Demiurghi per l'Europa

domenica 8 luglio 2012


La scorsa settimana, l’Istituto internazionale di studi “Giuseppe Garibaldi” ha presentato, nella sede della Lega italiana dei diritti dell’uomo in piazza dell’Ara Coeli a Roma, il libro Cavour, Camillo Benso, uscito pei tipi di Alberto Gaffi Editore. In esso si ripubblicano due biografie dello statista liberale: quella scritta quand’Egli fu in vita da Ruggero Bonghi, con la nota aggiunta dallo stesso dopo la morte del Conte, ed altra dedicatagli da Romolo Murri, il sacerdote sospeso a divinis per la sua milizia democratica, dagli approdi radicali, non in armonia con la Chiesa Romana del non expedit, all’inizio del millenovecento.

A presentarne questa edizione: Franco Tamassia, il direttore dell’istituto presentatore; Alfredo Arpaia, presidente della Lega italiana dei diritti dell’uomo ospitante; Valerio Zanone, presidente d’onore della stessa ma soprattutto vice presidente del comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario dalla nascita del presidente del Consiglio subalpino e primo capo d’un governo dell’Italia risorta; ed Arturo Diaconale, direttore de L’Opinione, cioè della testata giornalistica fondata dal Durando ed organo allora del Partito Liberale cavouriano. Ne scrivo non per raccontare della presentazione, la qual cosa non spetterebbe al sottoscritto in quanto curatore della pubblicazione, che mette a confronto non solo sull’opera del Conte ma sul liberalismo e la democrazia, due punti di vista di uomini appartenenti a posizioni ed epoche diverse, ma in quanto Arturo Diaconale, da degno erede giornalistico d’un Durando, si chiese in quella sede, poco prima d’un Consiglio Europeo cruciale per la sorte dell’Europa dell’Euro e dell’Italia, quale senso avesse pubblicare tali cose in quel momento. 

Arturo Diaconale ne colse occasione per una riflessione sul rapporto, nel Cavour, fra liberalismo, idea nazionale e l’aggancio dell’Italia all’evolvere dell’Europa del tempo, per concludere che, oggi, sarebbe la carenza d’animo liberale e nazionale ad impedire al personale politico europeo in genere, ed italiano in particolare, di percepire quanto la crisi in atto non possa essere risolta con freddi tecnicismi, ma richiederebbe un nuovo liberalismo, interprete d’una idea di Nazione non nazionalistica, che implichi un’idea di Stati Uniti d’Europa che sappia sottomettere le burocrazie comunitarie e bancarie ad una conduzione politica, in grado di porsi come Sovrana rispetto mercati e poteri forti. 

Valerio Zanone, da parte sua, gratificò me ed altri presenti di due libri sul Cavour della Fondazione Filippo Burzio di Torino, l’uno di carattere più generale, l’altro consistente nella pubblicazione, a cura di Vittorio Marchis, d’un manoscritto inedito del Conte, allora ufficiale  del Genio, dedicato al “tiro di rimbalzo”, cioè ad un sistema di tiro che consisté nel far rimbalzare sul terreno, una o più volte, le palle dei cannoni dell’epoca, allo scopo d’aumentarne la gittata. 

Riflettei, tra me, che se la Fondazione Filippo Burzio ha sede presso la Scuola d’Applicazione d’Arma di Torino, in quanto la personalità di cui intende conservare l’eredità intellettuale insegnò balistica all’Accademia Militare, lo stesso Burzio fu anche pensatore liberale di notevole spessore e dedicò studî non solo a Camillo Benso di Cavour ma anche a Giovanni Giolitti, oltre che ad altri, perché legò la sua idea dell’uomo di Stato a quella del Demiurgo. 

Come si sa, nella tradizione antica, “pagana”, questi non è un creatore dal nulla, ma un artefice che forgia i mondi adoprando una materia preesistente e caotica. Cosa che l’uomo di Stato deve fare con la realtà sociale, ch’è caotica se non ordinata, dando una forma ad un disegno ideale. Concezione profondamente liberale, in quanto usa le forze sociali, non fa loro violenza. 

Come disse Giovanni Giolitti, se uno ha la gobba il sarto deve tenerne conto ma, aggiungo interpretando Filippo Burzio, non di meno non rinuncia a dare all’abito una foggia non solo utile in rapporto all’uso, una tuta da lavoro è diversa per fine dall’abito pel matrimonio, ma anche decorosa, il che vale tanto per l’una che per l’altro, in quanto all’essere umano occorre sempre dare decoro: per il liberale coll’espansione della sua libertà in società. 

Anche i risultati del Consiglio Europeo dello scorso fine settimana, invece, dimostrano quanto al personale politico al momento manchi, non solo in Italia, questa capacità demiurgica. 

Sotto un profilo liberale, per esempio, è innegabile che i processi di globalizzazione abbiano ampliato spazî di libertà col promuovere la libera circolazione non solo di fattori produttivi ma d’informazioni e culture. 

Tempo addietro, per fare un esempio, un sacerdote cristiano ortodosso italiano mi espose la sua scelta di fede affermando che, oggi, chi nasca in ambiente cattolico romano, protestante od ortodosso, mussulmano o buddista, ha informazioni e possibili contatti sufficienti per fare una scelta a prescindere dalla credenza di quell’ambiente, e lui si sente più cristiano così. 

Però, tra i fattori economici, quello che circola più agevolmente è il capitale finanziario, data l’espansione della virtuale moneta elettronica, trasferibile via internet in “tempo reale”; ed in un mondo in cui, per lo stesso motivo, ciascuno può giocare in borsa da casa, e non occorre più farlo attraverso il borsino dell’agenzia della propria banca, ciò rende sovrana la speculazione, che ha a disposizione le emozioni scomposte d’un immenso parco buoi di sprovveduti. 

Per questo l’economia finanziaria, un tempo serva dell’economia reale, di produzione di beni e servizî, garantendo gli anticipi necessarî ai produttori, ora lucra giocando sui fallimenti dei produttori e d’interi Stati, il che vuol dire mandare le famiglie sul lastrico. 

Tutti ne siamo vittime attuali o potenziali. 

Questo restringe gli spazî di libertà, che restano un lusso per pochi, pei sempre meno. Và indubbiamente bene, allora, attribuire alla Banca Centrale Europea la sorveglianza sugli istituti di credito operanti negli Stati membri, precisare il calendario per rafforzare l’unione economica e monetaria, dare possibilità ai fondi salva Stati di ricapitalizzare le banche spagnole o d’altri Stati membri, purché beninteso queste tornino a finanziare i produttori e non speculino sul loro fallimento. 

Quanto alla possibilità del fondo salva Stati di acquistare titoli di debito pubblico di Stati membri, ciò serve a dare ossigeno nella crisi attuale, o ad indebitare ancor più gli Stati col sistema bancario? 

Si consideri come la Banca Centrale Europea sia partecipata dalle Banche Centrali nazionali; che queste sono, a loro volta, partecipate non dagli Stati ma dalle banche, parte di quello stesso sistema finanziario che specula. 

E quel debito pubblico non è già alimentato dalle emissioni di titoli di Stato per pagare il signoraggio, cioè la stampa di carta moneta non più «cambiabile a vista al portatore», in oro od in altro bene reale, ma solo protetta da un copyright? 

È come se lo stampatore volesse essere pagato dall’editore non pei costi di stampa, più il suo ricarico, ma pel prezzo di copertina, come se questo dipendesse dai bei caratteri e non da quanto la gente è disposta a pagare il libro, oltre che per essi, pel credito dell’autore, l’interesse dell’argomento, l’affermazione della casa editrice e la sua attività di promozione. 

Non solo i generali studiano la guerra precedente ma anche gli economisti le ricette per le crisi antiche. 

Soprattutto, però, pare che nel personale politico siano assenti i Demiurghi e tutti cerchino di farsi meno male possibile nel caos della crisi, ma nessuno sia in grado di usare le forze sociali per un disegno, riformatore o rivoluzionario che sia. Ad esempio per abolire un signoraggio anacronistico e sgravare, così, il debito di bilancio non con nuovi tributi ma limitando, in modo consistente, l’indebitamento con le banche; sgravando dell’eccesso di pressione tributaria il ceto medio in via di proletarizzazione ed avendone, poi, il consenso sociale per ricondurre la Banca Centrale Europea sotto il controllo di una Sovranità politica comune, cioè d’una Commissione di governo dell’Unione controllata da un parlamento non di nani e ballerine, ma espressione di una  forza del popolo: cioè, etimologicamente, di una demo-crazia. 

Occorrerebbe, però, un Demiurgo.


di Riccardo Scarpa