Quando la storia si fa con i "se"

mercoledì 5 giugno 2013


Nella sede prestigiosa e solenne della sala conferenza dell’istituto della enciclopedia italiana Treccani lunedì 27 maggio è avvenuta la presentazione di un libro singolare ed importante, "La Storia con i Se, dieci casi che potevano cambiare il corso del Novecento", edito dalla Marsilio. Il libro, come ha osservato Giancarlo Bosetti, che ha moderato il dibattito, a cui hanno partecipato eminenti esponenti del mondo accademico, raccoglie e propone al lettore dieci saggi di autori diversi, sui momenti fondamentali della storia del novecento. Alla base di questo saggio vi è quella che in storiografia viene chiamata l’indagine contro fattuale, vale a dire interrogarsi su quale sviluppo le vicende storiche avrebbero avuto se nei momenti fatali i grandi personaggi del passato avessero agito in modo diverso, assumendo decisioni che era in loro potere adottare.

Ovviamente questa indagine storiografica fondata sul metodo contro fattuale presuppone il ripudio del determinismo, privilegiato dagli storici marxisti convinti che la storia sia governata da leggi ed abbia un fine, e la convinzione che siano i fattori casuali ed imprevedibili a determinare la direzione della grande storia. Citando il grande filosofo Karl Popper, autore della società aperta, Bosetti ha ricordato che il futuro della storia è aperto ad ogni prospettiva. Andrea Graziosi, che ha scritto il saggio sulla rivoluzione russa del 1817, ha, nel suo intervento, chiarito il ruolo ce ha avuto Lenin nella vicenda politica convulsa e confusa seguita alla fine dell’assolutismo degli Zar. Quando viveva esiliato in Svizzera, dove si dedicava ai suoi studi, Lenin era convinto, come risulta dai documenti, che il socialismo non avrebbe visto la luce durante la sua vita e la sua esistenza. Dopo la rivoluzione di Febbraio del 17, Lenin con il famoso vagone piombato, godendo della protezione dei tedeschi, riuscì a raggiungere la Russia il tre aprile. Una volta giunto nella sua patria, Lenin ebbe un duro e aspro confronto sia con i Menschevichi e i social rivoluzionari sia con gli stessi Bolschevichi del suo partito. Infatti, come ha osservato con grande rigore storiografico lo storico Preziosi, i Bolschevichi all’inizio erano intenzionati a collaborare sia con i liberali sia con i Menschevichi per dare vita in Russia ad una democrazia parlamentare.

È stato Lenin, malgrado i Menschevichi avessero ottenuto la maggioranza dei voti alle elezioni per i Soviet e l’assemblea costituente, a volere la rivoluzione di ottobre del 1917, da cui è derivata la nascita della unione sovietica e la comparsa nella storia del totalitarismo comunista. La Storia, come notava nei suoi studi Croce, è sempre univoca. Tuttavia è giusto interrogarsi quale sviluppo avrebbe avuto la storia europea, in assenza della rivoluzione russa del 1917. Sicuramente il trattato di Versailles del 1919 avrebbe disegnato in modo diverso i confini dell’Europa, in seguito agli sconvolgimenti prodotti dalla prima guerra mondiale, si pensi alle regioni del baltico. In più non ci sarebbe stato, come è avvenuto dopo la seconda guerra mondiale, la formazione dell’impero sovietico che ha soggiogato l’Europa dell’est, dando vita a quella ondata di anticomunismo che ha lasciato tracce significative nella letteratura e cultura occidentale. Lo stesso Gramsci, all’indomani della rivoluzione di ottobre del 1917, scrisse su l’Avanti che era avvenuta contro le analisi esposte nel Capitale da Karl Marx, per il quale il socialismo doveva nascere in seguito allo sviluppo della società capitalistica, mentre la Russia dell’epoca sprofondava nella miseria e nella arretratezza.

Claudio Strinati, nel suo saggio che si presenta come un brillante esercizio letterario, si è domandato cosa sarebbe accaduto se Hitler fosse stato ammesso all’accademia di belle arti di Monaco, e non avesse scelto la professione del politico. Molti dei quadri dipinti dal dittatore tedesco sono andati dispersi. Di quelli che rimangono Strinati ha parlato a lungo, sostenendo che si tratta di acquarelli da cui emerge una delicatezza nel ritrarre l’architettura elegante e classica di palazzi delle città tedesche del tempo. Si sa che Hitler coltivava una grande passione estetica per la musica di Wagner e che il suo antisemitismo fu alimentato dalla venerazione che nutriva per il grande musicista, nella cui musica traspare l’odio per i nibelunghi deformi. In ogni caso dai quadri, che sono stati recentemente venduti all’asta di Hitler, si può arguire che il dittatore tedesco aveva una attitudine innegabile per il disegno geometrico e prospettico. Non potette esercitare questa professione, e da qui per gli storici è derivata la sua frustrazione che spiega il suo temperamento odioso e criminale, poiché era sprovvisto del titolo di studio.

Infatti non venne ammesso all’accademia di belle arti di Monaco, dove si era trasferito lasciando l’Austria, la sua patria. Giovanni Sabatucci, grande storico, si è occupato nel suo saggio del mistero legato alla mancata firma da parte del Re Vittorio Emanuele terzo del famoso decreto Facta nel 1922. Giovanni Sabatucci ha osservato, a proposito del metodo contro fattuale, che lo si può seguire, ricostruendo gli eventi storici, solo quando in passato per i grandi personaggi storici esisteva una alternativa tra diverse decisioni politiche. Non vi è dubbio che se il 1922 il Re Vittorio Emanuele terzo avesse firmato il decreto proclamando lo stato d’assedio, non ci sarebbe stato l’avvento al potere di Mussolini e la formazione del regime fascista. Sabatucci ha con grande rigore ricordato che il decreto era stato annunciato da manifesti affissi nella città di Roma. Indubbiamente per capire la motivazione che indusse il Re a non firmarlo, occorre considerare il contesto politico del tempo, nel quale tutti i maggiori leader da Facta a Giolitti volevano la formazione del governo insieme a Mussolini. Per Sabatucci è utile fare ipotesi e dedicarsi al gioco erudito della simulazione per guardare con attenzione nelle pieghe nascoste dei grandi eventi. A questo proposito, per stabilire per quale motivo il Re desistette dall’adottare il famoso e misterioso decreto Facta, è necessario ricordare che nella vita politica del tempo vi era una violenza diffusa in ogni ambito della vita civile.

Se il decreto fosse stato adottato, presumibilmente a prevalere sarebbe stata la ispirazione sovversiva e antistatalista del fascismo, in luogo del regime che nacque con l’ascesa di Mussolini al potere. Non bisogna dimenticare che il fascismo, come fenomeno autoritario e politico, ha avuto una grande influenza sulla storia Europea. Tuttavia l’avvento del nazismo al potere in Germania, per Giovanni Sabatucci, è opportuno che sia messo il relazione con la grande crisi economica del 1929. Ernesto Galli Della Loggia, storico autorevole, nel suo saggio ha descritto cosa accadde nella storia italiana dopo l’otto settembre del 1943. Con la formazione del governo Badoglio, dopo la destituzione di Mussolini, e la fuga del Re verso Brindisi, in un momento drammatico della storia italiana, mentre i tedeschi erano in procinto di occupare Roma, si è avuta la disgregazione dello stato e dell’esercito, che venne lasciato allo sbando. Per Galli della Loggia, se il Re non fosse fuggito ed avesse assunto la guida dell’esercito per difendere la indipendenza della nazione, dopo la firma dell’armistizio con gli alleati anglo americani, molto probabilmente non ci sarebbe stata la fine della monarchia. Avremmo avuto una monarchia costituzionale in luogo della nascita della repubblica.

Per Galli della Loggia la dissoluzione della monarchia ha fortemente indebolito lo stato nazionale, fatto che spiega storicamente molti dei problemi politici con cui siamo chiamati a misurarci nel nostro tempo. Infatti la monarchia è stata storicamente la istituzione su cui lo stato unitario è stato eretto e costruito. Dopo la fine della monarchia, si è rafforzato il ruolo dell’apparato di potere presente nella amministrazione pubblica dello Stato. Per quanto riguarda le implicazioni che ha avuto la rivoluzione russa sull’ Europa e sull’Italia, Galli della Loggia ha osservato che nel nostro paese il Partito comunista ha fatto perdere e smarrire la bussola al partito socialista, che nel 1946 in Italia era il principale partito della sinistra. Se in Italia non c’è stata una vera sinistra riformista di governo, questo fatto è dovuto, secondo la interpretazione di Galli della Loggia, al ruolo egemone esercitato nella politica italiana dai comunisti. Massimo Teodori, studioso della cultura americana, ha nel suo saggio analizzati i fatti politici della storia recente degli Usa. Se nel duemila fosse stato eletto AL Gore alla presidenza Usa invece di George Bush, cosa sarebbe accaduto dopo l’undici settembre? Molto probabilmente l’America avrebbe reagito diversamente e seguito una politica estera con altri caratteri per combattere e contrastare il terrorismo di matrice islamica ed internazionale. Forse la guerra in Afghanistan ed in Iraq non avrebbe avuto luogo. Un libro, questo sui casi della storia del novecento che avrebbero potuto prendere una diversa direzione, che mi ha ricordato il grande saggio dello scrittore tedesco Stefan Zweig intitolato Momenti Fatali.


di Giuseppe Talarico