Il lascito di Cafagna e Mondoperaio

mercoledì 20 febbraio 2013


Discuteranno nei prossimi giorni dell’opera dello studioso socialista Luciano Cafagna, scomparso nel 2012, due riviste, Mondoperaio, e Reset, e tre istituti culturali, Libertà eguale, Fondazione Basso e Fondazione Socialismo. Su cinque soggetti, tre antisocialisti. A pensarci bene, questo è il lascito dei migliori pensatori della socialdemocrazia italiana scomparsi, da Cafagna a Landolfi, come dei presenti come Luciano Pellicani. Il loro operato, la loro ricerca di verità ed indagine, la loro onestà intellettuale non hanno pagato. Sono stati messi nell’angolo e poi affidati all’attenzione, alle cure ed alla collocazione dai loro nemici. Del Lascito di Cafagna parleranno l’amico del giaguaro Amato, il comunista cui piace giocare a fare il socialista Macaluso, il liberale che si fa eleggere dai post comunisti Morando, il kennediano dell’Unità Bosetti, ed i post socialisti risorti alla vita culturale con l’aiuto della fondazione di D’Alema.

Ci sono due tipologie ammesse di convegnistica per le attività del fu mondo italosocialdemocratico. La prima, ufficiale, accademica e seria è a cura del fu mondo comunista. La seconda, intimistica e pascoliana, è legata ai rimpianti e pianti dei coinvolti diretti nella scomparsa del Psi, ed ai loro familiari. Il Psi non c'è dal ’94, gli anni passano, i diretti interessati spariscono per evidenti ragioni d’età. Tra 10 anni si dirà che ci fu sempre un solo comparto socialista e che Saragat era uno degli pseudonimi di Togliatti. Già ora i giovani, a forza di vedere Alemanno piangere in memoria di Craxi, l’ultimo leader Psi, e Storace esaltarne il nome, pensano che Bettino fu in qualche momento segretario Msi, tra Almirante e Fini. Cafagna non avrebbe voluto tutto ciò; nessun socialista, sembrerebbe, l’avrebbe voluto. Eppure in qualche misura anche l’operato di 50 anni di Cafagna - una vita a Mondoperaio- ha condotto a questo risultato. Mondoperaio I fu una rivista del Partito Socialista Italiano.

Non una rivista di area socialdemocratica, o socialilerale, o socialcomunista, oppure un cenacolo intellettuale indipendente, o una fondazione di studi sostenuti da una banca. No, Mondoperaio fu uno strumento dell’agitprop Psi, in un’epoca in cui i partiti, che restano sempre e comunque associazioni private, erano principale fonte di cultura politica, sociologica e normativa. D’altronde l’intellettuale organico preesisteva a Gramsci e Pci che ne rubarono il copyright, come in milioni di altri casi simili. Mondoperaio nacque nel ’48, fondato da Pietro Nenni quando la sua componente era in minoranza dopo la debacle del Fronte Popolare. Nenni, premio Stalin ’51. Nenni che perse la segreteria Psi prima della guerra a favore del collaborazionista ex Pci Tasca e di Saragat. Nenni che perse la segreteria Psi durante l’Aventino a favore del massimalista Oro Nobili. Nenni che imparò lo sbianchettamento della storia, facendo sparire Tasca e Oro Nobili e la dignità di tutte le scissioni, se non quelle filocomuniste, del Psu turatiano come del Psri bissolatiano. Mondoperaio, come dice la parola, doveva occuparsi di poliica estera, dell’alleanza mondiale proletaria, al tempo dei comitati di pace di Stalin. Ovviamente come nella storia di tutti i partiti popolari, di operai non ce n’erano. Accanto ai professori, c’erano più politici, sindacalisti, maestri e piccoloborghesi di oggi. Mondoperaio I visse anche degli oltre $2 milioni ricevuti dai comunisti russi tra ‘51 e ’56, fintanto che Nenni fu stalinista.

All’esordio rivista dei socialisti, ligi all’alleanza, costi quel che costi, con i comunisti, Mondoperaio I dibattè di socialismo reale finchè con De Martino direttore dal ’56 ed in aggiunta Panzieri dal ’58 finì a trattare di autonomia operaia. Finita nel vicolo cieco di paracomunismo e sostegno all’estremismo sinistro, la rivista ebbe uno stop mentre il Psi fondava il primo centrosinistra con la Dc, del ’63. Mondoperaio II ricominciò nel ’73 con la direzione Coen, e dall’85 di Pellicani. sempre come rivista Psi, ma con una linea socialiberale ad inversione ad u; per poi morire con la fine del Psi craxiano del ’94. Mondoperaio III fu quello dei socialisti dell’umiliazione. Lo riaprì Claudio Martelli, che si fece eleggere dallo Sdi di Boselli per poi disconoscerlo: fino al 2008, fu la rivista Sdi diretta da Pellicani, europeista, laica e liberale, anodina e prodiana. L’attuale MO IV sarebbe ufficialmente rivista ufficiale del Psi nenciniano, tanto che l’uomo di Nencini a Milano, Biscardini ne è direttore editoriale. MO IV però è guidato da Luigi Covatta che da tempo fa coppia con Acquaviva, due ex Psi che cercano di tenere insieme la diaspora socialista e che finiscono a raccoglierne i fautori.

Nel nuovo MO IV c’è la giornalista Tg3 commendatrice per meriti di monetine, c’è il professore napoletano già migliorista oggi montista, c’è il prof liberale Luiss, c’è quello ad un tempo di Bassanini e di D’Alema, c’è il cicchittiano Polillo, dell’ex governo Monti, c’è l’ex radicale, ex Pdl, in cerca d’attore Teodori, c’è il giovane braccio destro di Boselli e di Nencini, gli storici del craxismo, i consiglieri di Berlinguer e Rutelli, giornalisti recuperati dall’Avanti che fu, e poi professori, professori, a go go, reduci degli incarichi degli anni ’90. Emblematico l’auroritratto di uno dei suoi più giovani componenti, Paolo Borioni: un giovane (sic) già collaboratore di uno dei leader socialisti romani anticraxiani. P.B. volle essere socialdemocratico ma di sinistra; scoprì che il Psi significava socialdemocrazia europea ma che non la conosceva mentre gli eredi del Pci erano politicamente sterili . Dopo aver studiato il welfare danese, per P.B. l’importante è essere veri riformisti, siano ex pci, ex psi, ex cisl. Chissà perché non anche ex uil o ex Pri; chissà perché non centrodx o destra sociale, sempre off limits. Cafagna, nel suo lascito non ha insegnato a P.B, cosa sia stato il riformismo e quando sia morto; non ha ricordato abbastanza Bad Godesberg ed il senso delle scissioni, a partire dalle tranches di $ documentate da Riva (nel ’59 $65mila, 170mila nel ‘61, 190mila nel ‘62, 265mila del ’63, un milione nel ’65, 970 mila nel ‘66) con cuì Mosca pilotò la scissione della sinistra Psi di Lelio Basso, prima nel Psiup, poi direttamente nel Pci; non ha confessato che in “Per non fare a pezzi l’Italia” dava ragione alle tesi leghiste e non alla politica risarcitoria liberalsocialista meridionale alla Nitti. Cafagna ci ha lasciati; ci ha lasciati ignoranti ed ignorati, in mano a intellettuamente disonesti. La scolaresca è somara ma anche il professore ha le sue responsabilità. Un lascito amaro purtroppo condiviso.


di Giuseppe Mele