Quando La Modestia diventa umiliante

mercoledì 17 aprile 2013


Al Teatro Argentina di Roma, il regista Luca Ronconi ha messo in scena "La Modestia", di Rafael Spregelburd, per l'interpretazione di due coppie di bravissimi attori, Francesca Chiocchetti, Maria Paiato, Paola Pierobon, Fausto Russo Alesi. L'opera scorre adagiandosi su di un complesso tessuto "situazionale", che avvolge, con i suoi meridiani e paralleli, una sorta di "cubo magico", le cui facce ruotano diacronicamente, secondo cadenze imprevedibili, passando da un continente “fisico” all'altro, attraverso la costante volumetrica di una stessa, identica stanza! È quest'ultima a schiudere una qualche strana forma di "finestra temporale", che catapulta le scene in avanti e indietro nel tempo, cadenzando l'esistenza di otto personaggi diversi, a gruppi di quattro per volta.

Amori, legali e clandestini, si fondono agli odori di cucine lontane, mentre da subito appare un'arma, nel cui mirino c'è un falso ladro e, dal lato dell'impugnatura, agisce una moglie confusa e fedifraga. Il cubo magico ribalta, l'uno sull'altro, appartamenti di uno stesso condominio, aperti da un’identica chiave. Le riseghe della tresca si mescolano -avvolte in un "soma" disperato- a oscure trame politiche, sottese da ricatti mai chiariti. Così, inseguendo il concetto della mutazione delle categorie epocali, ai peccati capitali delle dottrine cristologiche, se ne contrappongono altre di nuovo conio, come quelle enunciate dal pittore fiammingo Ieronimus Borch. È così che la Modestia (antagonista solo apparente della Superbia) si mescola alla Stupidità (contro-immagine dell'Avarizia), per enunciare gli ulteriori piani inclinati, lungo i quali scivola la "pietas" umana, dissolvendosi nell'acido degli opportunismi, del falso perbenismo e del più bieco conformismo. Nel primo quadro, i quattro personaggi si muovono nello spazio sociale e culturale del continente sudamericano, per ricollocarsi, poi, assecondando uno strano gioco di coppie, nella Russia post comunista. Lo “switch-off/on” (ovvero, "l'interruttore"), per così dire, è individuato e reso noto al pubblico da un vistoso cambio di pronuncia di una delle due voci maschili, teso a sottolineare l'origine russa di quel personaggio mutante.

Nel primo scenario latino, Spregelburd pesta nel mortaio del Destino le storie professionali e sentimentali -viste da un'ottica prettamente femminile - di un avvocato, del suo amico perito, della moglie e dell'amante del primo. Ai sospetti fondati della consorte legittima, si sovrappongono, confusamente, i piani recitativi dell'amante, vicina di casa e in preda a una separazione coniugale tormentata. A lei spetterà il compito di cercare un mediatore improvvisato, per avere informazioni dal marito sulla sorte della propria figlia, convincendo l'ignaro perito a fare una telefonata. Sarà poi quest'ultimo a rendersi apparentemente utile, nonostante lei lo avesse scambiato inizialmente per un ladro, per poi scoprire guignolescamente che si trattava, effettivamente, di un amico del suo amante avvocato, chiamato ad analizzare la dinamica di un incidente, accorso a una nave porta-container. Per trarsi d'impaccio, il consulente adotterà un piccolo espediente, all'interno di una delle scene più comiche e istrioniche dell'intera pièce. Alla fine della rappresentazione, la Stupidità (intesa come Avarizia di sentimenti in entrambi i coniugi e nell'amante) si rileverà in tutto il suo cinismo, avvolta da una nuvola di alcool. Ma, anziché finire in tragedia, armando la mano della moglie tradita, il tutto si traduce in farsa, grazie alla preveggenza del solito perito, che eviterà la strage, ricorrendo a un semplice stratagemma.

L'altro nuovo vizio capitale, quello della Modestia (ovvero, dell'Umiltà che umilia chi ne è testimone e ipotetico beneficiario) riguarda altre due coppie sposate, in cui un medico russo espatriato si trova nell'impossibilità di esercitare la professione medica nel Paese di accoglienza. Malgrado questo, interviene in soccorso del genero della sua padrona di casa, scrittore fallito e malato di tisi, con un suocero defunto e la moglie attuale che si dimostrano autentici, ma sconosciuti, talenti artistici letterari. In questo secondo emisfero della rappresentazione, viene a mancare del tutto l'ironia del "triangolo" del primo modulo, mentre il dramma della malattia è strumentalizzato fino alla morte, per un risultato apparente, fragile come lo spago che lega una pesante valigia di cartone dell'eterno emigrante, che semina vento con il suo viaggiare, facendone un luogo di perenne “incompiuto” esistenziale. Avido di successo, la sua ambizione di profugo fa appassire i giardini fioriti, uccidendo ciò che, in origine, era Amore, capace di svilimento delle proprie qualità (coniugate esclusivamente al femminile) per la salvezza dell'Amato. Complicata, certo, ma nondimeno assai interessante, quest’ultima fatica di Ronconi. Regia impeccabile e attori davvero formidabili, con la loro capacità di fare da ponte tra due universi tanto eterogenei.


di Maurizio Bonanni