Il dio denaro e l’economia

venerdì 14 giugno 2013


Oggi si idolatra il dio denaro. Viviamo in un mondo dove imperano l’individualismo, l’edonismo e l’utilitarismo, un mondo dove non è giusto ciò che è giusto ma è giusto ciò che conviene, perché regna un relativismo assoluto. Molti giungono alla conclusione che è sempre stato così e che quindi non c’è da meravigliarsi. Il denaro ha sempre controllato il mondo, dicono. Ciò non è vero. Nel mondo classico era stabilita una predominanza di valori religiosi, morali ed etici. Durante le Olimpiadi, nell’antica Grecia, cessavano le guerre e non si uccidevano le persone. Nelle città europee dell’alto medioevo esistevano una grande solidarietà sociale ed un’elevata concezione del bene comune, che erano realizzate attraverso le responsabilità sociali e ambientali delle corporazioni, gli aiuti ai poveri e agli anziani.

La ricchezza non era tenuta in considerazione solo nell’ottica del profitto e del tornaconto personale. In breve, era presente una visione della vita antitetica alla moderna ansia di acquisire con ingordigia e di indirizzare le proprie azioni verso il conseguimento della ricchezza materiale. Come giustamente rilevò l’economista Alfred Marshall negli anni Venti del secolo scorso, “il problema dei fini sociali assume forme nuove in ogni età, ma vi è in fondo a tutte quel principio basilare per cui il progresso dipende soprattutto dal grado in cui le potenti e le più elevate forze della natura umana possono venire utilizzate per l’incremento del bene sociale”. Anche nel Novecento molti sono stati gli episodi in cui i principi morali hanno prevalso su tutte le altre considerazioni di carattere materiale ed edonistico. Un esempio per tutti: alla fine degli anni Ottanta, l’unanime grande indignazione per il Massacro di Piazza Tien An Men portò anche all’embargo sulla fornitura delle armi alla Cina. Quindi è errato credere che la comunità internazionale sia sempre stata moralmente assente.

Temo che l’umanità, anche se in buona fede, sia rimasta vittima di teorie, che hanno promosso una concezione della società ispirata all’utilitarismo, all’individualismo e al materialismo. Tali teorie hanno ridotto l’oggetto delle attività economiche alla ricchezza materiale, allontanando l’economia dalle finalità anche etiche della società e identificando il fine economico con l’egoismo individuale. Oggi sussiste anche una grande confusione sull’economia, la finanza, il denaro. Economia deriva dal greco òikos nòmos, era cioè la legge per governare la casa, e poi con l’avvento della pòlis, per sintetizzare, si è arricchita con gli apporti della politica, divenendo economia politica. Fino ai fisiocrati del XVII secolo l’economia era una scienza globale, che studiava l’utilizzazione delle risorse disponibili per raggiungere gli obiettivi, che potevano essere diversi, materiali o etici o semplicemente egoistici: costruire ospizi o ospedali o strade o fare profitto a scopo personale ecc.

Sono stati gli economisti classici come Adam Smith e David Ricardo prima, e Karl Marx dopo, che hanno ridotto l’economia a una scienza settoriale, il cui scopo era principalmente il tornaconto, il vantaggio materiale, utilitaristico e individualistico. Infatti le loro scuole sostenevano che per liberare veramente l’uomo bisognava cancellare “ogni pressione morale e religiosa”. Il costo umano di queste teorie lo abbiamo costatato dopo duecento anni: centinaia di milioni di bambini uccisi nell’utero delle madri, sotto bombardamenti discriminati o assassinati nei lager, nei gulag e nei laogai. Probabilmente è stato a causa di questa comune visione materialista della vita che il grande capitale ha sempre collaborato con i regimi comunisti, mentre all’opinione pubblica internazionale era dato conoscere non gli intensi e continui traffici commerciali tra il mondo libero e l’URSS, ma solo particolari insignificanti come i viaggi del capitalista Armand Hammer, amico di Stalin e perciò giudicato eccentrico.

Quale ignobile e sanguinoso inganno! Solzenicyn dichiarò varie volte che il regime sovietico si reggeva solamente grazie all’aiuto tecnologico e finanziario dell’Occidente. Lo stesso vale per la Cina capital-comunista di oggi. Nel suo libro “Vodka Cola” il famoso sindacalista americano Charles Levinson denunciò come, sin dagli anni Venti del secolo scorso, le banche americane ed europee collaboravano con il regime sovietico per produrre nei gulag e vendere in occidente, costringendoci a toccare con mano che il capitalismo e il comunismo sono due facce della stessa medaglia. In altre parole, per una imprevedibile coincidenza degli opposti, il capitalismo, regno dell’ineguaglianza e della libertà, e il comunismo, regno dell’uguaglianza senza libertà, che tante illusioni e tante vittime hanno generato, affondano le loro radici in una concezione materialistica del mondo, rivelandosi recto e verso (fronte e retro) dello stesso foglio. Alla luce di informazioni chiare, documentate e non più occultabili, il sogno magnifico, che molti di noi hanno coltivato, del riscatto dalla prevaricazione sociale ormai è dissipato e cancellato per sempre, ma l’ingiustizia sociale permane anzi, oggi, vediamo sempre più spesso ex-comunisti allearsi con i poteri forti.

In una società sana sussistono, innanzitutto, principi etici che trascendono la vita umana e che vengono trasformati in obiettivi pratici dalla politica. L’economia studia l’utilizzo delle risorse disponibili per raggiungere i fini politici comuni. La statistica e la finanza sono semplici strumenti dell’economia. Oggi è tutto al contrario! Le origini, per così dire filosofiche dell’aborto della contraccezione e della pianificazione familiare sono, quindi, l’utilitarismo e l’edonismo, che Amintore Fanfani e Francesco Vito, nei loro testi di economia, chiamavano giustamente lo “spirito capitalista”. Questo spirito, o interpretazione della realtà, è stato presente durante la storia in tutte le società ma, in alcuni casi, è stato tenuto sotto controllo dalla forza morale dello stato e dalla solidarietà sociale della comunità. In altri casi, come accade oggi, risulta preponderante. Quello che succede attualmente in Cina ed in Occidente è solo l’estrema razionalizzazione del concetto secondo il quale l’uomo è solo un’unità produttiva e consumatrice da sfruttare, senza nessun riferimento a principi morali. Rendiamoci, quindi, conto che tutto ciò che riconosciamo essere immorale si rivelerà, presto o tardi, controproducente anche in termini pratici e economici.

Quale è la risoluzione che dobbiamo adottare? Credo che la battaglia vedrà tempi lunghi, poiché è veramente necessaria una rivoluzione di valori (dal latino re-volvere, ritorno alle origini, il sogno di tutte le società nel periodo della loro decadenza). Alle nuove generazioni sono stati trasmessi modelli di vita basati unicamente sul soddisfacimento materiale. Oggi è considerato giusto ridurre la produzione per aumentare i prezzi, la pirateria informatica è cosa “furba”, ciò che conta è guadagnare soldi ad ogni costo. Al contrario, bisogna educare i giovani ai valori eterni di onestà, generosità, lealtà, giustizia e spiegare loro il rimorso, l’esame di coscienza, l’idea di sufficienza e la cognizione che la libertà e il denaro sono mezzi e non obiettivi ultimi della vita, tutti concetti oggi obsoleti. L’umanità deve rinconquistare una visione trascendente della vita. Deve riscoprire la dignità della persona per liberarsi dall’angoscia della ricerca continua e mai soddisfatta della ricchezza materiale. Così l’uomo potrà vivere tempi nuovi all’insegna di valori, come il piacere di fare e dare senza tornaconto, che lo renderanno veramente felice e degno del suo nome. Solo così avremo un giorno un mondo con maggior giustizia sociale e leader politici capaci di individuare le giuste priorità.

(*) www.prolifenews.it


di Toni Brandi