L’artista e la libertà del commercio

martedì 5 febbraio 2013


All’inizio del 1500 Albrecht Durer (nella foto) fu forse il più famoso artista dell’Europa del nord. Un recente articolo dell’Economist riporta che egli era anche un uomo d’affari decisamente sveglio. Nel mondo di oggi degli artisti popolari – da Steven Spielberg a Lady Gaga – l’unione di business e intrattenimento, se per qualcuno è deplorevole, è tuttavia comunemente accettata. Ma molti pensano ancora che i veri artisti e gli uomini d’affari in cerca di profitto provengano da posti radicalmente diversi. Storicamente parlando, tuttavia, casi come quello di Durer sembrano essere stati piuttosto numerosi. Tyler Cowen spiega nel suo libro In lode della cultura popolare, per esempio, che gli artisti della Firenze rinascimentale erano uomini d’affari. Michelangelo e Raffaello scolpirono e dipinsero capolavori eterni per prelati e principi, ma ognuno di essi ebbe un occhio di riguardo per i profitti.

Questi artisti imprenditori non sono stati un qualche scherzo della storia. Anche la comparsa nel medesimo istante nella cultura occidentale dell’artista e del mercante non fu casuale. Prima del ritorno dell’urbanizzazione e del commercio, l’artista come lo pensiamo noi oggi non esisteva. Ciò che ha trasformato artigiani e mercanti in artisti sono state le stesse cause e condizioni che hanno dato origine agli uomini d’affari indipendenti. Senza di loro non ci sarebbero stati gli artisti.

La fine del Medioevo e l’inizio dell’Artista

Durante il Medioevo qualcuno con notevole talento artistico probabilmente sarebbe rimasto sconosciuto nella predominante Europa rurale – troppa aratura e mietitura da fare. I pochi fortunati a godere di fama lo fecero perché avevano decorato un a cattedrale o un castello. Quelli più fortunati, con relazioni sociali ottime oltre alle loro abilità, dovettero essere legati a patroni nella chiesa o nel la nobiltà. Ma in un mondo dove la povertà era la regola, la domanda globale per arte fine era veramente bassa e i patroni difficili da trovare. In tale mondo l’artigiano faceva ciò che gli era detto e null’altro. La fine del Medioevo avvenne lentamente, cominciando dall’Europa del Sud nel secolo XI e dilagò verso Nord nei successivi cento anni. La città, che era decisamente scomparsa dall’Europa, tornò per diventare il fondamento della rivoluzione industriale. Specialmente nelle città costiere italiane, i mercanti divennero grandi attori non solo nel commercio ma altrettanto bene nella politica e nella società. La classe mercantile, o borghese, che doveva sapere leggere i contratti e fare i calcoli di costi e guadagni, aumentò la domanda e sostenne la fornitura di una maggiore diffusione di sapere letterario e matematico (Henry Pirenne è un’ottima fonte per queste storie).

La ricerca di profitto i spinse i mercanti in giro per tutto il mondo conosciuto, espandendo non solo la varietà dei prodotti importati verso l’Occidente, ma altrettanto importante, anche ampliando il panorama dei gusti dei consumatori nei centri urbani in espansione. I ricchi mercanti (così come uomini di Chiesa e principi) cominciarono a domandare una più elaborata diversità di beni. Appena lo standard di vita dei comuni cittadini risalì e i loro talenti lungamente intorpiditi si risvegliarono, le persone cominciarono a preferire il profano al sacro, o almeno a dare un maggior valore a lle loro esperienze e creazioni nel mondo.

Commercio e artista

L’artista come noi lo pensiamo oggi – creativo, fieramente indipendente, lunatico – sarebbe potuto non sopravvivere nel mondo statico dominato da Papi e principi. Ma la ricchezza in espansione dei mercanti e il crescente gusto per le storie resero possibile a sempre più persone di scoprire nuove idee e trovare nuovi sbocchi dove esprimersi. Da un lato, l’espansione commerciale diminuì il costo delle novità. Per esempio, schizzi in carta più economica permisero ai pittori di provare le loro idee prima di impegnarle nella pietra o nel gesso; le pitture a olio, come la gomma per la matita, permisero ai pittori di coprirei loro errori e riprovare; infine l’invenzione della contabi lità a partita doppia permise ai Michelangelo del Rinascimento di tenere una contabilità dettagliata della condizione finanziaria del suo laboratorio artistico. Da ll’altro lato, avere fonti di clienti oltre a Chiesa e nobiltà implicava che perdere un patrone non significava necessariamente la rovina finanziaria dell’artista. Con la ricchezza che aumentava e veniva da i commerci in espansione, un numero crescente di persone pot é permettersi di comprare oggetti d’arte per decorare le loro case e le sale usate nei loro commerci. Con le nuove idee e tematiche presenti in quell’ambiente, l’artista poteva avere maggior fortuna nel soddisfare i sempre più abbondanti gusti dei mercanti (con eventualmente principi e anche forse vescovi).

La diversificazione nel lato della domanda potrebbe avere diminuito il rischio della sperimentazione, consegnando così agli artisti una libertà di creazione fino ad allora sconosciuta nella storia umana. La classe dinamica dei mercanti diede i natali alla libertà artistica un migliaio di anni fa e oggi il commercio continua a aprire nuove opportunità per espressioni creative di artisti promettenti – da Youtube agli eBooks, ai nuovi mezzi di comunicazione. Arte e affari, assieme a molto di quello che noi oggi identifichiamo come cultura, sono frutti della libertà economica.

Traduzione di Alessandro Puzielli dal sito del Ludwig von Mises Italia


di Sandy Ikeda