nacque la tragedia e la grande filosofia e poesia occidentale, ha forgiato l’identità occidentale ed Europea. Grazie alla crisi economica, l’uomo del nostro tempo può divenire consapevole che il suo destino non è quello di guadagnare molto denaro per avere il possesso di oggetti inutili e superflui. La crisi economica, che sta modificando gli stili di vita, deve indurre l’uomo del nostro tempo a capire che si vive per dare amore al prossimo e per provare vere ed autentiche emozioni, spirituali ed intellettuali. La stessa parola crisi, ha scritto nel suo libro Vinicio Caposela, deriva da espressione greca Krino, che significa separare e tracciare un confine tra noi e gli altri. Infatti il dibattito culturale sulla crisi europea, per mesi ha fatto risuonare la frase, divenuta uno stereotipo, secondo la quale noi italiani ed europei non ci troviamo nella stessa situazione dei greci. Questo libro di Caposela offre una prospettiva poetica da cui considerare le conseguenze prodotte in Europa dalla crisi economica più grave dai tempi di quella del 1929. Una serata letteraria di grande intensità intellettuale.


di Giuseppe Talarico