Gargantua e Pantagruele

martedì 23 aprile 2013


La comprensione e la conoscenza della civiltà europea, che un classico della letteratura ed un grande libro del canone occidentale sono in grado di dare ed offrire al lettore, non ha confronti e paragoni con altri linguaggi della cultura. Il lettore del nostro tempo può leggere in una pregevole edizione curata da Leonello Sozzi, uno dei maggiori francesisti italiani, il celebre libro di Francois Rabelais "Gargantua e Pantagruel". Il libro, uno dei maggiori classici della letteratura europea, è pubblicato dalla Bompiani e si tratta di una edizione corredata da un vasto apparato di note, che ne rende emozionante ed utilissima la lettura. L’opera di Rabelais è famosa per il riso e la satira che sono presenti nei cinque libri che danno una forma compiuta alla narrazione, grazie alle quali il lettore viene messo nella condizione di capire le origini della civiltà umanistica, la formazione e la nascita del rinascimento e le implicazioni che la riforma protestante ha avuto in seno alla civiltà europea.

Un grande studioso come Bachtin, a proposito del libro di Rabelais pubblicato per la prima volta in Francia nel 1535, ha sostenuto che in questa opera viene elevata a dignità letteraria e consacrata nell’empireo della grande letteratura la cultura materiale e popolare, quella bassa che si riferisce alla parte istintiva del genere umano, e ha insistito sul carattere carnevalesco della narrazione racchiusa nei cinque libri del "Gargantua e Pantagruel". Tuttavia altri critici, senza contestare la interpretazione proposta da Bachtin, hanno diversamente colto nell’opera di Rabelais la mirabile coesistenza di diversi registri espressivi, sicché la cultura bassa e popolare convive poeticamente con quella alta e erudita, propria dei ceti egemoni e del mondo accademico. Il riso, che sgorga e trae origine dalla constatazione che il modo è dominato dalla follia, deriva da una comicità, che si coglie nei diversi racconti che danno vita a questo meraviglioso classico, al di sotto della quale è nascosta e dissimulata una verità profonda, sicchè la narrazione è tutta intrisa di simbolismi ed è il prodotto di una straordinaria allegoria. Nel primo libro viene raccontata la nascita, la formazione e l’educazione di Gargantua. Gargantua, uomo saggio, educato a vivere seguendo la saggia prudenza e ad avere come modelli Mosè e Socrate, è costretto a combattere una guerra contro il re Picrochole, il quale ha invaso i suoi possedimenti senza motivo.

In realtà, questo racconto simbolicamente rinvia e allude alla guerra tra Carlo V e Francesco I re Di Francia, che, in seguito alla famosa battaglia di Mantova, venne fatto prigioniero. In questo primo libro viene in modo allegorico condannata la guerra e considerata come una conseguenza della follia umana. Una volta conclusa la guerra, Gargantua decide di fondare una Abbazia, al cui ingresso si trova una iscrizione, che invita ed esorta, coloro che vi abitano e vivono, a fare ciò che vogliono. Il monastero di Theleme, come ha osservato lo studioso di letteratura Emanuele Trevi, si configura, a differenza della città del sole di Tommaso Campanella e della Utopia di Tommaso Moro, come il luogo ideale in cui si vive pacificamente e ogni desiderio umano può essere esaudito. Nel secondo libro, appare Pantagruele, figlio di Garagantua. Anche Pantagruele viene costretto dalle situazioni politiche del suo tempo a combattere una guerra. Tuttavia nella narrazione l’aspetto che ha indotto gli studiosi a interpretazioni assai significative, poiché consentono di cogliere il mutamento culturale che è avvenuto con la nascita del rinascimento, si riferisce alla famosa lettera con la quale Gargantua esorta suo figlio Pantagruele a perseguire nei suoi studi, che sta compiendo a Parigi, la perfezione morale e la conoscenza assoluta.

Pertanto non solo gli suggerisce di apprendere le arte del trivio e del quadrivio, ma a diventare esperto di medicina, diritto e teologia, sapendo, come ricordava nei suoi scritti il filosofo Cusano, che il sapere è un campo vasto che si dischiude sull’infinito. In questa parte della narrazione, nei primi due libri, in modo satirico e sottile vengono irrisi e derisi sia il mondo ecclesiastico, sia quello giuridico, sia quello bellico. Infatti nel libro si nota come la filosofia scolastica di Durls Scoto, figura di primo piano della Sorbona, sia inutilmente oscura e incomprensibile. Si citano situazioni divertenti e comiche con la volontà di condannare e deplorare la vendita delle indulgenze, pratica seguita nel mondo ecclesiastico ai tempi di Rabelais. Per queste ragioni, i primi libri pubblicati da Rabelais vennero inseriti nell’elenco delle opere proibite alla Sorbona. Tuttavia Rabelais potette, durante la sua vita, godere della protezione che gli assicurò il potente cardinale Jean Du Bellay. Negli altri tre libri, in racconti che sussusseguono in modo straordinario ed emozionante, con il riso e la satira viene criticata la vita oziosa e indolente dei monaci e degli eremiti. Infatti, in base ai grandi testi di Marsilio Ficino, Pico delle Mirandola e Cusano, la dignità umana dipende da una vita consacrata alle diverse attività che si possono svolgere in seno alla società. Inoltre è importante che l’uomo, oltre ad essere attivo ed impegnato nella vita civile e sociale, sia capace di tenere una condotta virtuosa e civile.

Proprio per questi episodi narrati nei vari libri, qualche studioso ha giustamente notato che nel libro vi è una sintesi felice tra la cultura stoica di Seneca e la religione tradizionale. Infatti in più passi della narrazione, sempre attraverso il registro espressivo della satira e del riso liberatorio, l’uomo viene invitato a vivere in modo distaccato ogni evento e a liberarsi da ogni inquietudine e passione, seguendo l’atarassia, considerata come l’antidoto fondamentale dai filosofi stoici contro ogni forma di sofferenza. Panurgo, il compagno di studi di Pantagruele, a proposito dei debiti, osserva che la relazione fra creditore e debitore è fondamentale, poiché evoca l’armonia che è presente nel corpo umano e che dovrebbe esserci in seno alla comunità degli uomini. Infatti se viene meno la solidarietà tra le persone, non solo l’uomo è condannato alla solitudine, ma la società stessa non poterebbe esistere. Poiché Panurgo matura la decisione di sposarsi, prima di farlo vuole avere un consiglio dai saggi, poiché teme di venire tradito dalla sua futura moglie. Per questo si rivolge a diverse figure, presentate nel libro sotto una luce dissacrante e satirica. Né il prete, né il teologo, né il giurista con il loro prezioso consiglio riescono a rassicurare Paunrgo. Per questo motivo Pantagruele e Panurgo, iniseme ad altri esponenti della corte, intraprendono un viaggio in mare, per raggiungere un tempio, collocato su di una isola, e consultare la Divina Bottiglia.

In questa parte del libro vi è un riferimento evidente alle grandi opere del mondo classico, come L’odissea e L’Eneide e le Argonautiche, poiché il viaggio viene presentato e descritto nell’opera di Rabelais come l’esperienza conoscitiva maggiore che l’uomo possa fare nella sua vita. Infatti durante il viaggio Pantagruele e Panurgo e i loro compagni visiteranno isole diverse, in ognuna delle quali abitano esponenti del genere umano i quali, per il loro modo folle di vivere, suscitano il riso. Durante il viaggio nel mare aperto Pantagruele e Panurgo ascoltano il suono di parole, che poi si manifestano, assumendo un forma singolare e congelandosi. In questa parte della narrazione è evidente il riferimento al mondo delle idee di Platone ed agli archetipi che si trovano collocati nel Iperuranio. Straordinaria è la descrizione dell’isola in cui vivono i magistrati, abituati ad emettere sentenze favorevoli in cambio di denaro da parte di chi ha la sfortuna di cadere sotto le loro grinfie, quasi a volere simbolicamente dimostrare che la giustizia non può esistere nella società umana. Una volta raggiunta l’sola della Bottiglia Divina, Panurgo ed i suoi compagni scendono nelle viscere della terra, dove si trova il tempio. Nel tempio, la cui descrizione evoca i templi dell’epoca classica, al centro vi è una lampada che diffonde e spande una luce dai colori diversi. La sacerdotessa conduce Panurgo nel luogo sacro del tempio, dove risuona una sola frase: "Bevi dalla bottiglia".

Infatti la bottiglia evoca il piacere e la verità che vi è nascosta al suo interno e che l’uomo, nel corso della vita, è tenuto a ricercare instancabilmente ed incessantemente. A proposito della conclusione del libro, occorre ricordare la famosa affermazione di Democrito, citata da Rabelais, secondo la quale la verità è nascosta in fondo al pozzo. Inoltre questo racconto e la descrizione del tempio che è situato nella viscere della terra, dove Panurgo non ottiene una risposta definitiva al suo quesito, mostrano che Rabelais ha attinto ispirazione per scrivere questa storia dai testi della tradizione ermetica e da quelli di Ermete Tremegsito. A questo proposito, per gli studiosi, nell’opera sia ha un sintesi tra l’Ermetismo ed il Platonismo. Infatti per i pensatori ermetici è nella parte più profonda dell’animo umano che sono dissimulate le grandi verità che abbiamo il dovere di ricercare con lo studio e la riflessione filosofica. Un classico, questo grandioso libro di Rabelais, la cui lettura, per la erudizione presente nel libro e la raffinatezza della scrittura, è fondamentale per capire l’identità e lo sviluppo della civiltà europea.


di Giuseppe Talarico