Arriva a Roma il Med Film Festival

domenica 21 ottobre 2012


I transessuali in Pakistan difficilmente si riuniscono annualmente per un bel gay pride. Con i talebani che girano la cosa non è consigliabile. Quest’anno il “Med Film festival” apre proprio con una pellicola che si occupa di queste tematiche intitolata Noor, dal nome del protagonista di una sorta di road movie. Noor infatti vuole essere un uomo. Non fa più parte della “Khusras”, la comunità transgender pakistana che lascia definitivamente, quando sceglie di fare un lavoro da uomo, e si ritrova in un’officina di decorazioni di camion. Ma Noor coltiva un sogno: avere barba e baffi e trovare una donna che lo ami, così com’è. Il saggio Baba lo incoraggia: «Bisogna essere coraggiosi nella ricerca dell’amore» e gli racconta la leggenda di un luogo lontano, un lago sacro, un tempo frequentato dalle fate, dove le preghiere vengono esaudite.

«Io non desidero nient’altro che il tempo passato insieme alla mia donna e quello che ci resta ancora da vivere insieme». Ed è proprio il ricordo di quest’affermazione del vecchio saggio Baba a mettere in marcia, alla ricerca dell’amore, l’omonimo protagonista del film. Lungo la magica e magnifica strada del Karakoram, alla ricerca del lago magico, il viaggio diviene esplorazione spirituale, parabola e favola di un uomo in lotta per la sua identità. La pellicola promana dal duo di documentaristi-viaggiatori, la turca Çagla Zencirci e il lionese Guillaume Giovanetti, e la sua cifra onirica è un po’ idealmente quella del Med Film Fest del 2012. Infatti siamo davanti a un film sulla vita di un uomo in lotta per la propria identità in un viaggio esistenziale on the road. Le immagini, fotografate da Jacques Ballard, corrono lungo la strada del Karakoram, attraverso le montagne, fino a raggiungere le terre del Gilgit, la valle di Hunza e il lago Shadur, per raccontare una storia vera, commuovente, una parabola sull’amore e la libertà.

E con questo film presentato in Italia in anteprima venerdì 19 ottobre a all’Auditorium di via della Conciliazione il Med Film Festival è diventato idealmente maggiorenne. Ai blocchi di partenza di questa kermesse cinematografica, che è la più antica della Capitale e che rinnova l’appuntamento di Roma con i protagonisti del cinema del Mediterraneo, c’è infatti il viaggio come dimensione di vita. Dai Balcani, lungo i confini del Sahara, fino alle porte d’Oriente verrà proposto al pubblico del MedFilm un mega trip dai contenuti intensi, per provare a declinare insieme il tema del cambiamento, un’occasione preziosa per scoprire e far emergere punti di contatto e linguaggi condivisi. Quest’anno si sono anticipate le date ad ottobre, dal 19 al 28 ottobre, a causa della concomitanza del Festival del cinema di Roma che invece è stato posticipato dal 31 ottobre al 7 novembre. Confermati i luoghi dell’anno passato, l’Auditorium della Conciliazione e la Casa del Cinema. Offrendo continuità ad un progetto di alto profilo culturale e istituzionale che accoglie, da 18 anni, nei luoghi più prestigiosi della Capitale, le cinematografie e le delegazioni artistiche e istituzionali provenienti da 40 paesi, Medfilm sostiene e promuove il ruolo dell’Italia quale ponte ideale per favorire la reciproca conoscenza e l’integrazione tra i popoli che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo. A simboleggiare e promuovere il dialogo artistico e culturale tra i paesi dell’area euro-mediterranea, il festival proporrà un ricco programma: un cartellone di 86 film, documentari e cortometraggi come sempre variopinto, eterogeneo e stimolante, il consueto mappamondo di pellicole, rigorosamente in lingua originale sottotitolate, e rigorosamente di qualità. I film inoltre saranno accompagnati da ospiti internazionali di assoluto rilievo.

Quest’anno la sponda nord del Mediterraneo è rappresentata dalla Slovenia, paese cinematograficamente tra i più vitali in Europa, mentre la sponda sud è raccontata da Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Turchia e Libano, i paesi con cui il MedFilm ha stretto le alleanze più forti nel corso di 18 anni di lavoro, e da cui avremo testimonianze dirette della primavera araba a due anni di distanza dal suo inizio. Il “mood” dei registi nord africani è quello della disillusione e della paura per l’ondata islamista. Gli autori della sponda sud, abbandonano infatti la precedente “eccitazione” e gli entusiasmi della rivoluzione, inquadrando invece le spaccature e le tante ombre della società araba. Il cinema, con una critica feroce ma onesta (perché indirizzata agli stessi protagonisti della rivoluzione), approfondisce le contraddizioni e sottolinea gli smarrimenti che venivano dai laboratori di democrazia che fervevano nel Nordafrica. E si sottolineano le frustrazioni che hanno preso il posto delle primigenie speranze. Un discorso a parte viene fatto sul dramma della Siria. I film selezionati sono la preziosa testimonianza della ventata di libertà di un movimento che, non interrotto e lontano dal concludersi, “invoca e cerca un cambiamento militante e vigile, che possa preservare le caratteristiche di unicità e dunque di diversità proprie di ognuno dei paesi dell’area Nordafricana”.

Troppo spesso da noi europei erroneamente omologati in definizioni generiche e indistinte. Chi segue il festival ha imparato a conoscere ed approfondire le differenze che caratterizzano il cinema nordafricano, in grande crescita, testimonianza del rilancio sulla scena culturale internazionale di un’area del mondo che ha moltissimo da offrire alla stanca Europa che continua a ignorare colpevolmente il tentativo, magari goffo ma spontaneo, di cambiamento dei vicini dell’altra sponda.


di Giorgio de Neri