Il De Nicola "nascosto" di Francesco Perfetti

venerdì 17 maggio 2013


Uno smaliziato ritratto di Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato nel 1946-’47 e poi, nel ’48, primo presidente della Repubblica italiana, è dipinto con efficacia da Giovanni Ansaldo in Don Enrico. Il volume esce presso Le Lettere, a cura di Francesco Perfetti, nella collana “Piccola Biblioteca di Nuova Storia Contemporanea” (pp. 108, € 11). Dell’autore, giornalista fra i maggiori del nostro Novecento, impareggiabile maestro di scrittura, sono riprodotti sia articoli sia brani tratti dai pregevoli diari. Ne esce un personaggio a tutto tondo, verso il quale Ansaldo all’inizio non provò alcuna simpatia: anzi, quasi l’avversava, con ironie tutt’altro che lievi quando nel novembre ’22, e Mussolini pronunciò il celeberrimo discorso dell’ “aula sorda e grigia” con De Nicola presidente della Camera.

Poi, man mano Ansaldo ebbe a conoscere anche privatamente l’uomo De Nicola, ne capì e apprezzò non pochi aspetti, specie quanto a integrità morale e a costume di vita. Rimase, invece, costantemente perplesso, e anzi sovente ci scherzava sopra, di fronte all’autoconsapevolezza della maestria giuridica di De Nicola. Quel districarsi del politico e avvocato nei meandri costituzionali, alla ricerca di possibili soluzioni a problemi indicibilmente complessi, sollecitava nel giornalista più di una perplessità, specie con riferimento a uno dei più noti e impegnativi interventi operati da De Nicola: la trovata della luogotenenza del Regno, per consentire a Vittorio Emanuele III di uscire di scena senza rinunciare formalmente al trono.

Ad Ansaldo le sottigliezze nelle procedure costituzionali parevano sovente pane per causidici, senza che sfamassero la fame reale del mondo politico e ancor meno dei cittadini. De Nicola, da parte sua, gradiva voltolarsi in labirinti giuridico-politici. Sono godibili pure alcuni graffianti commenti di Ansaldo a vezzi personali del presidente, per tacere del vivace episodio incentrato sul furto delle ruote dell’automobile con possibili, conseguenti guai per la città di Torre del Greco, ove De Nicola amava rifugiarsi e in cui subì appunto la sottrazione delle gomme. Presa di mira era pure l’indubbia vanità del personaggio, che però non voleva mai farla apparire, stando lontano quindi dal narcisismo intollerabile (tanto per fare un nome) di Giovanni Spadolini.


di Marco Bertoncini