I Radicali e Mattei. 50 anni dopo

venerdì 26 ottobre 2012


Nell’ottobre di 50 anni fa il piccolo bireattore “Morane Saulnier”, con a bordo il presidente dell’Eni Enrico Mattei perdeva i contatti con la torre di Linate. La sua vicenda assai controversa si concludeva così, tra i boschi pavesi vicino al centro di Bescapè.
Dopo aver ottenuto la presidenza dell’Agip, Mattei creò l’Eni e con essa riuscì a ottenere il monopolio della ricerca e dello sfruttamento del metano nella pianura padana e a intraprendere un duro braccio di ferro con le grandi società petrolifere, soprattutto angloamericane, che avevano controllato nella prima metà del secolo in forma oligopolistica il mercato degli approvvigionamenti e quello con i paesi che disponevano di giacimenti. Una politica di rottura che richiedeva spregiudicatezza e un forte condizionamento della politica italiana. Per ottenere il sostegno parlamentare Mattei intraprese una politica di alleanze trasversali che si estendeva dal Pci a importanti settori del Movimento sociale. 
Dopo la sua morte la decisione del governo di trasferire il potere reale dell’ente a Eugenio Cefis, non poteva che suscitare molti interrogativi, oltre a speranze e preoccupazioni. Cefis avrebbe certo utilizzato a proprio vantaggio gli strumenti di Mattei per influenzare la politica e l’informazione italiana, meno chiare, invece, le sue intenzioni sui rapporti con le compagnie petrolifere, la politica energetica italiana e le alleanze con la Dc e gli altri partiti. Il nuovo padrone dell’Eni avrebbe dato o no continuità alla linea di Mattei?   
L’avvicendamento avveniva in un momento delicato della vita politica italiana, che avrebbe condotto ai governi di centro sinistra. È in questa fase di snodo che si assiste allo scontro fra il piccolo Partito Radicale, che dopo la rottura con Il Mondo di Pannunzio tutti davano ormai per scomparso, e il grande apparato di potere di Cefis. Con la benedizione di  Ernesto Rossi e l’avallo intellettuale e politico di Elio Vittorini, Marco Pannella e il gruppo della Sinistra radicale si votò all’impresa per molti impossibile di raccogliere l’eredità del Partito Radicale e con esso costruire un’alternativa laica, democratica, riformatrice a una politica dominata da Dc e Pci.
Non deve meravigliare che questo scontro sia avvenuto con i protagonisti di un piccolo gruppo politico, che in modi diversi avevano avuto e avevano rapporti con l’Eni di Mattei. Al di là dei metodi, questa era stata una delle grandi imprese modernizzatrici del Paese negli anni della ricostruzione e del miracolo economico. In quel periodo gli uomini della Sinistra radicale erano stati i dirigenti dell’Unione Goliardica Italiana (UGI), una forza politica laica che nasceva da una forte diffidenza nei confronti dei partiti, la stessa che spingeva Mattei a impedire ai partiti politici, di cui già allora erano evidenti le tendenze lottizzatrici, ogni forma di occupazione delle sue aziende. 
Sergio Stanzani, tra i fondatori dell’Ugi che alla fine degli anni ‘80 diventerà segretario del Partito Radicale, inizia a lavorare al centro studi dell’Eni diretto da Luciano Foà insieme a Gino Giugni, ma anche a un giovane De Mita, già leader della corrente di “Base” della Dc, considerata una sorta di quinta colonna dell’ENI all’interno del partito di maggioranza relativa. Nel 1955 il radicale Gianluigi Melega, che sarà più volte deputato, intraprende la sua carriera di giornalista al Giorno di Gaetano Baldacci, che un anno dopo diventerà ufficialmente di proprietà dell’Eni. Ma al Giorno, nell’ufficio di Parigi e sotto la direzione Italo Pietra, approda lo stesso Marco Pannella per svolgere dal ’60 al ’62, nella fase acuta della guerra d’Algeria, il suo praticantato giornalistico. Qualche anno prima Franco Roccella, un altro fondatore dell’Ugi, diventa caporedattore dell’Agenzia Giornalistica Italia per volere del direttore Adolfo Annesi, che successivamente assumerà altri radicali: Lino Iannuzzi, Federico Bugno e Gianfranco Spadaccia. A differenza del Giorno, l’Agi non era formalmente di proprietà Eni, che tuttavia la controllava e la finanziava quasi totalmente. 
Anche il primo Partito Radicale e Il Mondo avevano avuto buoni rapporti con Mattei: sul settimanale di Pannunzio Ernesto Rossi aveva sostenuto gli interventi legislativi che assegnavano in via esclusiva all’Eni l’esplorazione e l’estrazione del metano in pianura padana. Nonostante il suo liberismo, infatti, Rossi ammetteva interventi pubblici limitati nel tempo in settori di interesse strategico, e dunque era favorevole alla politica di Mattei di impedire che il controllo del petrolio e del metano cadesse in mano a monopoli privati, come accaduto per l’energia elettrica. 
Dal 1963, con il rientro di Pannella da Parigi, il Pr si era ricostituito in una nuova sede in via XXIV Maggio, dove un piccolo gruppo di giovani dirigenti si trovò a portare avanti la sua pesante eredità. Era essenziale far arrivare ai politici e alla stampa la loro politica controcorrente: antiautoritaria, anticlericale, antimilitarista. Così, quando Pajetta propone ai Radicali di candidarsi come indipendenti di sinistra nelle liste comuniste, loro gli chiedono di aiutarli a far uscire Agenzia Radicale in abbonamento nelle amministrazione comunali di sinistra e nelle ambasciate dell’Est. Tutto quello che ottengono è un modesto finanziamento che garantirà l’uscita dell’agenzia solo per pochi mesi. Sufficienti però a mettere a segno un colpo, con la diffusione in anteprima della relazione fornitagli da Enrico Berlinguer sullo stato dell’organizzazione del partito, che segnerà la prima grande uscita sulla stampa e il primo screzio con i vertici del Pci. L’interlocuzione con i comunisti non deve stupire: nel ‘59 in una lettera a Paese Sera, Pannella aveva proposto al Pci di Togliatti l’apertura della sinistra democratica alla sinistra comunista, riaprendo così il dibattito sulla scissione del 1921. In Italia e in Francia la presenza di due grandi partiti comunisti bloccava ogni possibilità di alternativa democratica. Un dialogo che viene subito interrotto non solo da La Malfa e Saragat e da Il Mondo ma dallo stesso Togliatti, consapevole che un simile confronto politico sarebbe andato ben oltre i limiti della politica frontista che caratterizzava sempre i rapporti del Pci con le altre forze non comuniste. Ripreso nel 1963, alla vigilia delle elezioni e dopo la rottura con Il Mondo, il rapporto con il Pci si interrompe nuovamente a causa della campagna giornalistica di Agenzia Radicale sull’Eni.
Nel 1964, un anno e mezzo dopo l’arrivo di Cefis, Pannella e i radicali diventano i referenti di un nutrito gruppo di funzionari e sindacalisti che trasmettono informazioni sui  mutamenti anche politici in corso al Palazzo di vetro dell’Eur: dove a loro avviso si stava realizzando un compromesso con le “Sette sorelle” e un avvicinamento alla corrente dorotea, maggioritaria nella Dc. La linea di Mattei rischiava così di essere contraddetta, se non seppellita. Sul finire del 1963, Agenzia Radicale viene in possesso di alcuni documenti ufficiali dell’Eni, che attestavano ingenti e sistematici finanziamenti - per un valore equivalente a centinaia di milioni di euro oggi - a numerosi quotidiani e settimanali, classificati come “pubblicità redazionale”. Non stupivano quelli destinati a testate che sostenevano la politica dell’Eni, come La Voce Repubblicana, Paese Sera e lo stesso Mondo di Pannunzio, quanto invece il finanziamento - di gran lunga il più cospicuo – a Lo Specchio, settimanale di estrema destra, diretto da Nelson Page e noto per le sue campagne aggressive.
Agenzia Radicale rilancia più volte questa documentazione senza però ottenere riscontri: non un articolo di giornale, né un’interrogazione parlamentare al ministro delle Partecipazioni Statali. Un esposto viene presentato alla magistratura. Ai vertici dell’Eni però scatta l’allarme: per la prima volta filtrano dall’interno documenti ufficiali e si temono nuove falle più ampie. Così in pochi giorni l’intera contabilità amministrativa viene trasferita a San Donato milanese e vengono licenziati alcuni funzionari ritenuti responsabili.
Negli stessi mesi Cefis decide di liberarsi dell’Agi. Dalla seconda metà degli anni 50 ai primi anni 60, sebbene la proprietà formale fosse di altri (prima dell’avvocato Umberto Ortolani, poi implicato nelle vicende della P2, successivamente del figlio del ministro democristiano Spataro) Mattei aveva finanziato e controllato l’agenzia assegnandole il compito di orientare l’informazione a favore di una politica di centrosinistra. Per anni l’Agi di Adolfo Annesi ebbe come referenti prima Fanfani, poi Moro e si contraddistinse per alcune campagne: in particolare quella contro il ministro Togni, della destra DC, per presunte tangenti nella costruzione dell’aeroporto di Fiumicino. Avendo cambiato referenti politici, Cefis decise di disfarsi anche dell’agenzia, ma di fronte alla minaccia di chiusura, giornalisti e dipendenti chiamarono direttamente in causa l’Eni per aver esercitato la proprietà reale attraverso prestanome. Di questa campagna furono protagonisti alcuni radicali: Roccella, ad esempio, che pagò con il licenziamento la sua esposizione, e Spadaccia, che faceva parte del comitato di redazione. La vicenda, resa nota, dei finanziamenti impropri alla stampa costrinsero l’Eni a uscire allo scoperto e assumere ufficialmente la proprietà dell’Agi. 
«Anni dopo, in occasione di alcune audizioni nel corso delle quali anche io fui ascoltato – ricorda Spadaccia – Adolfo Annesi mi informò che Cefis lo aveva chiamato nel ‘63 per fargli leggere un faldone di centinaia di pagine di registrazioni telefoniche di Pannella, di Roccella e mie con esponenti di altre forze politiche a proposito dell’Eni, chiedendogli il licenziamento di Roccella e quello mio». Una attenzione, quella dei servizi d’informazione di Cefis, confermata anche da Pannella nel ‘98 durante l’audizione della Commissione Stragi presieduta da Giovanni Pellegrino: «Tutto un piano del palazzone dell’Eni, era occupato da strutture parallele ai Sevizi; In quegli anni Cefis affida a Tom Ponzi la somma di mezzo miliardo per trovare prova di qualcosa contro di noi».
Le denunce di Agenzia Radicale di quei mesi verranno archiviate e lo scontro con i radicali si concluderà con alti costi economici per mettere a tacere l’informazione. Nonostante l’apparente nulla di fatto, per i radicali il bilancio di quella vicenda fu positivo. Per Pannella e i suoi compagni si trattò infatti di un primo scontro sul campo con uno dei più importanti centri di potere del regime, che consentì di verificare con la lotta politica, convinzioni rimaste fino ad allora confinate nella fredda analisi teorica della continuità fra il potere fascista e quello gestito dalla Dc. I radicali impararono che perseguendo con pochi mezzi una politica alternativa potevano far male ai detentori del potere. Lo scontro con l’Eni fu dunque un importante banco di prova per le grandi battaglie per i diritti civili che i radicali condussero e vinsero negli anni successivi.

di Simone Sapienza