Il carrettiere che sfidò Pio IX

domenica 1 luglio 2012


Eroe del popolo romano, difensore degli ebrei, patriota carismatico. Tutto questo, e molto altro ancora, fu Angelo Brunetti, detto “Ciceruacchio” (“grassottello”) fin dall’infanzia, tra i personaggi principali della seconda Repubblica romana, protagonista di tormentate vicende nel periodo risorgimentale. La sua storia è racchiusa in Ciceruacchio – Angelo Brunetti, capopopolo di Roma (2011, Mursia editore), dell’autore Claudio Modena, noto studioso ed esperto di storia del Risorgimento, già membro della commissione italiana dell’Unesco, collaboratore del ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il ministero dell’Ambiente ed autore di numerosi volumi tra cui Giuseppe e Anita Garibaldi. Una storia d’amore e di battaglie (2007). Il quale, a colloquio con L’Opinione, presenta la sua ultima opera, che può vantare una prefazione firmata da Giulio Andreotti.

Come nasce questo volume? Perché un libro su “Ciceruacchio”?     

Fin da bambino, ogni volta che attraversavo la piazza del comune di Porto Tolle, che porta il nome di Ciceruacchio, mi ponevo sempre la domanda: «Chi era questo Ciceruacchio, che non aveva nulla di veneto?». Nel 1982 pubblicai un libretto al riguardo con la prefazione di Ruggero Orlando. Con il passare degli anni ho rovistato tutti gli archivi più importanti del territorio nazionale: questo libro, visto anche l’ampio apparato bibliografico, è considerato il volume più esauriente per conoscere il popolano romano. Spero che Roma riesca a riscoprire un personaggio che pochi conoscono, quasi dimenticato.

Carrettiere che sfidò il papa, capopopolo di Roma, difensore degli ebrei: chi fu Angelo Brunetti, e perché è così importante la sua vicenda nella storia d’Italia e, in particolare, della Repubblica Romana?

Figlio di un maniscalco, irrequieto, molto robusto, spesso si trovava coinvolto in risse per difendere i più deboli, Ciceruacchio, Angelo Brunetti, nasce a Roma nel 1800. Sale sulla ribalta pubblica con l’elezione al soglio pontificio di Pio IX, del quale sarà il primo estimatore e difensore. Quando il Papa concederà la libertà agli Ebrei, egli quasi lo spingerà ad abbattere le inferriate dei portoni del Ghetto per farli uscire dopo secoli di segregazione. Ciceruacchio ha un ruolo fondamentale nella difesa dei commercianti Ebrei che, una volta ottenuta la libertà di commerciare fuori dal Ghetto, si scontrano con la concorrenza: interviene per portare la pace ed organizza, a sue spese, un banchetto al Ghetto, offrendo da mangiare e bere a migliaia di persone. Durante la Repubblica Romana, invece, il suo ruolo è quello di recuperare le vettovaglie per l’esercito: d’altro canto, lui non era un guerriero, ma un uomo quasi analfabeta che ricercava solo la pace.

La trasformazione di Ciceruacchio, da papalino riformista a fervente mazziniano, da devoto a Pio IX a “mangiapreti”: quando avvenne questa conversione, e come, a Suo avviso, si può spiegare?

Inizialmente Ciceruacchio aveva molta simpatia per le idee di Gioberti ma, quando si rese conto che le sue idee erano solo teoriche, si avvicinò a Mazzini. Con l’arrivo a Roma di Garibaldi si convinse di essere l’uomo giusto per scacciare i francesi da Roma, anche perché Garibaldi era meno formale di Mazzini, ed il suo carisma assomigliava molto a quello del popolano. L’entusiasmo verso Pio IX iniziò a scemare con la fuga del papa a Gaeta dopo che il figlio di Ciceruacchio, Luigi, con un coltello tagliò la gola al primo ministro – tecnico - di Pio IX.

Un ruolo importante, nella vicenda, assume ovviamente Giovanni Maria Mastai Ferretti, ovvero papa Pio IX. Lei scrive che «Non era certo il Papa che il movimento liberale aveva sognato per tanti anni, ma non era neppure il Papa che il folto gruppo reazionario aveva sperato di avere». Come fu il rapporto tra il Papa e Angelo Brunetti?
Ciceruacchio fu il primo a gridare «Viva Pio IX» e l’ultimo a condannarlo. Dopo un mese dalla sua elezione egli concesse l’amnistia per i condannati politici. Da allora iniziarono le feste del «Papa liberale». Ciceruacchio arringò la folla chiedendo al popolo di aver fiducia in Pio IX, che avebbe riportato Roma ai suoi antichi splendori. Egli si illuse che il papa avrebbe capeggiato la crociata per scacciare gli austriaci dall’Italia. Quando fu evidente che Pio IX non aveva alcuna intenzione di entrare in guerra egli soffrì moltissimo, ma non lo condannò, lo giustificò accusando i cardinali della curia romana. Durante le giornate della Repubblica romana si recò nelle chiese per sequestrare i confessionali per innalzare le barricate ed ebbe un comportamento molto risentito nei confronti del clero: un risentimento di un amante tradito.

di Cristiano Bosco