Dopo la condanna, la grande fuga

mercoledì 23 gennaio 2013


L’aspetto fisico non l’ha mai trascurato. E proprio da una palestra, dove si forgiano i muscoli, ha fatto perdere le proprie tracce. Fabrizio Corona, il temuto paparazzo, è passato dall’altra parte dell’obiettivo. Condannato a cinque anni per estorsione aggravata ai danni di David Trezeguet, ex attaccante della Juventus e della nazionale francese,  Corona si è dileguato poco prima del pronunciamento della sentenza. Gli agenti della polizia di Milano lo stavano seguendo e il fotografo, con una mossa alla Houdini, si è dato alla fuga. Su di lui è scattato un mandato di cattura internazionale e il 38enne, di colpo, è passato dalle stelle alle stalle. Chissà, forse dal suo rifugio l’ex puledro della scuderia di Lele Mora starà osservando con ammirazione l’attenzione mediatica che si è riversata su di lui, un giovanotto capace di eludere le forze dell’ordine e al tempo stesso di entrare a pieno titolo nel novero dei latitanti. Dal suo cellulare ha risposto un altro, che ha glissato «non può parlare». Di certo è che Fabrizio Corona, un uomo che non ha mai conosciuto di persona l’accezione di “scrupolo”, è diventato uno qualunque: invece di rispondere a muso duro all’esito della giustizia, il ragazzo nato a Catania ha provvisoriamente lasciato la ribalta del palcoscenico, come un amante furtivo che vuol evitare la furia di un marito appena cornificato dalla propria moglie. 

Corona, che non è di primo pelo, ha già conosciuto il sapore e il profumo del carcere. Nell’ambito  dell’inchiesta “Vallettopoli”,  il 13 marzo 2007 è stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione. Settantasette (nella smorfia napoletana il numero indica le gambe delle donne, guarda un pò ndr) giorni suddivisi  fra la casa circondariale di Potenza  e quella milanese di San Vittore a Milano. Il 29 maggio 2007 gli sono stati  concessi gli arresti domiciliari. Prendendo le sembianze di un Silvio Pellico de noantri, ha preso spunto per scrivere un libro “La mia prigione” e lanciare una canzone “Corona non perdona”. In fondo business is business.

Nel suo curriculum il Fabrizio “tricolore” ha tracciato una parabola figlia di un vita senza freni inibitori. Il 29 febbraio 2008 è stato rinviato a giudizio, il 27 ottobre 2009 il pm di Milano Frank Di Maio ha chiesto una condanna  a sette anni e due mesi di reclusione per Corona, accusato di estorsione e tentata estorsione per presunti fotoricatti ai danni di un gruppo di vip, tra cui Lapo Elkann e Adriano. Nello stesso anno, ma il 10 dicembre, Corona ha ricevuto una condanna a tre anni e otto mesi di reclusione dalla quinta sezione penale del tribunale di Milano. I giudici hanno anche condannato il suo collaboratore Marco Bonato a 2 anni e 4 mesi di reclusione. In appello, il 2 dicembre 2010, la condanna è stata ridotta a un anno e 5 mesi per tentata estorsione ai danni dei calciatori Francesco Coco e Adriano. Nel  2011, peraltro, la Corte di Cassazione ha ribadito la condanna in appello a un anno e cinque mesi, la sentenza diventa quindi definitiva.  In questa braccio di ferro con la legge, non va dimenticato che il 12 marzo 2010 è stato  condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione in primo grado dal tribunale di Torino per aver ricattato il calciatore della Juventus David Trezeguet.

Il pm aveva richiesto una condanna di tre anni e sette mesi. Il 16 gennaio 2012 la Corte d’appello di Torino condanna Fabrizio Corona a 5 anni di reclusione per i presunti ricatti all’ex-calciatore bianconero, maggiorando così la pena inflitta in primo grado. Fatti i conti della serva, ammontano a sette anni, dieci mesi e diciassette giorni il cumulo delle pene che Fabrizio Corona ha l’obbligo di scontare in carcere. Infatti i cinque anni della Cassazione si sono aggiunti a ulteriori pene per altre condanne definitive. Per queste al paparazzo era stato concesso l’affidamento in prova, che si è praticamente polverizzato  dopo la fuga. Il resto è storia dei giorni nostri. In una società perennemente incollata sui social network, non potevano mancare gli attestati di stima che gli utenti di Facebook hanno lasciato sulla official page di Corona.  

«Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato» è l’ultimo post lasciato in bacheca - datato 20 gennaio - che ha sfondato in poche ore il muro dei 10mila “mi piace” mentre sulla home page del proprio sito (dove il fotografo è ritratto su una moto, guarda caso) campeggia da diverse ore il messaggio “cooming soon”, cioè «arrivo presto».   

Tra gli appelli che in questi giorni hanno fatto a spallate, sono comparsi quelli di Lele Mora («Consegnati alla polizia») e - sul Corriere della Sera - della famiglia («Fabrizio siamo affranti. Con la poca lucidità di cui disponiamo in un momento così drammatico, ovunque tu sia, ti chiediamo di tornare al più presto e di consegnarti alla giustizia»).

Tra fango e realtà l’ex marito di Nina Moric, protagonista anche di una focosa love story con Belen Rodriguez, ha tolto la maschera del duro. I posteri ci potranno dire se quella di Corona si rivelerà una fuga d’altri tempi o meno. Per adesso la questione di fondo è che il fotografo ha riposto nel cassetto il veleno e ha assunto, per necessità, l’abito del pulcino impaurito. In attesa che faccia «pio» non resta che raccogliere per terra i cocci di un personaggio considerato un mito e ogni qualvolta capace di colpi di scena ma che, alla fine, si è dimostrato per quello che è. Vale a dire uno normale, che fa pure rima con banale. E questo non è uno scoop. Strana la vita.


di Claudio Bellumori